Green Pass per viaggiare: quali sono i dubbi

Il Green Pass per spostarsi tra regioni italiane è ormai realtà, e questi sono i dubbi degli esperti

Col nuovo Decreto Legge entrato in vigore dal 26 aprile, l’Italia si è avviata verso una nuova stagione di rinascita. Non solo per quanto riguarda le riaperture, ma anche per quanto concerne gli spostamenti tra regioni. È ora possibile, infatti, muoversi di nuovo liberamente tra i territori che sono di colore giallo, mentre per quelli in rosso e arancione è concesso spostarsi per motivi di turismo solo con il Green Pass (o Certificato Verde).

Non molto tempo fa vi abbiamo spiegato in maniera dettagliata il funzionamento del Certificato Verde per muoversi tra regioni d’Italia, facendo anche una maggiore chiarezza al riguardo grazie alle domande e risposte del Governo proprio su tale argomento.

Oggi, invece, vogliamo parlarvi di un’altra questione spinosa: i diversi dubbi che ci sono in riferimento a questo nuovo sistema che l’Italia ha, di fatto, già implementato.

Come funziona il Certificato Verde per spostarsi

Innanzitutto, è necessario ricordare che per ottenere il Green Pass bisogna o aver completato il ciclo vaccinale contro il Covid-19 o essere guariti dall’infezione data dal virus oppure essere risultati negativi a un test molecolare o antigenico rapido. Nel primo e nel secondo caso il pass ha una validità di 6 mesi, mentre nella terza situazione è valido per sole 48 ore dal momento stesso del test. Qualora in questo arco di tempo si contraesse il virus, la validità del pass verrebbe ovviamente meno.

Infine, è bene sapere che il Certificato Verde è rilasciato, su richiesta dell’interessato, dalle autorità sanitarie/farmacie che hanno effettuato la vaccinazione o il tampone, dalla struttura clinica o dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta da cui si è stati in cura e che ne attesta la guarigione.

I dubbi sul pass con tampone

Come detto in precedenza, però, molti esperti non sono del tutto favorevoli a questo sistema di spostamento nel territorio italiano ad alto rischio. E, in particolare, non lo sono a proposito del pass a seguito di un tampone. Il motivo è piuttosto semplice: il test antigenico rapido e quello molecolare riportano i risultati relativi alla condizione della persona nell’esatto momento in cui il materiale biologico viene prelevato. È chiaro, però, che non è possibile sapere cosa accadrà nelle 48 ore successive al tampone. Infatti, la persona potrebbe essere già entrata in contatto col virus nel momento del test, ma non risultare positiva per via di una bassa carica virale o potrebbe essere contagiata nelle ore successive al tampone stesso.

I dubbi sul Certificato Verde e i vaccini

Altrettante perplessità nascono anche per chi ha completato il ciclo vaccinale. Come sappiamo, infatti, essere stati vaccinati non è una garanzia di sicurezza assoluta poiché i vaccini non proteggono al 100% dalle forme sintomatiche e c’è la possibilità che un vaccinato asintomatico contribuisca (involontariamente e inconsapevolmente) a far viaggiare il virus. Per questi motivi, pur riconoscendo la necessità di trovare sistemi che consentano una maggiore libertà di movimento e di ripresa delle attività economiche, gli esperti mettono in guardia su un possibile aumento dei contagi.

La protezione dei dati personali

Altri dubbi nascono relativamente alla protezione dei dati personali. Il Garante della privacy si è espresso contro il Green Pass: a quanto pare, implicherebbe la violazione sei articoli del GDPR General Data Protection Regulation), il regolamento europeo deputato alla protezione dei dati personali.

Tra le questioni poco chiare c’è la proporzionalità dei dati trattati. In fondo, senza avere informazioni specifiche sul tipo di trattamento effettuato, sarebbe sufficiente sapere in quale delle tre condizioni definite rientri una persona, senza fare perciò riferimento a quale nello specifico.

Inoltre, è importante circoscrivere i soggetti che avranno accesso ai dati. Questo vuol dire che diventa necessario capire cosa succede nel momento dell’utilizzo dei dati stessi, ma anche come funzionerà la fase di controllo dello strumento. Senza dimenticare, chiaramente, che la struttura burocratica di gestione dei dati tra i diversi sistemi regionali rende tutto ancor più macchinoso. In poche parole, diventa fondamentale che le infrastrutture sanitarie delle regioni comunichino chiaramente tra loro, ma anche che ci sia una condivisione dei dati efficiente.

Alcune perplessità nascono anche per quanto riguarda i tempi di conservazione dei dati che, teoricamente, dovrebbero essere fissati per la fine dell’emergenza. Oppure, nel caso di un tampone antigenico o molecolare negativo, essere cancellati allo scadere delle 48 ore.

La sicurezza del Certificato Verde

Un altro elemento da non sottovalutare è la sicurezza del sistema. In poche parole, la struttura informatica del sistema deve essere situata in Italia, al fine di evitare il rischio di trasferimento dei dati all’estero. Su tale argomento – e per il momento- sul Decreto Legge si legge solo che sono state stabilite le misure per assicurare la protezione dei dati personali contenuti nelle certificazioni e la struttura dell’identificativo univoco delle certificazioni verdi Covid-19 e del codice a barre interoperabile che consentirà di verificare l’autenticità, la validità e l’integrità delle stesse informazioni.

Il Green Pass è discriminatorio?

Molti, inoltre, hanno fatto notare come il Green Pass possa diventare uno strumento discriminatorio. Del resto, rimane molto complicato non sentirsi “esclusi” da questo tipo di sistema. Questo, infatti, inevitabilmente dividerà i cittadini in chi si potrà spostare quasi liberamente e senza troppi adempimenti e chi no non lo potrà fare in completa libertà. I giovani in salute, per esempio, che non si sono ammalati e per i quali non è ancora arrivato il turno della vaccinazione, potrebbero essere costretti a eseguire test ogni due giorni per potersi spostare all’interno del loro stesso Paese. Senza dimenticare il problema legato ai costi dei tamponi. Prezzi che si differenziano da regione in regione, struttura e struttura, raggiungendo cifre che vanno persino oltre i 100 euro. E, nella maggior parte dei casi, i più giovani non hanno di certo sempre a disposizioni cifre così elevate per potersi muovere.

Massima importanza e attenzione – ma questo in realtà non è un dubbio da risolvere -, va data alla possibile contraffazione del certificato. Per falsificazione c’è il rischio, infatti, di finire in carcere: il comma 2 dell’articolo 13 prevede che per tutti i reati di falso che hanno a oggetto la certificazione verde Covid-19, le pene previste dagli articoli 476, 477, 479, 480, 481, 482, 489 del codice penale, anche se relativi ai documento.

Insomma, i nodi da sciogliere e i dubbi riguardo al Certificato Verde per spostarsi tra regioni italiane sono ancora tanti. Anche perché, al momento, non è indicato nel Decreto Legge qualcosa che possa far davvero chiarezza su tale tema. Si spera, quindi, che molte dinamiche – visto che il Certificato Verde italiano confluirà poi con il Digital Green Certificate europeo – possano essere risolte con un prossimo Decreto.