Trieste dai mille volti

Sembra essere la città d'Europa per eccellenza, il cuore dell'Unione europea, oggi aperta ai Paesi dell'Est

Affacciata sulle acque cristalline dell’alto Adriatico, sferzata da refoli di bora, abbracciata da rocce bianche e pinete, con il Carso alle spalle che dai suoi 458 metri di altezza si getta bruscamente in mare, e un centro storico che raccoglie epoche, culture e religioni diverse, Trieste sembra essere la città d’Europa per eccellenza, il cuore dell’Unione europea, oggi aperta ai Paesi dell’Est. Una città dove si respira una frizzante miscellanea di atmosfere mediterranee, mitteleuropee e orientali.

A chi giunge qui per la prima volta, la città si mostra infatti con tutta quella sua “scontrosa grazia“, di cui scrisse Umberto Saba, figlia di una terra aspra e meravigliosa com’è quella carsica, ma anche di un passato fatto di quel “gran mismas dela gente per le strade“, che animava la vita del principale porto dell’Impero austroungarico e che bene si addice al Capoluogo di un “piccolo compendio dell’universo“, come ebbe a dire il Nievo, qual è il Friuli.

La vocazione per il molteplice e la pluralità di Trieste si conserva, d’altra parte, e si riflette tanto nelle lingue e nei dialetti che qui si intrecciano, quanto nei culti (chiese e cattedrali cattoliche vivono infatti accanto al Tempio Serbo-ortodosso della Santissima Trinità e di San Spiridione e alla Sinagoga di via San Francesco) e nelle architetture che qui danno luogo a un’armoniosa unione di stili che accosta palazzi liberty e neoclassici a edifici barocchi, medievali, fino alle antiche rovine del Teatro Romano e dell’arco di Riccardo, entrambe del I sec. a.C.

Identica commistione si ritrova a tavola. La cucina triestina unisce infatti il gusto mediterraneo per i piatti di mare (i sardoni sono fra i più diffusi, fritti, impanati o in savor, come pure il pesce in boreto, cioè in brodetto), a ricette della mitteleuropa, come il gulasch e la jota, una minestra di fagioli, patate e crauti. Mentre nella pasticcerie putizza e presnitz, giunti qui dalla vicina Slovenia, fanno bella mostra di sé in vetrina accanto a krapfen, strudel e torte sacher, di origine viennese. La medesima delle osmizze: case private Carsiche, aperte per brevi periodi, dove si possono gustare, direttamente dai produttori, salumi, oli d’oliva, formaggi e i vini della tradizione: il Terrano e la Vitovska.

E se Hernest Hemingway accostò le spiagge di Lignano a quelle della California, James Joyce si trovò perfettamente a proprio agio nel caos plurilinguistico e nelle atmosfere mitteleuropeee triestine. Comprese quelle degli storici caffè come quello degli Specchi, il Caffè San Marco o il Caffè Tommaseo, dove ancora sembrano riecheggiare le chiacchiere intellettuali di un tempo, da Stendhal a Svevo, Joyce per l’appunto, e Rilke, e dove è possibile non solo assaggiare diverse miscele, ma anche scoprire che qui il caffè ha nomi e rituali tutti locali: il nero, cioè il caffè classico, è liscio, senza aggiunte anche se si tollera un goccio di latte, caldo o freddo. La variante gocciato o goccia è quello con una goccia di schiuma di latte e in questo caso lo zucchero andrebbe fatto scivolare nel caffè senza intaccare la macchia spumosa bianca del latte. Il cappuccino che qui si chiama capo non è altro che un gocciato con un po’ più di latte e lo si può bere in tazza o bicchiere, anche preriscaldato (capo in b), lungo o ristretto con poca o molta schiuma. Per ordinare un cappuccino classico bisogna chiedere invece un caffellatte in tazza grande.

Ma Trieste è anche natura e mare, che qui è sempre presente, sempre dietro l’angolo, in un piccolo scorcio in fondo a un vecchio vicolo o come scenografia a cielo aperto di piazze e corsi. Il mare, dunque, da vivere in relax lungo i 15 chilometri di costa di rocce bianche che, in un susseguirsi di spiaggette e insenature fra il turchese-blu dell’acqua e il verde intenso della di folta vegetazione mediterranea, dalla Pineta di Barcola, passando per il Castello di Miramare e l’omonima Riserva naturale Marina (la prima in Italia e oggi una delle 130 gestite dal WWF), uniscono la città al Castello di Duino (storica dimora dei Principi della Torre e Tasso, aperto al pubblico). Lungo il percorso hotel storici rinnovati, nuovi alberghi, locali e ristoranti, le 10 terrazze circolari in cemento, chiamate topolini per la loro forma tondeggiante che ricorda le orecchie di Mickey Mouse, degli stabilimenti balneari comunali, rigorosamente gratuiti, e i circa due chilometri di scoglio libero, con docce e passerelle per tuffarsi in acqua.

Poi snorkeling, vela (vale la pena ricordare proprio qui si svolge, in ottobre, la più grande regata velica del Mediterraneo, la Barcolana), e percorsi subacquei guidati (anche notturni) che è possibile prenotare all’interno dei 121 ettari, fra costa e fondali, della Riserva Marina, possibili anche per chi è senza brevetto grazie a una cupola di immersione presente all’interno del Centro Visite. Da non perdere la tranquilla Canovella degli Zoppoli, una spiaggetta raggiungibile dalla strada in dieci minuti, camminando fra ulivi, fichi e vigne, che prende il nome dalle tipiche barche a remi scavate nel tronco di un solo albero, tradizionalmente usate dai pescatori sloveni di Aurisina per gettare le reti in mare e normalmente alate (tirate in secca) proprio qui.

Nelle belle serate, un sentiero di due chilometri, intitolato al poeta praghese Rilke (Elegie Duinesi), collega la suggestiva Baia di Sistiana col porticciolo turistico e la spiaggia, a Duino. Ma si può anche optare per una passeggiata fino al Colle di San Giusto, dove troneggia l’omonimo castello, fulcro dell’itinerario della Trieste Medievale, dal quale si domina la città e la sua intricata mappa di strade e quartieri. O la Napolenica, una passeggiata di circa 5 chilometri, facile e leggermente in discesa, che dalla piazza dell’obelisco di Opicina giunge a Prosecco, sopra Miramare offrendo alla vista lo spettacolare panorama del Golfo di Trieste. O anche un giro per antiquari del Ghetto o di Cavana, o una visita ai musei (fra i tanti anche un, immancabile qui, Museo del mare, il Museo Rivoltella – Galleria d’Arte Contemporanea, un Museo d’Arte orientale).

E lontano dalle falesie, nell’entroterra, c’è infine l’aspro Caso, sospeso tra Italia e Slovenia, col piccolo borgo di Monrupino dal quale si può ammirare il mare a perdita d’occhio; l’acquedotto romano di Bagnoli che interrompe il duro paesaggio coi suoi armoniosi archi; la Grotta Gigante di Sgonico, la grotta turistica più grande al mondo; e la Casa Carsica (tipica casa rustica di queste zone, non databile con certezza ma che di sicuro ha più di duecento, forse trecento anni) dove d’estate vengono organizzati eventi culturali, mostre e manifestazioni letterarie e concertistiche. Qui ci si può concedere anche ai trekking, alle passeggiate a cavallo, alle arrampicate, ai percorsi in mountainbike (noleggiabili), rifocillandosi nelle locande che offrono i piatti tipici della cucina slovena accompagnati dal corposo e lievemente salino Teràn.