L’anima più oscura di Roma, l’altra faccia della medaglia della città delle 1000 chiese, si annida tra obelischi egizi, chiese barocche e rovine imperiali: le leggende sulle anime inquiete che si aggirano nella Città Eterna, dove le vicende umane si dipanano da secoli, sono tante e si allargano a macchia d’olio in tutto il centro urbano, ma anche oltre.
Roma è una città stratificata: fra attività umane, catastrofi naturali e naturale livellamento del suolo, sono tanti i livelli che compongono una sorta di città sotterranea e fanno del sottosuolo romano una sorta di “torta”. Fra questi non può mancare il livello esoterico, immateriale, legato ai tanti fatti storici e sanguinosi che hanno composto la straordinaria storia di questa città.
Fin dall’XI secolo, quando si dice che Papa Pasquale II fece erigere la Basilica di Santa Maria del Popolo per scacciare lo spirito dell’inquieto Imperatore Nerone, che lì continuava a vagare dopo il suicidio nel 68 d.C. e la sepoltura ai piedi del colle Pincio.
Ma le leggende “nere” attraversano tutto l’arco della notevole storia romana, dagli albori fino alla modernità.
Indice
Giordano Bruno e lo spirito di Campo de Fiori
Tutti conoscono la storia di Giordano Bruno: il filosofo, scrittore e predicatore nolano venne giudicato eretico dalla Chiesa per le sue idee, che rifiutò di abiurare e venne infine arso vivo in Piazza Campo De Fiori, il 17 febbraio del 1600. Le sue ceneri vennero poi sparse nel fiume Tevere.
Ancora oggi c’è chi dice che lo spirito di Giordano Bruno continui a vegliare sul luogo del suo martirio e nelle notti silenziose – incappucciato e muto – si aggiri tra i passanti e i turisti di Campo de’ Fiori, fissando con occhi di fuoco la statua di bronzo che lo ritrae.

Il fantasma di Beatrice Cenci a Palazzo De Vecchis
Tra le storie più inquietanti della Roma seicentesca c’è quella di Beatrice Cenci, la giovane nobildonna giustiziata a soli ventidue anni nel 1599 per l’omicidio del padre, un uomo violento e crudele. Si racconta che il suo spirito non abbia mai trovato pace e che ogni anno, nell’ anniversario della sua decapitazione, appaia con il capo reciso tra le mani sulle scale di Palazzo De Vecchis, nei pressi di Piazza Cenci. L’edificio, legato alla tragedia della famiglia, è ancora oggi circondato da un’aura cupa e misteriosa: c’è chi vi passa davanti e giura di percepire un freddo improvviso, come se il dolore di Beatrice continuasse a vagare tra le mura, chiedendo giustizia eterna.
Ponte Sisto e la Pimpaccia
Anche Ponte Sisto, secondo le leggende, non è un luogo adatto dove passeggiare tranquilli di notte: è proprio qui che secondo la leggenda, si può ancora vedere Donna Olimpia Maidalchini Pamphilj, la cognata di papa Innocenzo X, fuggire a cavallo su una carrozza nera trainata da cavalli infernali. In particolare ogni notte di Capodanno, la “Pimpaccia di Piazza Navona” si precipita verso il Vaticano per rivendicare i suoi tesori maledetti.
Il fantasma di Mastro Titta
A Roma la storia e la leggenda si incontrano con l’arte e il teatro: uno dei più celebri fantasmi capitolini è quello di Mastro Titta, il “boia di Roma”, all’anagrafe Giovanni Battista Bugatti, diventato immortale grazie alla commedia musicale di Garinei e Giovannini, Rugantino, del 1962 (ma la sua storia era stata cantata già da Giuseppe Gioachino Belli e raccontata poi in diversi film). Mastro Titta è stato un boia eccezionalmente prolifico: nel suo taccuino sono state annotate 516 esecuzioni in 68 anni di carriera. Ebbene, il fantasma del Boia si aggirerebbe nei luoghi dove svolgeva il suo ufficio: presso la chiesa di Santa Maria in Cosmedin, in Piazza del Popolo e in piazza di Ponte Sant’Angelo. Si dice anche che talvolta offra una presa di tabacco a chi incontra, così come era solito fare con i condannati.
Il Muro Torto e i fantasmi senza testa
Luogo molto noto a Roma, nei pressi di Villa Borghese, venne costruito in epoca tardo repubblicana per contenere gli smottamenti della collina del Pincio e successivamente inglobato nelle mura Aureliane. Il muro torto si chiama così soprattutto per la curva a novanta gradi che lo caratterizza e anche probabilmente, per l’inusuale inclinazione dell’imponente massa murale proprio nel punto in cui vi è la curva: già in passato veniva infatti appellato “muro ruptus”.
Proprio qui un tempo c’era un cimitero dove venivano seppelliti i cadaveri di ladri, assassini, ignoti stranieri e prostitute: l’usanza rimase per tutto il medioevo fino ad almeno due secoli or sono, quando vi furono sotterrati i corpi dei due carbonari Angelo Targhini e Leonida Montanari, ghigliottinati in piazza del Popolo nel 1825.
Ovviamente leggenda vuole che la zona sia teatro di avvistamenti di anime perdute, in particolare dei due carbonari che se andrebbero allegramente in giro… senza testa.
L’antico Halloween e l’ombelico di Roma
Ma i luoghi inquietanti della Capitale non sono certo esauriti qui: questo era solo un excursus sulle leggende più note e sui personaggi spiccatamente romani, per storia o per nascita, che hanno legato anche la loro vita extra-terrena alla Capitale.
Nella Capitale, culla della Cristianità, i festeggiamenti per quella che oggi si chiama Halloween e viene vista come una festa non cattolica (mentre in realtà è strettamente legata al cristianissimo culto dei morti) erano in auge già dai tempi degli antichi Romani: non si trattava del 31 ottobre ma di tre giornate (il 24 agosto, il 5 ottobre e l’8 novembre), chiamate del “mundus patet” (mondo aperto) in cui le anime dei morti venivano messe in contatto con il mondo dei vivi.

Questo avveniva attraverso il Mundus Cereris, una grande fossa circolare il cui accesso si trovava nel Foro, e segnava il centro esatto della città. In quei tre giorni, che dovevano servire a placare le anime dei defunti permettendogli di tornare a “dare un’occhiata” all’aldiquà, gli umani dovevano essere molto cauti e limitare al minimo le attività, affinchè gli spiriti non diventassero gelosi e continuassero invece ad essere benevolenti.
Oggi il Mundus Cereris non esiste più, ma nel Foro Romano è stato comunque individuata la zona dove doveva trovarsi, chiamata anche umbilicus urbis Romae (“ombelico della città di Roma”), identificata quindi come la porta degli inferi. Occhio al calendario se vi trovate a passeggiare da queste parti.
I fantasmi di Keats e Shelley
Per chi ama i luoghi inusuali e legati ad un tipo diverso di spiritualità, è d’obbligo una passeggiata nel bellissimo cimitero acattolico di Roma, alle spalle della Piramide Cestia. Nato nel XVIII secolo per accogliere i non cattolici, fu destinato soprattutto a stranieri, artisti e intellettuali che vivevano nella capitale. Tra i cipressi e le statue consunte dal tempo riposano figure illustri come John Keats, Percy Bysshe Shelley, Antonio Gramsci, August von Goethe e molti altri. Le lapidi, scritte in decine di lingue, raccontano storie di esilio, amore e libertà di pensiero.

Il cimitero, con i suoi vialetti ombrosi e l’atmosfera sospesa, sembra un museo a cielo aperto: qui si può ammirare il famoso Angelo del dolore,il monumento funebre di William Wetmore Story, che egli ha scolpito per sé e per sua moglie, ma anche il cippo di Elisabeth Wegener-Passarge, una sfortunata ragazza morta a Roma nel 1902, dopo appena 15 giorni di matrimonio. Leggende vogliono che, nelle notti di plenilunio, gli spiriti dei poeti si aggirino tra le tombe sussurrando versi al vento romano. Sono sepolti qui anche John Keats e Percy Shelley, i due poeti inglesi morti giovanissimi: si dice però che i loro spiriti appaiano a Piazza di Spagna, dove vissero i loro giorni felici.