Come praticare il turismo sostenibile in montagna

Dieci storie che arrivano dalle Alpi, incluse quelle svizzere e austriache, e dagli Appennini, raccontano un nuovo modo di vivere la montagna in inverno

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Emma Santo

Giornalista e Web Content Editor

Giornalista pubblicista, web content editor e storyteller, scrive di viaggi, enogastronomia, arte e cultura. Per lei, scrivere è come viaggiare.

Ripensare il turismo montano invernale in chiave sostenibile, dalle Alpi agli Appennini. Come? Lo spiega la top ten delle buone pratiche che, in vista della giornata mondiale della neve, Legambiente ha presentato e raccontato con un’anteprima del report Nevediversa 2024 in uscita in primavera.

Dalle Alpi agli Appennini, le buone pratiche per vivere la montagna d’inverno

Una delle conseguenze della crisi climatica in atto è che sulle nostre montagne nevica sempre di meno. Così, per tenere in vita gli oltre 5mila km di piste da sci italiane si è costretti a ricorrere all’innevamento artificiale, una pratica che però non fa bene all’ambiente, poiché comporta ingenti consumi d’acqua, d’energia e di suolo in territori di grande pregio naturalistico.

Dieci storie che arrivano dalle Alpi, incluse quelle svizzere e austriache, e dalla dorsale appenninica, raccontano, però, un nuovo modo di abitare e vivere la montagna. Il segreto sta nell’innovazione dell’offerta turistica, raggiunta puntando a diversificarne le attività in armonia con la valorizzazione dell’ambiente naturale, delle professionalità e del patrimonio storico e architettonico di quei luoghi.

Uno degli esempi è il modello Valle Maira, regina del turismo slow nel cuore del Piemonte – grazie anche al prezioso ruolo del consorzio turistico Valle Maira – in piena sintonia con la natura, tra sci escursionismo, sci alpinismo e di fondo, e ciaspolate. Altrettanto virtuoso è il piccolo comune di Balme, in provincia di Torino, che dopo aver vietato l’eliski – la pratica dello sci fuoripista e del freeride che utilizza un elicottero come mezzo di risalita – ha dato vita al progetto “Beyond Snow” (Oltre la neve), il cui obiettivo è quello di aiutare le destinazioni turistiche invernali a media e bassa quota a reinventarsi a seguito della carenza di precipitazioni nevose, conservando o aumentando la loro attrattività per abitanti e turisti.

Si distingue per le buone pratiche in materia di sostenibilità anche Naturavalp, associazione della Valpelline, in Valle d’Aosta, promotrice di un turismo responsabile e sostenibile, che riunisce agricoltori, allevatori, artigiani e operatori turistici. Una piattaforma in continua evoluzione, unica nel suo genere in Italia, è quella di Dolomiti Paganella Future Lab, un progetto nato per definire una visione di sviluppo turistico bilanciato di lungo periodo insieme alla comunità, basato su vivibilità e qualità di vita di residenti e ospiti. A Malborghetto-Valbruna, in Friuli-Venezia Giulia, si punta invece su una rete di escursioni e percorsi, tra cui i 19 km di piste di fondo che si sviluppano dalla piana di Valbruna fino all’alta Val Saisera.

Scendendo lungo lo Stivale, tra le altre buone pratiche troviamo quelle della cooperativa di comunità Valle dei Cavalieri di Succiso, frazione sparsa del comune italiano di Ventasso, all’interno del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, diventata un modello contro lo spopolamento, studiato in tutto il mondo.

L’associazione Cammina Sila, in Calabria, è nata invece per far conoscere e riscoprire il territorio silano attraverso le attività outdoor, come ciaspolate, trekking, mountain bike, sci di fondo, canoa e tante altre attività eco-sostenibili. Si scoprono buone pratiche in chiave sostenibile anche al Comprensorio Broncu Spina in Sardegna, in provincia di Nuoro. Sebbene l’impianto sciistico non sia più attivo, da tempo visitatoti e turisti sono lieti di avventurarsi in tour esperienziali lungo i pendii, accompagnati da una guida.

Gli esempi in Austria e Svizzera

Incluse tra le dieci buone pratiche ci sono anche due esempi d’oltralpe. Il primo è il Dobratsch, con la stazione sciistica a zero impianti, in Austria. Qui dal 2001 l’attività è stata interrotta perché non era più conveniente mantenere in piedi gli impianti di risalita, a causa dell’aumento dei costi di gestione. Così, sono stati smontati e venduti, mentre si sono intensificate le attività di turismo dolce.

Una storia simile arriva anche dalla Svizzera, con alcune stazioni che si sono reinventate come quella del Monte Tamaro. Costruita negli anni ‘70 su un versante assolato dell’alpe Foppa, nel 2003, questa piccola stazione del Canton Ticino ha deciso di rinunciare al tradizionale turismo invernale, mentre è stata potenziata la rete dei sentieri per escursioni e si è deciso di puntare sulla stazione termale, tenuta aperta tutto l’anno.