Cedola secca sugli affitti brevi: Airbnb e l’incubo della burocrazia

Airbnb: in arrivo cedolare secca sugli affitti brevi che promette di semplificare le norme e le regole del settore

L’ipotesi contenuta nella “manovrina” che è vicina al traguardo e attende solo la firma del capo dello Stato, prevede una cedola secca del 21% sugli affitti brevi tipici dei popolari portali di locazione tra privati, come ad esempio Airbnb. La misura scatterà a partire da giugno e la tassa sarà versata direttamente al Fisco dai soggetti che esercitano l’attività di intermediazione come i portali online o le agenzie immobiliari che tratterranno la tassa.

Il caos normativo e fiscale che vige sulla materia sarà ordinato dalla novità della cedola secca: è solo dal 2008 che gli affitti brevi hanno fatto la loro comparsa, da allora molte famiglie, grazie anche alla facilità con cui è possibile avviare e gestire una attività simile, si sono reinventate come mini imprenditori delle loro case. Si va dall’affitto di interi appartamenti, a case che erano rimaste inutilizzate o alla singola stanza vuota nella propria abitazione. Questo ha concesso e permesso a molti di arrotondare le entrate a fine mese, ed è stata vista come una vera e propria manna da cielo: Airbnb anche a seguito del fenomeno ha creato a sua volta un vero e proprio indotto. Sono 270mila gli annunci disponibili sulla piattaforma Italiana del sito Californiano; dai dati raccolti da Airbnb si stima che che l’impatto economico complessivo arriva a 3,4 miliardi di euro. Solo nel 2015 nelle case private Italiane sono arrivati 3,6 milioni di ospiti, generando entrate medie annuali di 2300 euro per ognuno degli 83.300 host su tutto il territorio. Firenze e Roma sono le città più redditizie, la prima con un guadagno medio di 6.300 euro e la seconda con 5.500 euro.

Da un lato le famiglie Italiane hanno aperto le loro case a turisti, lavoratori in trasferta, studenti e tutti gli altri recependo la novità, dall’altro la la burocrazia Italiana non ha fatto passi in avanti sulla materia: ogni regione, se non ogni singolo Comune, regola gli affitti con norme locali spesso poco chiare anche agli impiegati del comune stesso che non sanno dare risposte precise e chiare in merito.

Chi non è in regola ovviamente può incappare in multe salate anche da 5mila euro, aspetto che è perlopiù sconosciuto a chi mette la propria casa su Airbnb, anche se la multa non è l’unico effettivo rischio a cui si può incorrere. La tassazione infatti, fino ad adesso non era regolata in modo semplice e chiaro tanto che in alcuni casi era necessaria l’apertura di una partita iva per dichiarare il reddito al Fisco; in altri casi le somme andavano incluse e dichiarate nella dichiarazione dei redditi. Questa confusione si va ad aggiungere alla miriade di regole da capire e sbrigare senza dimenticare la tassa di soggiorno che cambia di città in città: alcune la prevedono, altre no.

Con la cedola secca si spera che arrivi maggiore chiarezza sulle innumerevoli norme e regole degli affitti brevi, anche perché questo nuovo “settore” nel nostro Paese sta diventando una vera e propria risorsa per le famiglie, magari anche in difficoltà.

La Lombardia ed in particolare Milano hanno fatto da apripista e hanno semplificato al massimo la burocrazia: si paga soltanto la cedola secca su quanto gli host incassano con gli alloggi messi in locazione.