Attenzione alle recensioni negative: si rischiano due anni di carcere

Usare l'oggettività nei racconti di viaggio è doveroso nei confronti di chi ci legge. Ma serve anche per tutelarci come dimostra ciò che è accaduto in Thailandia

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Redazione

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Le recensioni online, oggi, sono un vero e proprio punto di riferimento nel settore del turismo. Se da una parte ci sono viaggiatori che amano condividere con gli altri le proprie esperienze di viaggio, dall’altra ci sono persone che si affidano proprio ai pareri degli altri per programmare le future partenze.

I racconti di viaggio, in effetti, rappresentano una delle più grandi fonti d’ispirazione per la programmazione di una futura vacanza. Ma che succede quando, nel raccontare un’avventura, ci si dimentica dell’oggettività?

Del resto, abbiamo imparato con le nostre esperienze, quanto ogni viaggio sia soggettivo. Diverse sono le aspettative di ognuno di noi, così come lo sono gli interessi e le esigenze che sono modulate in base al carattere delle persone.

Ecco perché quella che potrebbe essere una delle meraviglie del mondo più apprezzate e celebrate quasi all’unanimità, potrebbe non suscitare in noi la stessa ammirazione. Tuttavia, se scegliamo di raccontare i dettagli di un viaggio è necessario mantenere una certa oggettività, dal luogo visitato alla struttura che ci ha ospitato, non solo per le persone che leggeranno, ma anche per evitare di finire in situazioni scomode come quella creatasi nella storia che vi stiamo per raccontare.

È successo in Thailandia soltanto alcuni giorni fa: un turista, dopo essere stato in un resort del Paese ha utilizzato la celebre piattaforma di recensioni online TripAdvisor per raccontare la sua esperienza negativa all’interno del Sea View Resort di Koh Chang. Il risultato? Il viaggiatore rischia due anni di carcere!

Terminato il soggiorno, il turista americano ha rilasciato una recensione negativa sulla struttura lamentando la scarsa accoglienza del personale, ma non solo, sembra che l’uomo abbia accusato il resort, in un altro commento poi cancellato, di praticare una sorta di schiavitù nei confronti degli addetti al lavoro.

La struttura ricettiva, preso atto di quelle accuse mosse nei suoi confronti, è intervenuta legalmente denunciando il viaggiatore per diffamazione raccontando, inoltre, che il turista non ha pagato la sovrattassa prevista per aver consumato alcolici acquistati al fuori dell’hotel.

La legge thailandese riconosce la diffamazione come un reato con una pena massima di due anni di prigione e una multa di 200mila bath, che corrispondono a circa 6000 dollari.