Alla luce del sole di mezzanotte o immerse nella cupezza del buio artico, a seconda della stagione, le isole Svalbard si collocano all’estrema frontiera abitata del grande Nord, oltre le propaggini più settentrionali della Norvegia, varcata la quale si abbandona la relativa mitezza di un clima che, nonostante la latitudine, concede 10-15 gradi d’estate (ma si ricorda un eccezionale 21°C nel luglio del 1979) per affrontare l’implacabile severità ambientale del Polo Nord.
Base di partenza di storiche spedizioni alla conquista dei ghiacci polari, le Svalbard sono meta turistica fuori dall’ordinario, che si raggiunge attraverso veri e propri viaggi-spedizione, sulle tracce di leggendari esploratori le cui gesta sono mito e storia che la popolazione delle isole custodisce gelosamente. Gente semplice, sincera e disponibile, cordiale e pronta al saluto, i 2500 abitanti di questo “piccolo paradiso dove la serenità e l’onestà esistono ancora”, come racconta un turista di ritorno dalle isole, si concentrano in gran parte nella capitale Longyearbyen, tappa inevitabile di un viaggio alle Svalbard.
Più colonia che nazione, queste isole artiche accolgono senza vincoli di alcun tipo chiunque voglia cambiar così radicalmente vita da pensare di trasferirvisi: a patto di trovare lavoro (le attività si limitano pressoché all’estrazione del carbone – unica fonte di energia – alla pesca e alla caccia), non vi sono requisiti né permessi particolari che condizionino il soggiorno nell’arcipelago. Libero accesso a tutti, quindi: al turista e all’appassionato esploratore di regioni polari non rimarrà che scegliere in quale stagione godersi lo spettacolo delle isole.
Chi la “Costa fredda” (questo il significato del nome Svalbard) la vuole vivere in condizioni limite, circondato dai ghiacci a meno 30°C, vi si avventurerà dopo la prima settimana di febbraio, quando la luce inizia ad arrivare al 78° parallelo: prima di quel periodo, del resto, il cielo è troppo buio e gli operatori turistici non effettuano escursioni. Equipaggiamento tecnico (stivali con l’interno di lana, guantoni, sottoguanti, tuta da sci, passamontagna, casco, occhiali, due paia di calze, pantaloni, calzamaglia, maglia e camicia in pile imbottito di lana: dappertutto bisogna esser pronti a togliere gli stivali e a indossare le pantofole offerte nell’atrio), grande resistenza fisica (richiesta, date le condizioni, anche per l’escursione meno impegnativa al ghiacciaio con vista sulla Capitale o alle grotte di ghiaccio nelle vicinanze, che si raggiungono in motoslitta) e soprattutto senso del limite: questo il bagaglio materiale e psicologico chiesto ai turisti, ai quali si raccomanda di non girare da soli soprattutto la sera o di farlo tutt’al più con un fucile sottobraccio (per il quale non è richiesto il porto d’armi).
Gli orsi, in zona (sulle isole ce ne sono più di tremila), sono un pericolo reale: si avvicinano alla città, lasciando inequivocabili impronte, tant’è che le escursioni fai-da-te sono vivamente sconsigliate e, nel caso si vogliano fare comunque, bisogna avvisare il Governatore, aver sottoscritto un’assicurazione per il recupero, affittare un navigatore satellitare, essere dotati di razzi segnalatori, radio e kit di pronto soccorso. Insomma, meglio evitare.
E’ l’estate invece (in particolar modo il periodo intorno a Ferragosto o quello precedente, dal 20 maggio al 25 luglio, quando c’è il sole di mezzanotte) la stagione di gran lunga più gettonata per un viaggio alle Svalbard. E’ questo il periodo in cui si affaccia timidamente la vegetazione artica, con i suoi licheni, i piccoli fiori – tra questi il papavero delle Svalbard – e le bacche colorate. Ed è anche il momento ideale per esplorare l’arcipelago a bordo di una motonave, in una delle tante crociere-spedizioni organizzate da pochi ma ferrati tour operator, magari fino all’Isola Bianca, raggiungibile solo nel momento in cui il Pack è al massimo della sua apertura. In valigia, non devono mancare anche d’estate un piumino, pantaloni in gore-tex, pile e intimo in capilene, guanti, cappello, scarpe da trekking impermeabili, occhiali da sole, binocolo e zaino.
Pur non essendo mezzi adatti a crocieristi amanti del lusso e dei divertimenti a bordo, queste navi agili e robuste, adatte sia al mare aperto sia ai ghiacci, offrono cabine e spazi comuni con un buon livello di comfort e un ponte di comando sempre accessibile ai passeggeri. Coste frastagliate, profondi fiordi, montagne e isolotti di ghiaccio alla deriva disegnano, a grandi pennellate, il paesaggio incontrato durante la navigazione, che può offrire l’emozione di un’inaspettata danza di balene, la visione a distanza ravvicinata di imponenti orsi bianchi, di trichechi, della foca dagli anelli e di quella barbata, di gazze marine minori, fulmari artici, conigli marini, per non parlare dell’oca dalla faccia bianca, dei rari gabbiani di Sabine e d’avorio, della pernice bianca e dei puffin, delle anatre e dei trampolieri nelle zone interne. Mentre si costeggia, non è infrequente imbattersi in volpi e lepri artiche o nella renna nana e nel bue muschiato, di recente reintrodotto con successo nell’ecosistema.
I tour operator specializzati organizzano crociere all inclusive in motonave, spesso secondo la formula cinque notti-sei giorni. Le cabine vanno dai mille ai 2600 euro circa a seconda della sistemazione (vi si deve aggiungere l’assicurazione obbligatoria di 70 euro), sono esclusi trasbordo aereo, equipaggiamento, trasferimenti locali e la tassa ambientale. Indicativamente, un volo in bassa stagione Milano-Longyearbyen andata e ritorno ha un costo a partire dai 500 euro, più le tasse aeroportuali. Eventuali programmi su misura risulteranno ovviamente più costosi: in quel caso, l’operatore provvederà a fornire supporto logistico, materiali e accompagnatori locali.