Aumento della tassa d’imbarco: il no delle compagnie aeree e aeroporti

Per il momento è solo una bozza, ma è stato proposto un aumento della tassa d'imbarco per porti e aeroporti fino a un massimo di 3 euro: le reazioni degli addetti ai lavori

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Serena Proietti Colonna

Travel blogger

PhD in Psicologia Cognitiva, Travel Blogger, Coordinatrice di Viaggio e Redattrice Web di turismo, una vita fatta di viaggi, scrittura e persone

C’è una brutta notizia nell’aria per chi, nel 2024, ha intenzione di viaggiare: nel nostro Paese i biglietti aerei potrebbero costare ancora di più. Nell’ultima bozza della legge di bilancio è infatti apparsa la possibilità per i Comuni che possiedono un aeroporto nel loro territorio di aumentare, di ben 3 euro, la tassa d’imbarco per i passeggeri in partenza. Ma a quanto pare, aeroporti e compagnie aeree non ci stanno.

Cosa dice la bozza

Nell’articolo 80, chiamato “Sostegno finanziario per enti al termine della procedura di dissesto finanziario”, si può leggere che i Comuni capoluogo di città metropolitana hanno la possibilità di istituire, con apposite delibere, un incremento dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale. L’aumento è previsto per passeggero e non deve essere superiore a 3 euro. Una norma che, è giusto specificare, non riguarda solo i passeggeri degli gli aerei, ma anche coloro che per spostarsi scelgono la nave.

Stiamo parlando di una voce che se dovesse essere aumentata con i 3 euro euro previsti potrebbe far schizzare il prezzo totale fino a 12 euro. E non è tutto, perché secondo diverse indagini, il costo dei biglietti aerei potrebbe aumentare a prescindere in questo momento, soprattutto a causa di una maggiore domanda, del rincaro dei costi per le materie prime e di quelli del lavoro, e della attuali tensioni geopolitiche.

Le reazioni delle compagnie aeree

La reazione di Ryanair, compagnia aerea low cost irlandese, è stata pressoché immediata. Come si può leggere sul Corriere della Sera, l’amministratore delegato di Ryanair, Eddie Wilson, ha fatto sapere che questa proposta di aumento che sfiora il 50% avrà, nell’eventualità in cui dovesse essere approvata, un impatto negativo nel lungo periodo per la connettività dell’Italia e per il suo turismo.

La compagnia low cost, in caso di approvazione del provvedimento, potrebbe dunque intervenire riducendo l’offerta dei voli nel mercato italiano per la prossima stagione estiva.

Anche easyJet, compagnia a basso costo britannica, ha “alzato la voce” sull’argomento poiché un portavoce dell’azienda, come si può leggere sul Corriere, avrebbe sottolineato che le addizionali comunali sono tasse che hanno un impatto sul passeggero e sulla tariffa. Ciò vuol dire che proporre un aumento delle tasse, che a sua volta fa alzare il costo del biglietto, è al quanto preoccupante perché in realtà in questo momento le compagnie stanno lavorando con lo scopo di abbassarlo.

Anche perché – ed è giusto sottolinearlo – il nostro Paese è già uno dei meno competitivi in Europa in fatto di tassazione. Per questo motivo, il portavoce del vettore britannico ha evidenziato che continuare ad aumentarla potrebbe voler dire che le compagnie aeree si potrebbero ritrovare costrette a rivolgere altrove i loro investimenti, generando un impatto inevitabilmente negativo sulla connettività in Italia.

Le reazioni degli aeroporti

Sempre sul Corriere della Sera è riportato che Carlo Borgomeo, presidente di Assaeroporti, la principale associazione italiana di rappresentanza degli scali, ha manifestato preoccupazione per questa norma.

In particolare ha sottolineato che, se entrasse in vigore, potrebbe rivelarsi un grave danno per l’intero sistema aeroportuale nazionale e per i viaggiatori, ovvero per coloro su cui grava tale tassa.

Ha poi continuato specificando che la loro richiesta è quella di una riduzione graduale dell’addizionale comunale su tutti gli scali nazionali, ma garantendo l’euro e mezzo destinato al Fondo del trasporto aereo che, soprattutto nel periodo in cui tutto era bloccato a causa della pandemia: “Si è dimostrato uno strumento essenziale per preservare i livelli occupazionali del settore”.

A non essere affatto d’accordo è anche Alessandro Fonti, presidente di Aicalf, l’associazione italiana delle compagnie aeree low cost, che ha commentato al Corriere che è richiesto un intervento da parte del Governo per eliminare, o almeno ridurre, questa tassa. Il motivo è che si tratta di una norma che riduce lo sviluppo della domanda di trasporto aereo e che danneggia anche la competitività degli aeroporti e delle destinazioni turistiche italiane rispetto a tantissime altre mete europee.