Biot, il borgo del vetro della Costa Azzurra

Il vetro “bullé” prodotto in questo borgo è famoso in tutto il mondo, ma è anche un villaggio d'artisti che piace agli italiani

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Ilaria Santi

Giornalista & Travel Expert

Giornalista, viaggia fin da quando era bambina e parla correntemente inglese e francese. Curiosa, autonoma e intraprendente, odia la routine e fare la valigia.

È famoso sulla Costa Azzurra per essere il borgo del vetro. Negli ultimi cinquant’anni, infatti, la Verrerie de Biot ha cambiato il destino di questo delizioso villaggio dell’entroterra di Antibes, a 20 minuti da Nizza, dalla cui cima si vede il mare.

Fino alla metà degli Anni ’70 era noto per le anfore di terracotta, prodotte fin dall’antichità. Servivano per trasportare olio, olive, vino e quant’altro verso il porto per poi partire a bordo delle navi per tutto il Mediterraneo fino alle Indie.

Le anfore oggi sono rimaste come oggetti decorativi in tutto il borgo di Biot (se ne trovano ancora in giro per il mondo). Se ne vedono lungo i vicoli e sulle scalinate che si inerpicano su per il paese, sui davanzali di terrazze e finestre piene di fiori, a impreziosire ogni angolo di questo pittoresco villaggio tanto amato dai turisti che, merito del clima mite di questa zona di Francia, lo visitano tutto l’anno.

Ma è il vetro ora a caratterizzare Biot. Tanti gli atelier di giovani artisti che, anziché abbandonare il paese, hanno deciso di stabilirvisi e di lavorare. E non solo il vetro. Ogni boutique è laboratorio e negozio. C’è Anaïs che realizza splendidi gioielli di vetro e che organizza workshop, Anne Gaëlle che dipinge quadri e ceramiche e scolpisce il bronzo, Gaëtan, che vive un po’ in Svezia e un po’ a Biot e che realizza gioielli d’argento. Gli appassionati d’arte apprezzeranno sicuramente la qualità e la varietà dei negozi di oggetti del villaggio e i numerosi atelier e le gallerie.

Se ne incontrano un po’ ovunque passeggiando per il borgo, tra le strette vie e le piazzette. Per gli artisti locali che non possono avere una propria vetrina, il Comune mette a disposizione uno spazio espositivo, La Crèative, nel centro del villaggio.

Le strade di Biot hanno nomi particolari: troviamo place de la Catastrophe, dove crollarono delle case uccidendo diverse persone oppure rue Cul de Sac, una via che termina contro un muro. Alcune vie prendono il nome dalle corporazioni e dai mestieri o addirittura dal cognome delle famiglie che ci vivevano. Da non perdere, place des Arcades, nel cuore del villaggio, uno dei luoghi imperdibili di Biot in termini di patrimonio artistico e culturale. Inizialmente castrum romano, poi sede dei Templari, oggi ha l’aspetto particolare dell’architettura ligure con le arcate tutt’intorno.

Un tempo Biot era un borgo fortificato. Lungo le antiche mura difensive oggi troviamo delle case. Delle porte d’accesso ne sono rimaste solo due, la Porte des Migraniers e la Porte des Tines, a raccontare di quando un gruppo di 50 italiani originari di Oneglia, in Liguria, si trasferirono, alla fine del 1400, su queste colline del Sud della Francia per ridare vita al paese abbandonato dopo una terribile epidemia di peste. Sono tanti gli abitanti di origine italiana che ci vivono ancora e i nostri connazionali in vacanza si sentono a casa.

Ma molto prima di allora, circa duemila anni fa, vi si erano installati i Romani; poi, nel XIII secolo, l’abitato venne donato dal Conte di Provenza Alphonse II ai Cavalieri Templari e nel XV vi arrivarono anche i Cavalieri di Malta. Basta osservare bene durante una passeggiata per scovare ancora qualche croce incisa qua e là sui muri oltre a diversi mosaici antichi. La chiesa principale Sainte Marie Madeleine fu ricostruita nel 1500 sui resti di un’antica chiesa Romana. Poiché il paese è costruito su una collina, per accedervi, fatto piuttosto insolito, bisogna scendere una scalinata.

Tanti visitatori di passaggio si sono innamorati di Biot. Tra questi, il re del Belgio che si trasferì in una villa alle porte del paese, l’illustratore Raymond Peynet che scelse di vivere nel centro storico (nella casa vive ancora la figlia), il pittore Fernand Léger, a cui è dedicato un museo (Musée national Fernand Léger) che raccoglie la sua opera omnia con dipinti, ceramiche e disegni, e lo scultore svedese Hans Hedberg, famoso per le sue enormi ceramiche a forma di frutta. Ma tanti altri sono stati e sono tuttora gli artisti che hanno scelto Biot come luogo d’ispirazione e di scambio di idee.

Ma tornando al vetro di Biot, è una vera eccellenza a livello mondiale. Fu Éloi Monod a inventare, nel 1956, il vetro “bullé” la cui caratteristica unica nel suo genere è data da microscopiche bolle. La Verrerie de Biot, che oggi è sotto la direzione di Serge, uno dei discendenti dei 50 liguri trasferitisi qui nel XV secolo, si può visitare tutti i giorni osservando il lavoro dei maestri vetrai che non smettono mai di soffiare e di modellare la sabbia che, magicamente, diventa vetro. Un’arte antica e tradizionale ma con un po’ di innovazione: tra le ultime novità, per esempio, c’è il vetro che, esposto qualche minuto alla luce, diventa fluorescente e visibile al buio. Perfetto per realizzare vasi ma anche piatti e bicchieri per originali cene a lume di candela.

L’ufficio del turismo di Biot organizza visite guidate gratuite una volta alla settimana durante l’anno e due volte d’estate. Inoltre, offre un servizio navetta gratuito per raggiungere il borgo dalla stazione ferroviaria che dista solo 4 km e, per chi viene in auto, il parcheggio è gratuito. Altre informazioni sul sito ufficiale del Turismo della Costa Azzurra. Altrimenti, si può organizzare un tour guidato personalizzato di Biot e di altre famose località della costa.