Berenice, l’ultimo mare d’Egitto

Oggi è meta di appassionati di immersioni e di viaggiatori in cerca di tranquillità

Quando G.B. Belzoni la scoprì nel 1818 non doveva essere poi molto diversa da oggi: mare e deserto, un luogo praticamente disabitato ma che, stando alle testimonianze antiche, doveva aver conosciuto un periodo di vita frenetica, per le miniere, i commerci e il porto. Quasi tutto a Berenice sembrava essere stato inghiottito dalla sabbia portata dal vento. Scavando, Belzoni portò alla luce una cittadina, forse per circa 2mila persone, dalla pianta piccola e ben ordinata, con vie perpendicolari, una grande strada principale e un porto dal fondale basso. Nelle carte del Belzoni era Sinus Immundus, il golfo immondo, per gli scogli e le pietre, da cui si salpava per la mitica terra di Punt e che oggi è meta di appassionati di immersioni e viaggiatori in cerca di tranquillità.

Sede di una base militare e navale egiziana, con un piccolo aeroporto, solo fino a pochissimi anni fa era interdetta ai turisti. Le due ore di strada da Marsa Alam sono un viaggio nel tempo, come se la sabbia e non l’uomo di fosse ripresa tutto. Non c’è traccia della Berenice di Belzoni, del tempio di Serapide e delle necropoli che aveva scoperto. Solo spiagge cristalline, mangrovie, fondali vergini, baie incontaminate. Deserto e mare. L’Egitto di Sharm el-Sheik, Hurghada e della stessa Marsa Alam è davvero lontano.

Il passato glorioso è solo nei testi antichi, dove un’inconsuetà vitalità la fa comparire con innumerevoli nomi. Infine non Pancrisia, la città d’oro in Sudan, o Cirenaica in Libia, ma, una e unica, Berenice Trogloditica: fondata sulla più antica Hemtithit intorno al 275 a.c. da Tolomeo Filadelfo che regnò in Egitto tra il 285 e il 247 a.C., col nome della madre, Berenice I. Alle spalle c’è il deserto orientale fatto di rilievi montuosi spesso impervi ma frequentati, come testimoniano migliaia di iscrizioni semitiche preislamiche, in epoca faraonica e romana perché ricchi di oro, smeraldi e minerali rari.

Davanti il mare. Centinaia di chilometri di costa intatta, davanti alla quale si apre una barriera immersa in acque trasparenti e calde, con coralli popolati da migliaia di pesci. Tartarughe, delfini, murene, pesci pagliaccio, pesci napoleone, pesci palla e barracuda. Un paradiso per appassionati di snorkeling e diving, ma non solo perché venti costanti tutto l’anno la rendono una meta ideale anche per fare surf e kitesurf. Pochissime le strutture ricettive, per lo più eco-lodge.

Oltre il promontorio di Ras Manas, i fondali di Zabargad e Rocky Island offrono immersioni indimenticabili. A Zabargad c’è un’ampia laguna dalla spiaggia bianchissima e dalle acque verdi: qui gli antichi estraevano olivine pensando che fossero topazi. Rocky Island è una piccola isola calcarea, si erge di poco sopra il mare ma basta spingersi qualche metro più in là e il fondale si inabissa rapidamente. A Sud-Ovest c’è St. John, un’altra meta ambita per le immersioni, un reef di affioramenti corallini in cui non è infrequente avvistare squali longimano.

Verso Nord e Marsa Alam, il tratto che collega Berenice ad Hamata è parte del parco nazionale di Wadi el Gemal e della riserva marina che include l’isola omonima. Nato nel 2003, ospita una grande diversità di habitat e rappresenta un ecosistema terrestre e marino unico e caratteristico della costa del Mar Rosso, abitata dai pastori nomadi Ababd, uno dei quattro gruppi dei Beja.

Da Nord-Ovest finiva a Berenice la via carovaniera dei 12 giorni: partiva dall’antica Coptos, oggi Qena (poco più a nord di Luxor) e attraversava il deserto in diagonale per portare con i cammelli le merci che poi sarebbero partite per Alessandria, la costa araba e le antiche Indie. Oggi i cammelli più fortunati portano a spasso i pochi turisti nei safari verso l’interno. Il destino degli altri viene deciso al mercato di Shalatin, l’ultimo avamposto meridionale. Le case verdi e azzurre sono basse a qualche chilometro: basta salire sopra un camioncino che il deserto diventa orizzonte. Su questi camioncini i cammelli partono per il triangolo d’oro, arrivano ad Asswan, quindi a Berkash e da lì raggiungono Libia o Marocco. È la tribù dei Rashayda a controllarne l’assai redditizio commercio, appaltato ai Bishaira. Sono gli unici che possono andare avanti e indietro attraversare la frontiera senza necessità di visti o documenti. Il Sudan è subito lì.