Le infinite distese sabbiose del deserto possono celare segreti incredibili: recentemente, un team di archeologi ha condotto alcune campagne nel cuore del Rub’ al-Khali, considerato il più grande al mondo, che ricopre gran parte della zona meridionale della Penisola Araba. Nel territorio del Sultanato dell’Oman è emerso qualcosa di incredibile, che gli esperti paragonano addirittura a Stonehenge.
Scoperta archeologica in Oman
Un gruppo di archeologi internazionali, guidati dall’Istituto di Archeologia del CAS di Praga, ha lavorato nel corso degli ultimi mesi su due diversi siti circondati dal deserto del Rub’ al-Khali, facendo alcune scoperte davvero interessanti. La prima area coinvolta dagli scavi si trova nella provincia di Duqm, dove sono emerse delle camere funerarie circolari. In particolar modo, l’attenzione dei ricercatori si è concentrata su una tomba neolitica risalente ad un periodo compreso tra il 5.000 e il 4.600 a.C., all’interno della quale hanno trovato gli scheletri di decine di persone.
Questi resti umani verranno sottoposti ad analisi isotopica, per poter scoprire qualcosa in più sulle abitudini di vita e alimentari delle popolazioni del luogo. A poca distanza dalla tomba, gli archeologi hanno individuato un’ampia collezione di incisioni rupestri distribuite in un totale di 49 blocchi di pietra. È un’interessante documentazione pittorica degli insediamenti in quella che è attualmente una delle zone più desertiche al mondo, ma che tra il 5.000 a.C. e il 1.000 d.C. doveva essere veramente molto diversa.
La “Stonehenge araba”, che cos’è
Ma è presso il secondo sito archeologico che sono stati rinvenuti i reperti più preziosi. I ricercatori hanno lavorato nel tratto di deserto all’interno della provincia di Dhofar, nell’area meridionale del Paese, individuando quello che sembra essere un monumento megalitico risalente a circa 2.000 anni fa. Le grandi rocce disposte in gruppi di tre a formare delle piramidi somigliano al celebre monumento rituale inglese di Stonehenge, tanto che gli archeologi hanno dato a questo luogo l’evocativo soprannome di “Stonehenge araba”.
Non si sa chi abbia costruito questi triliti, né perché lo abbiano fatto, ma senza dubbio rappresentano una delle scoperte più importanti degli ultimi anni. Nei loro pressi sono poi stati trovati altri tesori, tra cui antiche asce di pietra che risalgono alla prima migrazione dell’uomo dall’Africa, la culla dove ha avuto origine la nostra specie. Questi attrezzi risalgono ad un periodo compreso tra 300mila a 1,3 milioni di anni fa: l’Arabia, a causa della sua posizione, era situata lungo la rotta migratoria naturale dell’uomo dal Continente Nero all’Eurasia.
Inoltre, gli archeologi hanno rinvenuto alcuni gusci d’uovo di struzzi estinti, una duna fossile e l’alveo di un antico fiume: un tempo, il clima dell’Oman era decisamente molto più umido rispetto ad oggi. Grazie all’utilizzo di diversi metodi di datazione, tra cui quella al radiocarbonio, gli esperti sono riusciti a scoprire molte informazioni utili. “Queste tecniche ci forniranno dati preziosi per ricostruire il clima e la storia del deserto di sabbia più grande del mondo. Le condizioni naturali hanno anche modellato gli insediamenti preistorici e quello che stiamo cercando di fare è studiare l’adattabilità umana ai cambiamenti climatici” – ha affermato Roman Garba, dell’Istituto di Archeologia del CAS di Praga.