Lavorare da una località di vacanza è da sempre il sogno di tutti. Oggi si può fare grazie al nuovo “visto nomade digitale”. Dopo Malta, Costa Rica, Bahamas e un’altra decina di Paesi, hanno appena aderito all’iniziativa rivoluzionaria per il mondo del lavoro anche Portogallo, Malesia e Colombia. Di cosa si tratta e come funziona nei vari Paesi.
Il Portogallo, appena eletto migliore destinazione d’Europa, consente ai cosiddetti “nomadi digitali” di vivere nel Paese per massimo un anno. È una meta ideale, non solo per il clima mite ma anche per le città vivaci (in primis Lisbona), per le bellezze paesaggistiche (una su tutte l’Algarve) e per la buona cucina.
Grazie al visto D7, il Portogallo è diventato un vero e proprio hub per i nomadi digitali. Inizialmente il documento era destinato ai soli pensionati, che negli ultimi anni si sono trasferiti in massa nel Paese considerato il più low cost d’Euorpa. Ora però è stato esteso anche ai lavoratori da remoto, consentendo loro di vivere e lavorare nel Paese a patto che si guadagni più del salario minimo portoghese, pari a 822,50 euro mensili. Condizione indispensabile per beneficiare del visto è che si provenga da uno stato fuori dall’Unione europea o dallo Spazio economico europeo (SEE) a cui appartiene la Svizzera.
In Malesia il visto per smart worker si chiama DE Rantau Nomad Pass. Con le nuove regole, i lavoratori a distanza possono restare e lavorare nel Paese al massimo due anni. La tassa iniziale è di circa 250 euro, coniugi o figli portati appresso “costeranno” 150 euro ciascuno.
I nomadi digitali possono andare a lavorare anche in Colombia. Qui, il visto è stato esteso a due anni. Bisogna però essere in possesso di un passaporto valido, di un’assicurazione sanitaria e di una lettera firmata dal proprio datore di lavoro che dimostri la reale occupazione.