Corridoi turistici, un “warm up” in attesa della vera ripartenza dei viaggi

I corridoi sperimentali sono un inizio. Ce lo spiega Pier Ezhaya, presidente di Astoi

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Ilaria Santi

Giornalista & Travel Expert

Giornalista, viaggia fin da quando era bambina e parla correntemente inglese e francese. Curiosa, autonoma e intraprendente, odia la routine e fare la valigia.

“I corridoi turistici sono solo un warm up”. È il commento – a caldo – di Pier Ezhaya, presidente di Astoi Confindustria Viaggi e del Fondo Astoi a Tutela dei Viaggiatori, dopo l’annuncio dell’ordinanza firmata dal ministro della salute, Roberto Speranza, che sancisce il via libera ai viaggi extra Ue. I Paesi dove ci è consentito andare ora, finalmente, anche se in via sperimentale, sono Maldive, Seychelles, Mauritius, Egitto (ma solo Sharm el-Sheikh e Marsa Alam), Repubblica Dominicana, Aruba. È solo l’inizio di un ritorno alla normalità anche nel mondo dei viaggi che speriamo duri.

“La nostra posizione come Astoi è che consideriamo i corridoi turistici come un primo passo“, ha spiegato Ezhaya “ma non possiamo ritenerci soddisfatti perché mancano ancora molte destinazioni e, inoltre, i protocolli hanno un livello di rigidità non banale. È chiaro che vanno bene, in un momento in cui il mercato è stato sostanzialmente chiuso per un anno e mezzo, ma li consideriamo un warm up per andare verso una graduale riapertura di tutte le destinazioni e con meno vincoli. Ovviamente tamponi, vaccinazioni, green pass sì, ma non possiamo immaginare che ci siano tutti questi vincoli per cui un cliente deve fare quattro o cinque tamponi per andare in vacanza. In questo momento, comunque, salutiamo questa come una ripartenza e siamo soddisfatti perché, quando è arrivata la notizia che si sarebbero aperti i corridoi, il mercato ha dato dei segnali positivi e sono iniziate le prenotazioni.

Non pensa che siamo un po’ in ritardo rispetto ad altri Paesi che sono già ripartiti da tempo?

“È stato proprio questo il tema che ha fatto smuovere il ministero della Salute perché c’è un totale disallineamento con quello che ha fatto l’Europa che gradualmente ha aperto un po’ tutto. Prima ha cominciato la Germania, poi la Francia, la Spagna… Sostanzialmente hanno ragionato in un altro modo: hanno lasciato libertà ai cittadini di andare o non andare all’estero per turismo, informandoli di una serie di rischi con un semaforo rosso o verde, però non hanno posto un divieto come abbiamo fatto noi e questo ci ha messo in difficoltà. Adottando questi elementi siamo riusciti a convincere il ministero della Salute ad arrivare almeno a questo compromesso, quello dei corridoi”.

Per accedere ai corridoi turistici bisogna comunque rivolgersi a un’agenzia di viaggi o a un tour operator, giusto?

“L’ordinanza non lo specifica ancora, in questi giorni stiamo chiedendo al ministero alcuni chiarimenti. Dice però che a chiunque scelga una di queste destinazioni debba essere garantito dall’organizzatore che le procedure vengano rispettate. L’organizzatore deve accertarsi che l’albergo rispetti le norme anti Covid, che vengano fatti i tamponi e così via. Chiunque sia in grado di verificare questo e garantirlo al passeggero (anche un vettore low cost, per esempio) può operare. È chiaro che nel contesto attuale sono i tour operator e le agenzie di viaggio che in questo momento possono garantirlo”.

Nei corridoi turistici sono inclusi solo certi Paesi: ce ne sono altri che sono stati esclusi e che, invece, meritavano essere inseriti nella lista?

“Certo, c’è per esempio Capo Verde, c’è Zanzibar, magari non tutto il Madagascar ma aprire Nosy Be, come è successo in Egitto dove hanno aperto solo il Mar Rosso e non il Cairo. Diciamo che si poteva allargare un po’ di più però, siccome è stato inteso come un protocollo sperimentale, ci hanno detto che non si sarebbe potuta fare una sperimentazione su 20 Paesi, ma solo su sei, e poi si valuterà. La data cruciale è il 25 ottobre, quando scade l’ordinanza del ministero della Salute che ha rinnovato il divieto di viaggiare per turismo. Quindi, i corridoi turistici derogano il divieto che va in scadenza il 25/10, ma nel momento in cui non dovesse essere riconfermato tale divieto, l’Italia finalmente si allineerà a tutti gli altri Paesi europei e sarà poi il ministero degli Esteri che suggerirà di andare o non andare in un Paese, come è stato sempre prima della pandemia, però non ci sarebbe più il divieto di legge”.

Come mai gli Stati Uniti non sono stati inclusi nei corridoi turistici anche se molto probabilmente apriranno a novembre?

“Il caso degli Stati Uniti è anomalo. Gli Stati Uniti per l’Italia sono aperti e sono tra quei Paesi che l’Italia ha considerato praticabili per turismo ovvero quelli dell’Elenco D, quindi si può andare, il problema è che erano gli Stati Uniti che non ci volevano, ma Biden ha annunciato che da novembre apriranno all’Europa quindi adesso diventa una rotta percorribile, tra l’altro sarà una rotta senza protocolli, un po’ come andare in Grecia quest’estate”.

Se una persona volesse prenotare un viaggio adesso, dove consiglierebbe di andare, quindi?

“Non escludiamo l’ipotesi che ci sia un’ulteriore proroga, comunque prima del 25 ottobre bisogna rivolgersi a un organizzatore in grado di garantire questo tipo di servizio. Se uno mette sul suo sito che ha avuto modo di verificare che tutti gli alberghi sono in linea con le procedure delle ordinanze del ministero della Salute e si prende l’impegno di certificarlo, oltre a tutte le altre richieste che ci sono nell’ordinanza, può benissimo operare, non è vietato a un certo tipo di organizzazione piuttosto che a un’altra di operare, semplicemente oggi è più facile pensare che un tour operator sia più in grado di garantire questo tipo di requisito perché lo fa da sempre e lo fa come mestiere a prescindere, un altro tipo di organizzatore dovrebbe fare un’attività in più, come per esempio gestire l’assicurazione di viaggio, cosa che noi facciamo da sempre”.

Cosa pensa accadrà dopo il 25 ottobre?

“Noi ci aspettiamo la rimozione del divieto. Da qui al 25 ottobre lavoreremo a fondo affinché questo divieto venga rimosso anche perché è anti costituzionale in quanto, di fatto, limita lo spostamento delle persone non essendoci più una situazione grave come avevamo tempo fa. D’altro canto, stiamo ricordando al governo che questo settore è stato chiuso un anno e mezzo quindi vanno previsti i ristori per il periodo in cui sono stati chiusi per decreto, vanno ristorati i primi sei mesi del 2021 e, soprattutto, va prolungata la cassa integrazione perché non è un comparto che si rimette in moto subito come i ristoranti e i bar, quindi almeno fino a marzo 2022. Il modello ha bisogno di due o tre mesi per organizzarsi quindi tutti gli operatori stanno pensando di ripartire non prima di novembre”.