Capo Nord, trofeo d’avventure incredibili

Asfalto e panorami dei punti più alti d’Europa

Foto di Francesco e Veronica

Francesco e Veronica

Travel blogger

Pubblicato: 4 Novembre 2019 15:07

Guidavamo ancora con gli occhi incollati ai vetri della nostra piccola Fiesta mentre ci lasciavamo le bellissime Isole Lofoten alle spalle, immettendoci di nuovo nel vivo del territorio Norvegese. Non che quello che lasciavamo ne fosse estraniato, solo che stavolta ci avventuravamo verso la parte più selvaggia, arida e remota del Paese.

Davanti a noi un lungo tratto di strada che alla sua fine, non solo in senso figurativo, ci avrebbe portato al punto più alto del continente. Capo Nord distava circa 700 chilometri e noi non stavamo più nella pelle, non aspettavamo altro che conquistare quel panorama.

Questo viaggio in auto da Catania a Capo Nord stava per vederci raggiungere una tappa molto importante; oltretutto ci aveva regalato momenti incredibili e stupito in più punti, ma doveva ancora farci una sorpresa. Di seguito vi raccontiamo come è andata.

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I paesaggi estremi di Capo Nord

I chilometri più intensi del nostro viaggio

Avevamo guidato parecchio per raggiungere la parte più a nord della Norvegia, un Paese che ci aveva spiazzati e conquistati con la bellezza dei panorami, e con la creativa fantasia con cui il territorio continuava a mutare man mano che ci spostavamo verso su.

Guardando sulle mappe la posizione di Tromsø, sebbene fosse leggermente fuori dalla nostra traiettoria originale, ci sembrò comunque una buona idea farci un salto. Scelta azzeccata. Tromsø, vista da lontano sui ponti che si attraversano per raggiungerla, sembra poco più di un villaggetto adattato alle rive del mare; ciò che sorprende, una volta lì, è che pur essendo un piccolo centro, stupisce con la sua ampia rete di strade sotterranee. In superficie si presenta come una tranquilla cittadina del nord dai ritmi rilassati, mentre sotto l’asfalto l’intera città si muove ordinatamente in sviluppati tunnel urbani.

Una via principale, Storgata, offre più di un chilometro di negozietti, gelaterie e souvenir, prima di sfociare alla base della Cattedrale di Tromsø, la chiesa protestante più a nord del mondo, nonché l’unica ad essere stata realizzata interamente in legno in tutta la Norvegia.

Questa chiesa vanta record interessanti”, ci siamo detti, mentre la guardavamo dal basso verso l’alto. D’altronde, lo stile Neo Gotico e i suoi 28 metri si vedevano eccome, specialmente in una cittadina senza ombra di grattacieli qual è Tromsø.

Passeggiando per il centro, ascoltavamo divertiti le conversazioni in Norvegese, sorridendo per via della buffa pronuncia del linguaggio di queste zone. Mentre facevamo la coda al supermercato per acquistare della frutta, un ragazzo del posto ci salutò ponendoci le solite simpatiche domande rivolte ai visitatori.

Ne seguì una chiacchierata piacevole (rigorosamente in inglese, in Norvegia lo si parla fluentemente), dalla quale apprendiamo molto su Tromsø e sulla sua storia. Per prima cosa scopriamo che il nome della cittadina si pronuncia ‘Trumso’ in quanto in Norvegese quello che per noi è una semplice ‘o’ è in realtà una ‘u’, così come una ‘k’ diventa magicamente ‘sh’.

Vivere il confronto linguistico con gli altri Paesi ci fa sorridere ad ogni viaggio. Non si sa come, ma si finisce per apprezzare la propria lingua nativa più delle altre. È il modo simpatico con cui il nostro animo ci dimostra che è ancora affezionato alle origini.

Quella su Storgata non era l’unica cattedrale ad attirare l’attenzione nel panorama cittadino, perché dall’altro lato del ponte c’era anche la Chiesa dell’Artico, la quale a suo modo si distingueva da tutte le altre che avevamo visto.

Il suo esterno triangolare infatti non è casuale; ricorda due forme comuni da queste parti, di cui una è la tenda dei Sami (uno dei popoli nativi più antichi della zona) e l’altra una punta d’iceberg.

Piuttosto austera a nostro avviso, quantomeno all’esterno, ma sicuramente d’impatto.

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L’originale architettura della Cattedrale Artica di Tromsø

Peraltro nella parete orientale di questa bianchissima cattedrale, nel 1973 è stato aggiunto un mosaico di vetro monumentale, che nei momenti in cui viene attraversato dai raggi solari crea un particolare gioco di luci all’interno.

Fatto degno di nota, nel periodo estivo, come in quel Luglio che ci vedeva di passaggio, la luce non va mai veramente via, neanche alle ore piccole. Se ci si sveglia nel cuore della notte, non si riesce neanche ad intuire che ora è; la luce cambia così lentamente che non sembra scandire i ritmi di una giornata normale. La traiettoria del sole si allontana di poco da una linea retta. Altrettanto vero il fatto che l’inverno da queste parti è esattamente l’opposto, situazione per la quale noi non andremmo esattamente matti (a dirla tutta).

Passeggiammo per Tromsø ancora un po’, non si può certo dire fino a che si fece buio, ma ci piace pensare che quella penombra era comunque un aspetto interessante della nostra serata Norvegese. Il giorno dopo ci toccava guidare.

Sulla via per Alta

Già solo a nominarla, ridacchiavamo in auto su quanto fossimo lontani da casa a bordo di una semplice utilitaria. Ci sentivamo un po’ di ripercorrere le tappe di quell’esploratore di Ravenna del 1600, Francesco Negri, che in cerca del punto più a Nord d’Europa ammirava queste strade come stavamo facendo noi. Forse con qualche comodità in meno rispetto a noi, in quanto lui poveretto camminava. Noi almeno avevamo una piccola, stracolma utilitaria, che ci portava in giro!

La strada che si snodava davanti a noi infatti era piena, come le altre precedenti, di panorami intoccati che qui assumevano nuove forme. Montagne si disegnavano in lontananza nell’orizzonte ed ogni curva sembrava abbracciare immensi laghi che si affacciavano sull’oceano.

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I panorami estivi del nord della Norvegia

Malgrado il clima estivo, che ci permetteva di girare durante la giornata con appena una maglia, le punte nello sfondo erano colorate di bianco, certe volte pure dell’azzurro intenso dei ghiacciai d’alta quota.

Alta, nel paesaggio sembra un orecchino sul profilo di una bella donna.

Piccola cittadina anche questa, col carattere tipico del nord, nella quale si distingue anche un bizzarro edificio: la Cattedrale dell’Aurora Boreale (Northern Lights Cathedral).

Costruita nel recente 2013, la cattedrale si presenta con una veste degna di un’astronave, similitudine che fa sorridere al pensiero che questa cittadina è fra le più interessate dal fenomeno naturale (tempesta solare) conosciuto come Aurora Boreale. Una meravigliosa, artistica, manifestazione della natura, aggiungeremmo.

Tuttavia nel periodo dell’anno in cui ci trovavamo lì non ci fu data la fortuna di ammirarla, per cui mentre ci stringevamo dal freddo che si cominciava a sentire da queste parti, ci promettemmo di tornare in Norvegia per assistere a quel miracolo.

La municipalità di Nordkapp

Ci rimettemmo in marcia con la luce che perdeva intensità seppur senza mai lasciarci al buio, prima di imboccare uno dei tanti tunnel della Norvegia; questo misurava quasi 7 chilometri e non era solo sotterraneo, addirittura sottomarino.

Il tunnel sprofondava velocemente nelle viscere del mare, raggiungendo una profondità di circa 212 metri, prima di risalire in superficie dandoci il benvenuto sull’isola di Capo Nord.

Se prima di visitare questa zona eravamo rimasti colpiti dal paesaggio, una volta entrati ufficialmente a Capo Nord restammo totalmente spiazzati.

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I panorami sull’isola di Capo Nord

Tutti i chilometri guidati da Tromsø ad Alta avevano avuto, come elemento comune, delle imponenti montagne dalle punte bianche, che delineavano il paesaggio e arricchivano lo scenario. Dopo quel tunnel, tuttavia, la cartolina che avevamo davanti aveva cambiato improvvisamente sembianze.

Per un attimo credemmo di essere approdati su un nuovo e ancora inesplorato deserto: tutto era tinteggiato di un verde cupo e l’intera distesa era piatta e senza vita, ad eccezione delle moltissime renne allo stato brado.

Capo Nord renne
Le Renne libere nell’isola di Capo Nord

Davanti a noi ora c’era solo una strada dritta che tagliava un’infinita distesa di terra intoccata. Gli unici intervalli erano creati da collinette rocciose sulle quali è cresciuto un manto di muschio.

Il fenomeno peraltro si spiegava facilmente, in quanto non ci trovavamo più soltanto nel punto più a nord della Norvegia, ma anche su un’isola. Quando si parla di Capo Nord spesso ci si riferisce semplicemente al punto nel quale è stato installato il globo, ma Nordkapp da queste parti significa molto più di un semplice monumento in metallo.

Nordkapp infatti, il comune più a nord d’Europa, si presenta come una bizzarra isola fatta di enormi ritagli di roccia che sprofondano nel mare, numerosi laghi creati col ghiaccio sciolto e ogni tanto qualche casetta dai colori accesi qua e la. I villaggi che avvistavamo nei punti in cui la strada si apriva sul panorama, difficilmente superavano i 20 edifici e a tratti sembrava quasi che l’uomo non fosse mai passato da lì. Remoto, primordiale, aspro, affascinante.

Capo Nord panorami
Scenari naturali inaspettati di Capo Nord

Ci dirigemmo al campo base dove avremmo passato la notte, chiamato così proprio per la sua vicinanza al museo più a nord d’Europa; appena 15 chilometri ci separavano dalla nostra meta.

Il vento correva velocissimo quel giorno, complice anche il particolare punto geografico che, a detta dei locali, non ha mai visto un giorno senza vento. Dovevamo correre anche noi per arrivare in tempo prima che le nuvole coprissero tutto, il momento di sole non sarebbe durato a lungo.

Di nuovo a bordo per l’ultimo tratto, chilometro dopo chilometro ci avvicinavamo alla fine di questa nostra lunga strada, sempre più sgomenti man mano che il territorio si alzava progressivamente.

Da lontano avvistammo il museo di Capo Nord, lo stabile che oltre al famoso globo contiene anche un cinema (in cui viene proiettato un documentario di Nordkapp), un bar, un negozio di souvenir ed un enorme parcheggio (incluso nel pagamento d’ingresso alla struttura, circa €28 a persona).

Alcuni turisti, notavamo, si avvicinavano alla struttura camminando; probabilmente per voglia di godersi il paesaggio il più possibile, altri forse per conquistare, gratuitamente, la meta del proprio viaggio. L’ingresso d’altronde era gratuito ai pedoni e ai ciclisti, in Norvegia l’eco sostenibilità è presa molto a cuore.

In moltissimi arrivavano come noi da ogni parte dell’Europa, fra le parole e le espressioni di gioia l’eccitazione si palpava nell’aria. Eravamo tutti li per lo stesso motivo: afferrare qualcosa di nostro, di forte, di emozionante, di profondo.

Ci avvicinavamo a grandi falciate al nostro obiettivo, quella simbolica vetta ormai non era più soltanto un pendio, un tratto di costa o una finestra sul Polo. Essere finalmente arrivati in quel remoto luogo del pianeta adesso significava ogni cielo stellato, ogni assaggio, ogni abbraccio, ogni notte in tenda, ogni sorriso e ogni tramonto avevamo visto fino a quel giorno, e anche di più. 70 giorni, 10 mila chilometri guidati, 5 traghetti, 20 città, 8 Paesi, 1 gomma forata, 2 anime e 1 auto: significava afferrare un sogno.

Ps. Il sole è durato 10 minuti, ma sono stati fra i più intensi della nostra vita.