Queste isole si propongono come una pausa ideale, una piacevole evasione dal grigiore dei nostri mesi invernali. Le Isole Fortunate, come vennero battezzate dai Fenici nell’antichità, sono secondo alcuni ciò che rimase della mitica Atlantide, che alimentò per secoli leggende e storie che ancor oggi stimolano la fantasia e incuriosiscono uomini di scienza. Vallate lunari, coste scoscese, spiagge di sabbia nera o bianchissima, ma anche oasi di verde, foreste di pini, castagni, in un esplosione di gerani, bouganvillee e sterlizie.
Lanzarote, più di ogni altra isola dell’arcipelago delle Canarie non è Africa e non è Spagna, è solo la magica Lanzarote che sfugge a qualsiasi definizione, perché ogni aggettivo risulta troppo sfumato, per rendere la moltitudine di sensazioni che si provano di fronte all’intatta e grandiosa bellezza di questa terra. Una terra in cui sembra che l’ultimo giorno della creazione non sia ancora arrivato.
La prima impressione è di trovarsi in un mondo primitivo, un luogo quasi lunare che produce una sensazione di cataclisma. Ed effettivamente, in epoche abbastanza recenti, come nei secoli XVIII e XIX, si verificarono alcune terribili eruzioni vulcaniche che distrussero circa 200 kmq dell’isola, trasformando completamente le sue caratteristiche. Gli innumerevoli coni vulcanici marcati a fuoco e le sue valli carbonizzate danno forma ad un paesaggio misterioso, molto vario e con forti contrasti di colore la cui contemplazione rappresenta un’esperienza unica al mondo. Lanzarote fa parte di quelle isole leggendarie che i poeti hanno cantato e gli antichi navigatori scoperto ai limiti del loro mondo. Vi dimoravano le sette figlie di Esperide, figlia di re Atlante e della Notte, nutrendosi di mele d’oro protette da un drago con cento teste. Dei e mostri ne impedivano la conoscenza ai comuni mortali, sempre alla scoperta di nuove terre e avventure, come avvenne per la flotta egiziana del faraone Bousiris: innamorato pazzo delle sette sorelle, famose per la loro celestiale bellezza, si spinse troppo oltre lo stretto di Gibilterra, incontrandovi Ercole, messo a loro difesa, che la fece precipitare negli abissi dell’Atlantico.
Tutto è affascinante e misterioso in quest’isola che offre al visitatore la possibilità di viaggiare nella preistoria, tra il caos naturale, le sorprese della flora, il silenzio delle coste ancora solitarie, la fatica su montagne mediamente elevate, l’andare per deserti, osservando le attività indigene e godersi il piacere dei bianchi villaggi, o la magica visione delle frustate marine che si dissolvono nell’abisso. Le forze della natura sono impresse ovunque in quest’isola, naturale confine del mondo atlantico noto, con profonde piaghe di lava pietrificata e crateri battuti dalle tempeste.
Alla Montagna di Fuoco, dove la terra scotta, si dice che basta fare una buca per cuocere le uova o per provocare immense colonne di vapore: lo sanno bene i numerosi registi che vi hanno ambientato i loro film di fantascienza. Anche la flora costituisce una tavolozza singolare: dalle piante grasse al sempreverde della conifera, dalle ginestre alle bouganvillee, dalle palme ai fiori di montagna, ogni albero e ogni fiore sembra nato per un incantesimo sull’antico magma.
Alla magia della natura si aggiunge il lavoro certosino dei coltivatori di quest’isola: uomini e donne che, giorno dopo giorno, senza alcun risparmio di fatica, si adoperano per rinnovare il miracolo di far produrre cibo a questa terra completamente calcinata. La Geria ne è l’esempio più significativo, con la sua infinita successione di piccoli crateri preparati dall’uomo, al fondo dei quali cresce la vite che produce lo squisito vino Malvasia: piante basse che strisciano sul terreno in cerca dell’umidità trattenuta dalle ceneri vulcaniche, anche durante il calore diurno. Il risultato di tale naturale meccanismo è un vino corposo e di carattere, a cui si aggiungono i famosi meloni e cocomeri, uva e fichi, pomodori e cipolle.
Per gli indigeni, le giornate scorrono lente e monotone, in un clima quasi patriarcale, fatto di piaceri genuini e prodotti della terra, di pane cotto al forno e acqua di pozzo, sotto un sole sfolgorante e una solitudine immensa. Alcuni hanno un dromedario: segno inequivocabile di benessere. Il suo uso è infinito: animale da soma per eccellenza, viene aggiogato all’aratro, tira i carri e porta a passeggio i turisti. Una vera e propria benedizione per questa gente, perché mangia poco e beve meno: qui l’acqua è preziosa, così l’erba per il suo pasto di povera bestia.
Capoluogo dell’isola è Arrecife, una cittadina allegra e pulita, sorprendentemente bianca. Sul porto di pescatori con un’intensa attività commerciale, spiccano i castelli di San Gabriel e di San José, da cui si snodano le piazze immacolate del Reducto, Guacimeta e Playa Blanca. A venti minuti di auto, lungo nastri d’asfalto che tagliano le colate di lava, colline di ceneri e oasi dove i “campesinos” coltivano anche tabacco, patata americana, piselli, aglio e fagioli, s’incontra la cittadina di Tìas, un paesaggio tra i più suggestivi di Lanzarote, in cui esiste un’attrezzatissima urbanizzazione che può accogliere turisti di ogni livello.
Tra le numerose attrattive dell’isola, alcune sono veramente singolari e indimenticabili. Nel Malpais de la Corona, ad esempio, si trova una delle grotte più impressionanti che si siano mai viste: la Cueva de los Verdes, un immenso cilindro vulcanico lungo sei chilometri, nel quale anticamente, scorreva il magma incandescente e al suo confronto la grotta di Nerja, a Malaga, diventa una bazzecola. All’estrema punta dell’isola si ammira un panorama esclusivo del Mirador del Rio, una specie di bunker sofisticato, ricavato nella viva roccia dal geniale architetto Cesar Manrique, quello stesso che creò le fantastiche piscine di Puerto de la Cruz. Insomma un condensato di seduzioni che trova il suo epilogo naturale nell’interno, dove i vulcani hanno eruttato per secoli e si sono placati solo nell’Ottocento. Nonostante la grande attenzione all’ambiente e la sensazione di incontaminazione, le sue spiagge sono particolarmente attrezzate e fornite di strutture dedicate agli sport acquatici, tra windsurf, vela o pesca offrendo paradisi balneari dall’ambiente unico. Un consiglio…per vivere quest’avventura senza correre troppi rischi è bene appoggiarsi a tour operator, con una organizzazione completa che possa fornire l’aereo, il soggiorno in hotel di ottima categoria ed escursioni, permettendo anche di conoscere il territorio in piena sicurezza e tranquillità come merita un viaggio del genere. Per maggiori informazioni, vi suggeriamo il sito dell’ente del turismo di Lanzarote.
Testo di Giuseppe Barbieri – giornalista di viaggio
Foto di Giuseppe Barbieri e Ufficio del Turismo