Una scoperta sensazionale nel Parco di Vulci

Gli ultimi scavi archeologici hanno portato alla luce tre urne funerarie della prima Età del Ferro

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Ilaria Santi

Giornalista & Travel Expert

Giornalista, viaggia fin da quando era bambina e parla correntemente inglese e francese. Curiosa, autonoma e intraprendente, odia la routine e fare la valigia.

Il Parco di Vulci non smette mai di sorprendere. È proprio delle ultime ore una nuova e sensazionale scoperta. Gli ultimi scavi archeologici hanno portato alla luce tre urne funerarie della prima Età del Ferro. Le tombe, rinvenute in una zona isolata del parco, su una collinetta del versante Est della necropoli di Poggetto Mengarelli, risultano perfettamente conservate.

Le tre tombe “a pozzetto” risalgono alla prima Età del Ferro e sono considerate un ritrovamento molto raro. La loro datazione è calcolata tra la fine del X secolo e l’inizio del IX a. C.. Secondo le indagini antropologiche già effettuate, sembrerebbe trattarsi di una famiglia, vissuta nel IX secolo a.C.. “L’urna più grande contiene le ceneri che appartenevano a un maschio adulto”, ha spiegato a SiViaggia Carlo Casi, direttore del parco di Vulci, “quella di medie dimensioni a una donna e quella più piccola a un bambino di età compresa tra i 9 e gli 11 anni”.

I tre vasi di ceramica delle urne, che erano coperti da una ciotola e chiusi con una lastra calcarea, riportano delle decorazioni: una serie di puntini, di figure geometriche e stilizzate come triangoli capovolti, una simbologia tutta da interpretare.

Dopo quasi tremila anni, dunque, tornano alla luce i primi abitanti di Vulci, i genitori degli Etruschi appartenenti alla Cultura villanoviana. La scoperta non è stata casuale. Era da tempo che il team di archeologi capitanati dal direttore del parco erano alla ricerca di qualcosa di sensazionale. “Dopo 150 tombe scavate le abbiamo trovate. Vulci ci ha restituito questa sorpresa, era da tempo che lavoravo al ritrovamento di questa necropoli”, ha commentato Casi.

Gli scavi sul Poggetto Mengarelli, iniziati nel 2015 a seguito di un tentativo di scavo clandestino che portò al recupero della tomba dello “Scarabeo dorato” e a un contesto molto ricco, con oltre 100 sepolture, stanno consentendo l’allargamento del raggio d’azione della ricerca e di conoscenza, in futuro, per la ricostruzione sempre più completa della storia della città di Vulci.

“Questa scoperta getta una nuova luce sulla storia di Vulci”, ha commentato Casi. “Mai prima di adesso ricerche sistematiche avevano rinvenuto tombe così antiche. Un nuovo tassello sulla storia e sulle origini degli Etruschi e di Vulci è stato scoperto”.

Le analisi sulle tre urne non sono state ultimate, l’esito delle indagini sarà rivelato in occasione di un convegno che si terrà il 3 dicembre prossimo dal titolo “Vulci in progress”.

Siamo seduti su una miniera d’oro, aveva rivelato Casi in occasione della penultima importante scoperta a Vulci. “Ci sono centinaia di migliaia di tombe che sono pronte per essere trovate. Qui sotto c’è una città che esisteva 6-7 secoli prima di Roma, ci sono centinaia di ettari di necropoli, quasi tutti inesplorati”.

Nel Parco archeologico di Vulci, immerso nella Maremma tosco-laziale, non è la prima volta che vengono fatti importanti ritrovamenti. Proprio a Vulci è stata fatta una delle più importanti scoperte archeologiche dello scorso anno: la tomba di un bambino appartenente a una famiglia aristocratica di origine etrusca risalente al IV-II secolo a. C..

La pandemia e le zone rosse d’Italia non hanno fermato neppure per un istante gli scavi archeologici nel Parco di Vulci. All’aria aperta e con il dovuto distanziamento non c’è Covid che tenga. “Ora stiamo scavando da un’altra parte della necropoli ed estenderemo l’area di intervento”, ha rivelato Casi.