I Greci la chiamavano “fiamma” per le lingue di fuoco che si levavano dai suoi forni. La sua terra rossa anticipava il colore di cui si sarebbero tinti i campi di battaglia sotto la pioggia dei dardi romani armati con punte fatte del suo ferro. Erano segni premonitori di una storia combattuta e aspra, fatta di dominazioni e conquiste, susseguitesi senza sosta dai tempi dei Romani all’Ottocento, di saccheggi e distruzioni “firmate” nei secoli dai Longobardi, dai Saraceni, da flotte di pirati e incursioni aeree dei tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale.
Oggi, fortunatamente, le uniche “battaglie” che hanno luogo all’Elba, la più grande delle isole che compongono il Parco dell’Arcipelago Toscano (le altre sono Giglio, Giannutri, Montecristo, Pianosa, Capraia e Gorgona) sono quelle tra i turisti per accaparrarsi un buon posto su una delle 70 e più spiagge che ne delimitano i 223 km quadrati. Lunghe distese di sabbia rendono verdi le acque dei golfi Stella, di Marina di Campo e Lacona a sud e di Procchio e Portoferraio a nord, mentre il lato occidentale è blu intenso per gli scogli piani e verticali che si tuffano nel Tirreno. Non mancano poi arenili di sassi, come quelli candidi tra l’Enfola e Portoferraio, nella parte centrale settentrionale.
Ma non di solo mare vive “l’isola del ferro”, al cui interno sono poche o nulle le pianure. Al contrario colli e rilievi, cui si aggrappano alberi profumati di pino marittimo ed eucalipto e cespugli di rosmarino e finocchiona, si rincorrono dal selvaggio Volterraio (a est) fino alle pendici del Monte Capanne. Con i suoi 1.018 metri è questa la vera “vedetta” dell’isola, il punto d’osservazione privilegiato – cui si giunge con una impegnativa passeggiata o una rapida ascensione in cabinovia – del profilo “a pesce” dell’isola e del continente, che dista circa 20 km.
Impossibile però dimenticare che qui, per poco meno di un anno tra il 1814 e il 1815, regnò uno dei “giganti della storia”, Napoleone Bonaparte. Le sue tracce si trovano ancora nella bandiera bianca con striscia rossa trasversale solcata da tre api, issata per consentire lo sbarco dell’imperatore a Portoferraio il 4 maggio 1814, nella Villa dei Mulini sul forte mediceo di Portoferraio, da dove Bonaparte osservava il mare in attesa della fuga, e nella sontuosa villa estiva di San Martino. E proprio nelle due dimore, fino al 12 settembre, torna l’empereur attraverso un’esposizione, Fasto imperiale, i tesori della Fondation Napoléon di Parigi, che ne descrive, attraverso simboli dello sfarzo regale ma anche tantissimi oggetti legati all’uso quotidiano, la vita ufficiale e quella più intima. In fondo, dicono gli organizzatori, il rapporto tra il generale e l’Elba «non poteva finire con una fuga dopo un ballo di Carnevale».
E perfetta per quel ballo sarebbe stata la musica che risuona nelle più belle cittadine isolane. Inserita nella più ampia rassegna del Toscana Jazz Festival, la “deviazione” elbana coinvolge le piazze di Capoliveri (il rifugio collinare dello scrittore Giorgio Faletti), Rio nell’Elba (dove dalla terra trasuda ancora l’odore del ferro) e Campo nell’Elba.
Troppo sofisticato? Niente paura, le alternative non mancano. Se si cerca un divertimento più giovane i tanti locali sparsi per tutta l’isola d’Elba e le spiagge dello “sballo”, in cima alla lista quella di Cavoli e Lacona, sono pronti allo scopo; se il desiderio è invece quello di toccare la tradizione più verace, a cavallo di Ferragosto c’è solo da prepararsi a un’indigestione di feste patronali: da Seccheto a Marciana (alta e Marina) e Rio Marina con un piatto di pesce fresco, buon vino locale e una fetta di “schiaccia briaca” affogata nell’aleatico.