Palmira potrebbe rinascere, la situazione nel sito archeologico in Siria

Distrutta dagli attacchi dell’ISIS dieci anni fa, l'antica città della Siria potrebbe tornare al suo antico splendore

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Ilaria Santi

Giornalista & reporter di viaggio

Giornalista, viaggia fin da quando era bambina e parla correntemente inglese e francese. Curiosa, autonoma e intraprendente, odia la routine e fare la valigia.

Pubblicato: 20 Febbraio 2025 18:11

Distrutta dagli attacchi delle milizie dell’ISIS dieci anni fa, l’antica città di Palmira, in Siria, potrebbe tornare al suo originale splendore grazie all’opera di studiosi, storici e archeologi. Il sito, di enorme importanza nel corso dei secoli passati, crocevia di culture nel corso dei secoli, da quella greca all’islamica, passando per romani e persiani, nell’antichità era anche chiamata la Sposa del Deserto. Era considerata, infatti, una sorta di oasi per viaggiatori e mercanti che si cimentavano nell’attraversamento delle regioni desertiche della Siria e uno snodo chiave dell’antica rete della Via della Seta. Situata nel deserto siriano, a circa 250 chilometri da Damasco, è nota per le rovine di epoca romana risalenti a 2.000 anni fa. Nel 1980 era stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

La rinascita di Palmira

Di recente, gli esperti si sono ritrovati sul sito dell’antica città romana per capire come ripristinare l’area e tornare a farne un luogo di interesse turistico, gettando così le basi per un rilancio. A oggi, Palmira è in gran parte un insieme di colonne frantumate e di templi danneggiati. I lavori per il recupero di Palmira sono già iniziati qualche anno fa grazie ai fondi raccolti dall’Unesco che è intervenuta con 150mila dollari per il recupero del Portico del Tempio di Bel, nonostante ci siano dubbi sull’effettivo intervento.

Nell’ottobre del 2017 è stato, invece, completato il restauro del leone di Al-lāt (una scultura del I secolo d.C.) da parte del Museo Nazionale di Damasco. Anche l’Italia ha avuto un ruolo grazie all’invio di ricercatori che si sono resi protagonisti del restauro di due statue funerarie dal duplice valore, storico e morale. Queste vennero, infatti, nascoste fuori dalla città dall’archeologo e direttore del Museo e del sito archeologico di Palmira Khaled al-Asaad, ucciso proprio dall’ISIS, che fino all’ultimo provò in tutti i modi a tutelare questo patrimonio della Terra.

PALMIRA-SIRIA
Fonte: ANSA
Palmira, la Sposa del Deserto

Purtroppo, nel corso degli ultimi dieci anni, molte razzie sono state fatte, ha spiegato Ayman Nabu, ricercatore ed esperto di rovine. Sette delle sculture rubate per fortuna sono state recuperate e messe in un museo a Idlib, altre 22, invece, sono state portate fuori clandestinamente. Molti pezzi sono probabilmente finiti nei mercati clandestini o in collezioni private.

La distruzione di Palmira

Le milizie dell’ISIS distrussero il sito archeologico tra il 2015 e il 2016. Le immagini drammatiche della devastazione fecero il giro del mondo. Prima della rivolta siriana, iniziata già nel 2011 e poi degenerata in una guerra civile, Palmira era la principale destinazione turistica della Siria, in grado di attirare circa 150.000 visitatori al mese. I militanti dell’Isis hanno distrutto i templi storici di Bel e Baalshamin e l’Arco di Trionfo di Palmira, considerandoli monumenti all’idolatria. Molti degli edifici rimasti in piedi sono comunque stati danneggiati e gli affreschi ricoperti di scritte. Il lavoro di recupero sarà lungo, ma non perdiamo la speranza di poter tornare a visitare uno dei luoghi del potere più importanti del passato e soprattutto simbolo di civiltà.