La classificazione sismica del territorio italiano è un aspetto cruciale per garantire la sicurezza e la salvaguardia degli edifici e delle popolazioni. Questa classificazione si basa sull‘analisi storica dei terremoti che si sono verificati nel passato, suddividendo il territorio in zone sismiche.
Le zone sono definite in base all’intensità e alla frequenza dei terremoti e servono per applicare normative specifiche nella costruzione di abitazioni e edifici pubblici. La scala di classificazione nazionale è articolata in quattro zone, numerate da 1 a 4, dove la zona 1 rappresenta il maggiore rischio sismico e la zona 4 il minore. Vediamo come si suddivide il rischio sismico sul territorio italiano in base alla scala appositamente studiata per misurarlo.
Indice
Cos’è la scala del rischio sismico
Secondo il provvedimento legislativo del 2003, tutti i comuni in Italia sono stati catalogati in quattro categorie principali. Queste categorie sono determinate in base al PGA, ovvero il Peak Ground Acceleration, che rappresenta il picco di accelerazione del suolo durante un terremoto. Questa misura è fondamentale per comprendere l’entità del rischio sismico e per pianificare le costruzioni in modo adeguato.
Zona 1 (maggiore rischio)
La zona 1 è la zona più pericolosa, di colore rosso, dove possono verificarsi terremoti di elevata intensità (PGA oltre 0,25 g). Comprende 708 comuni, principalmente situati nel centro-sud Italia. Le regioni a maggiore rischio includono l’Umbria, L’Aquila in Abruzzo, il Molise, la Campania e la Calabria, fino alla punta dello Stivale. Alcune aree della Sicilia e un segmento del Friuli Venezia Giulia al confine con la Slovenia rientrano anch’esse in questa classificazione.
Zona 2 (rischio medio-alto)
In questa zona si possono verificare forti terremoti (PGA fra 0,15 e 0,25 g), che interessano ben 2.345 comuni. In Toscana, alcuni comuni sono classificati in Zona 3S, una sotto-categoria della Zona 2, dove è previsto l’obbligo di calcolo dell’azione sismica. Il centro Italia, in particolare, ha subito eventi sismici significativi negli ultimi mesi. Al Nord, il rischio è concentrato nella zona di Vicenza e in Emilia Romagna, con aree critiche attorno a Bologna e Modena. Anche la parte orientale della Sicilia, da Messina a Palermo, rientra in questa categoria.
Zona 3 (rischio medio-basso)
Questa zona può essere soggetta a terremoti forti, ma con bassa frequenza (PGA fra 0,05 e 0,15 g). Comprende 1.560 comuni, tra cui tutte le coste italiane, il Piemonte occidentale, la Valle D’Aosta, la Liguria e gran parte della Lombardia, del Trentino e del Veneto. Anche il resto della Toscana e parte del Lazio rientrano in questa classificazione.
Zona 4 (minore rischio)
La zona meno pericolosa, caratterizzata da PGA inferiore a 0,05 g, comprende 3.488 comuni. Qui, i terremoti sono rari e si registrano in aree come la Sardegna, Brindisi, Trapani, e gran parte del Trentino Alto Adige, nonché nella città di Milano.
L’importanza della classificazione sismica
La classificazione sismica ha un’importanza fondamentale nella gestione della pianificazione urbanistica e nel controllo del territorio da parte degli enti preposti. Questo tipo di classificazione, infatti, consente di adottare misure preventive e di protezione, mirando a ridurre i danni in caso di eventi sismici. Le normative edilizie sono strettamente legate a questa classificazione e impongono alcuni precisi requisiti costruttivi volti a garantire la sicurezza degli edifici nei centri abitati.
Ad esempio, in zone a maggiore rischio, come la Zona 1, è necessario utilizzare materiali e tecniche di costruzione che possano resistere a scosse sismiche di alta intensità. Le strutture devono essere progettate tenendo conto della possibilità di un terremoto e ciò implica l’adozione di sistemi di isolamento sismico, rinforzi strutturali e un’attenta valutazione del terreno su cui sorgono.
I terremoti degli ultimi anni in Italia
L’Italia ha una lunga storia di terremoti devastanti e gli eventi recenti hanno messo in luce l’importanza della preparazione e della resilienza. Ad esempio, il terremoto che ha colpito L’Aquila nel 2009 ha sollevato non pochi interrogativi sulla sicurezza delle costruzioni esistenti e sulla necessità di interventi di adeguamento sismico dopo anni dall’impianto dei centri urbani.
Uno dei più tristemente famosi in Italia è il terremoto di Messina, avvenuto il 28 dicembre 1908, che colpì la città di Messina e la vicina Reggio Calabria. Con una magnitudo stimata di 7.1, questo evento causò la morte di oltre 100.000 persone e devastò ampie aree urbane, segnando una delle più gravi catastrofi naturali della storia italiana.
Il terremoto de L’Aquila, invece, risale al 6 aprile 2009. Questo sisma, con una magnitudo di 6.3, ha colpito la città dell’Aquila e i comuni circostanti, causando 309 vittime e ingenti danni materiali.
Il terremoto di Amatrice, avvenuto il 24 agosto 2016, rappresenta un’altra tragedia. Con un’intensità di 6.0, questo sisma ha colpito il centro Italia e causato 299 morti, devastando numerosi paesi e evidenziando le vulnerabilità delle costruzioni nelle aree sismiche.
A Pretare, nelle Marche, uno dei più forti terremoti risale al 26 ottobre 2016, nonostante sia considerato parte di una serie di scosse che interessarono il centro Italia in quel periodo. Questo terremoto, di magnitudo 6.5, fu uno dei più potenti nella sequenza sismica che si verificò in quell’anno.
Il terremoto di Irpinia, invece, colpì il territorio in Campania il 23 novembre 1980, con una magnitudo di 6.9, causando circa 3.000 morti, nonché devastando città come Teora e Lioni.
Anche il terremoto di Firenze, avvenuto il 9 agosto 1895, è da ricordare. Sebbene non sia stato tra i più mortali, con una magnitudo di circa 5.4, ha danneggiato significativamente la storica città, evidenziando la vulnerabilità delle strutture architettoniche e portando a riflessioni sulla sicurezza dei beni culturali.
Infine, il terremoto di Bologna del 20 maggio 2012, che ha registrato una magnitudo di 5.9, si è abbattuto sulla regione dell’Emilia-Romagna, causando 27 vittime e ingenti danni agli edifici, in particolare nelle province di Modena e Ferrara.