Le città nel mondo dove gli affitti su Airbnb sono limitati o addirittura proibiti

Lisbona, Praga e Parigi sono alcune delle città che hanno posto restrizioni sugli affitti a breve termine. Ecco perché

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Redazione

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Chiunque abbia fatto nella sua vita, del viaggio una costante, conosce bene Airbnb, azienda leader degli affitti a breve termine che consente un contatto diretto, attraverso l’omonimo portale online, tra proprietari di casa e viaggiatori di passaggio.

Negli ultimi anni, se è vero che Airbnb è stato un punto di riferimento per le prenotazioni di alloggi per viaggi e vacanze, anche grazie alla possibilità di affittare abitazioni private o parti di queste a prezzi modici, è vero anche che le politiche che riguardano questi accordi hanno creato non pochi problemi alle città e ai loro residenti.

Gli affitti, attraverso Airbnb, sono infatti visti come una potenziale minaccia per i residenti sostanzialmente per due motivi: i proprietari preferiscono mettere a disposizione le case per gli affitti brevi, perché più conveniente, piuttosto che per quelli a lungo termine mentre i residenti, invece, temono che i quartieri più tranquilli della città diventino soggetti di un afflusso turistico non controllato.

E questo è vero soprattutto per tutti quei territori che attualmente combattono contro la piaga dell’overtourism. Esemplare è l’azione di Praga che, alcuni mesi fa, ha avviato un piano per preservare la città limitando ai proprietari degli immobili l’affitto degli stessi su Airbnb. Così in altri Paesi, gli affitti tramite piattaforma, sono stati limitati o addirittura proibiti per le più diverse ragioni.

In particolare Parigi, Barcellona e Santa Monica, in California, hanno alcune delle politiche più restrittive per quanto riguarda chi può o non può affittare tramite Airbnb. Nel caso ad esempio della capitale francese, si sta operando, sin dal 2018, per regolarizzare al meglio l’utilizzo della piattaforma perché si crede che a causa di questa, la popolazione locale si stia sempre più allontanando da Parigi. Sembrerebbe che la colpa sia dei proprietari delle case che, al posto degli inquilini, preferiscono i viaggiatori.

A Charleston, in Carolina del Sud, fino al 2018 Airbnb e altre piattaforme similari erano completamente proibite. Oggi, la città ha deciso di consentire l’utilizzo degli affitti a breve termine a patto che l’host viva nell’abitazione che ha deciso di affittare.

Anche in New Jersey, l’utilizzo di Airbnb, da parte degli host prevede delle restrizioni. In particolare gli host possono solo affittare una porzione della loro casa, a patto che, abbiano la residenza nell’abitazione e che siano presenti durante il soggiorno dell’ospite. L’affitto di intere case è quindi vietato.

La stessa politica è stata adottata dalla città di New York, che a oggi è in assoluto il più grande mercato statunitense legato ad Airbnb.

Esemplare, e anche recente, è il caso di Lisbona. Il sindaco, Fernando Medina, ha deciso di riconvertire tutte le case destinate ai turisti, e messe in affitto su Airbnb, in alloggi per i residenti della città.

Anche la capitale portoghese, infatti, ha subito il destino delle altre città del mondo: gli affitti turistici hanno fatto aumentare i prezzi degli immobili negli ultimi anni, costringendo i lavoratori e le famiglie a trovare casa fuori città. L’intenzione è quella di invertire la tendenza, incentivando economicamente, i proprietari di case, a mettere a disposizione gli affitti ai residenti.