Moena, la fata delle Dolomiti

All'alba e al tramonto le sue cime innevate si tingono di rosa creando scenari da fiaba

Quando il sole sorge e quando tramonta, Moena si trasforma: nascono suggestivi giochi di luce e di ombre, mentre le sue cime innevate si tingono di rosa, creando scenari da fiaba in un contesto che appare già naturalmente magico. E’ proprio per tale fenomeno di rifrazione luminosa che la località della Val di Fassa è soprannominata la “fata delle Dolomiti”.

L’effetto magico del luogo ha anche una spiegazione leggendaria: Re Laurino viveva insieme alla figlia Ladina in uno splendido giardino di rose, ma un giorno la fanciulla innamorata decise di fuggire con il cavaliere del Latemar. L’ira del re trasformò il giardino di rose in montagna di roccia, lasciando invariato il suo colore rossastro.

Moena, la fata delle Dolomiti, sorge sopra un’ampia conca alluvionale circondata dalle cime della Vallaccia e del Latemar. La tradizione vuole che, verso l’anno Mille, un gruppo di pastori si sia qui insediato costituendo il primo agglomerato. A distanza di un millennio, questo è il paese della valle con il maggior numero di abitanti. E si è venuto a trasformare, negli ultimi anni, anche in importante centro turistico. Moena è delicatamente incastonata fra le rocce, i minerali e fossili di montagne dallo straordinario interesse scientifico. Ed è circondata da meravigliose cime delle Dolomiti, come le guglie del Latemar, la Vallaccia e le propaggini del valico di Costalunga.

Il nome di Moena vuole indicare un terreno fertile e ricco di acque; anche la tradizione locale racconta di un antico lago bonificato col duro lavoro. E lo stemma comunale ottocentesco, raffigurante un barcaiolo che guida la sua piccola imbarcazione dal buio verso la luce, ne è la controprova.
Per chi non fosse attratto solo dalle innumerevoli e famose piste sciistiche, una passeggiata per il centro vale il viaggio. Tra i posti da visitare, gli antichi edifici di Casa Ramon, al centro della via principale dei traffici, dove un tempo si riscuotevano le gabelle, e Casa del Dazio, seconda sede di riscossione di dazi.

Da vedere le due chiese, quella di San Volfango e di San Vigilio, una accanto all’altra. La prima, ricca di affreschi risalenti al 1400, fu costruita intorno all’anno Mille e fu dedicata al santo protettore dei boscaioli. La seconda, invece, è stata consacrata nel 1164: al suo interno gli affreschi dell’artista moenese Valentino Rovisi ed altri particolari, come il crocifisso e i disegni delle vetrate di Cirillo Dellantonio.