La passerella sospesa tra cielo e mare nel cuore del Mediterraneo

Cielo, mare e infinito: la passerella sospesa del Mucem di Marsiglia è uno spettacolo non solo da vedere, ma anche da attraversare e scoprire

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Redazione

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C’è un luogo fantastico che sembra invitare a toccare il cielo e, al contempo, fare un tuffo dove l’acqua è più blu: è la passerella del Mucem, il Museo delle civiltà dell’Europa e del Mediterraneo di Marsiglia. Un cammino che non è solo fisico e suggestivo, ma anche metaforico, perché collega due sponde del nostro mare e lancia un messaggio di uguaglianza, di comunicazione e inclusione.

La passerella, sospesa tra cielo e mare, si eleva a diversi metri dal livello dell’acqua e, vista da lontano, sembra quasi una linea sottile, un filo su cui tantissime persone possono camminare per toccare due mondi apparentemente distanti che, invece, sono incredibilmente vicini.

Il Mucem e l’idea della passerella

Ma facciamo un passo indietro e proviamo a spiegare in cosa consiste il Mucem, uno dei capolavori di Marsiglia. Nato nel 2013, è uno dei più grandi e importanti musei etnografici del mondo intero. Si estende su un totale di quasi 56.000 metri quadrati ed è formato da due edifici: uno è lo storico Forte di Saint-Jean, fatto costruire e inaugurato nel 1660 da Luigi XIV di Francia e l’altro è un complesso moderno progettato dall’architetto francese Rudy Ricciotti.

Una passerella incantevole, intrisa d'arte: è quella del Mucem di Marsiglia

L’idea alla base del Mucem è quella, come abbiamo già accennato, di collegare il passato e il presente. Per questa ragione è nata la suggestiva passerella, che va dall’edificio ultramoderno progettato da Ricciotti al Forte, estendendosi per oltre 115 metri.

Il Forte, l’edificio moderno e la passerella sospesa

La passerella sospesa, dunque, collega uno dei monumenti storici della città francese a un edificio moderno e all’avanguardia. L’idea di dar vita al cammino sospeso è nata in corso d’opera, quando si stava progettando l’edificio ultramoderno di Ricciotti in occasione della proclamazione di Marsiglia come Capitale Europea della Cultura 2013. Nel corso del 2012, il Forte di Saint-Jean era stato ristrutturato su progetto dell’architetto Roland Carta e le sue parti più elevate si prestavano, dunque, come appoggio più che solido per questo “ponte”.

La passerella del Mucem di Marsiglia

Dall’altro lato, l’edificio progettato da Ricciotti (che prende il nome di J4) era altrettanto perfetto come punto d’avvio/d’arrivo del ponte. Costruito da due solidissimi parallelepipedi a base quadrata e sormontato da una sorta di “scatola” contraddistinta da trafori in calcestruzzo fibro-rinforzato, sembrava naturalmente portato ad accogliere il passaggio. Così, detto fatto: nel giro di un solo anno i due edifici sono stati connessi e passeggiare lungo la passerella è diventata un’esperienza da non perdere.

L’essenza del Mucem e della passerella

Il passato e il presente si incontrano e ci rendono chi siamo: questo è il senso del Mucem e della sua passerella, senza troppi fronzoli e senza giri di parole. La missione di entrambi gli edifici connessi dal “ponte” è, infatti, quella di analizzare e raccontare tutte le radici del Mediterraneo, culla della civiltà, narrando tutte le tensioni e le passioni che le hanno attraversate e che, ancora oggi, le attraversano. Il Forte raccoglie al suo interno le mostre permanenti sui resti più antichi e accoglie i visitatori con un giardino botanico (il Giardino delle Migrazioni) che ha alberi, fiori e arbusti tipici del Mediterraneo.

La passerella del Mucem di Marsiglia

J4 accoglie, invece, le mostre temporanee e l’arte più moderna e già di per sé costituisce un’opera d’arte: è a conti fatti un enorme frangisole, che grazie ai suoi pannelli in vetro e ai succitati trafori in calcestruzzo fibro-rinforzato, cambia colore in base al momento della giornata e alle condizioni climatiche, per altro accogliendo e rifrangendo anche i riflessi dell’acqua. Attraversare la passerella, dunque, ci ricorda che ogni parte del nostro tempo ci rende ciò che siamo oggi. E può insegnarci, decisamente, a essere inclusivi e migliori.