«Vediamolo da vicino questo mare profondissimo e mugghiante tra quelle immani scogliere» scrisse Telemaco Signorini dopo aver visitato Riomaggiore, «Questo mare ligure visto da questo scalo, ebbe tali attrattive per me, che la maggior parte del tempo ho passato nell’ammirazione e nel desiderio di poterlo riprodurre nella sua sterminata massa e nei suoi prodigiosi dettagli». È così che lo si può ammirare dal sentiero scavato nella roccia che porta a Manarola. Uno specchio calmo e blu intenso nelle giornate più belle, dalla potenza impetuosa, appena illuminato dai raggi del sole che filtrano dalle nubi, in inverno. Metafora che sia o solo un sentiero che l’uomo ha strappato alla montagna, è all’amore che questa via è dedicata, una passeggiata delle più romantiche, soprattutto nei giorni qualsiasi quando non è popolata di turisti che coprono il suono delle onde e della natura.
Simbolo per eccellenza delle Cinque Terre (il Parco per tutelarla ha introdotto un ticket per l’ingresso), nacque tra gli anni Venti e Trenta, tracciata tra le arenarie dai minatori che lavoravano al raddoppio della linea ferroviaria che collega Genova e La Spezia per ricavare dei depositi sicuri per gli esplosivi. Terminati i lavori e smantellate le polveriere, gli abitanti di Riomaggiore e Manarola iniziarono a scavare la parete per collegare i primi due tratti: fu poi merito della suggestiva bellezza di questi 850 metri di terra sospesi tra il mare e il verde dei cespugli di finocchio marino, ruta ed euforbia se qualcuno decise di chiamarla viaeu de l’Amùu, con tanto di targa improvvisata.
Le panchine dedicate alle divinità e agli eroi della mitologia greca e romana sono arrivate molti anni dopo, seguite da lavori per la messa in sicurezza, una ringhiera, un sistema di pavimentazione uniforme e di illuminazione a energia solare (discreto ma che funziona anche con la nebbia marina), fino agli ascensori che da agosto la collegano direttamente con la stazione ferroviaria di Riomaggiore.
Abbandonate le colline terrazzate del borgo e i suoi ripidi vicoli – le case sono disposte su due file principali che riprendono il percorso del torrente da cui prende il nome e che oggi è coperto – e imboccata la Via dell’Amore ci vuole circa mezz’ora per tuffarsi nei colori delle case di Manarola (Manaèa sentirete dire) che si susseguono lungo la via di Mezzo e nel suo piccolo porto. Con alle spalle i vitigni da cui nasce lo Sciachetrà e gli uliveti dalla piazzetta panoramica dedicata a Montale non si può che volgere lo sguardo all’orizzonte. Una targa ricorda i suoi versi: «Riviere, / bastano pochi stocchi d’erbaspada / penduli da un ciglione / sul delirio del mare».