Gli incredibili misteri del monastero di Palma di Montechiaro

A Palma di Montechiaro sorge un monastero ricco di misteri legati al Diavolo in persona, un luogo così particolare che ha ispirato persino il "Gattopardo"

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Redazione

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In provincia di Agrigento, più precisamente a Palma di Montechiaro, svetta incontrastato un monastero di clausura fondato nel ‘600 da un antenato dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, un luogo che, nei fatti, cela diversi e incredibili misteri.

Partiamo dal presupposto che questo è uno dei pochi monasteri di clausura rimasti in tutti la Sicilia. Si tratta di un edificio bianco che si svetta fiero, ma con non poco misticismo, su una gradinata semicircolare del bel paesino dell’isola. Ed proprio qui che tanti anni fa venne alla luce un particolare fascicolo epistolare conosciuto come la “Lettera del diavolo.”

A differenza di come si potrebbe pensare, non si tratta di carte che sono sottoposte a censura, ma anzi, una copia venne persino esposta alcuni anni fa durante una mostra che si è tenuta presso la cattedrale di Agrigento, mentre oggi si trova nella torre della Cattedrale della suddetta città.

Ma quello che sorprende maggiormente è ciò che contiene il manoscritto. Una lettera consegnata direttamente dal Diavolo a Suor Maria Crocifissa l’11 agosto del 1676. Il quale, per tentarla, le chiese di apporre in calce alla lettera la sua firma, anche se lei si limitò a scrivere un criptico “Ohimè”. La lingua usata, inoltre, non è del tutto chiara. Delle parole sono greche, alcune latine, altre arabe o di derivazione turca.

Per anni tutto ciò è stato oggetto di studi e di ricerche mai del tutto risolte, a tal punto da aver ispirato Giuseppe Tomasi di Lampedusa che ne parlò nel suo romanzo capolavoro Il “Gattopardo”.

Ma tuttora, tra le mura del convento, si tramanda per via orale quello che accadde alcune ore dopo che suor Maria Crocifissa ricevette la lettera. Si narra, infatti, che la sorella Maria Serafica, che allora era un’abbadessa, trovò Maria Crocifissa seduta per terra completamente pallida e ansimante.

A quel punto la chiamò piuttosto intimorita, ma senza avere successo. Decise quindi di avvicinarsi e fu in quel momento che notò accanto a lei un foglietto scritto con caratteri del tutto incomprensibili.

Decise di raccoglierlo e, insieme alle altre monache, cercò di decifrate quanto era scritto, ma anche in questo caso inutilmente: era impossibile capire quelle che vi era riportato.

Suor Maria Crocifissa in seguito raccontò questa terribile esperienza, ma svelando esclusivamente il contenuto della prima parte. Da “Ohime” in poi decise di non dare altre spiegazioni: l’unica cosa che disse fu che il resto del messaggio era estremamente terribile.

Tuttavia, non molto tempo fa un gruppo composto di fisici e informatici catanesi ha sostenuto di essere riuscito a decifrare la lettera grazie a un programma di decriptazione scovato nel Deep Web.

Ma quel che è emerso è che in realtà, pur raccontando di qualcosa connesso a Dio e al diavolo, ancora oggi non è possibile comprenderla per intero. Si pensa, piuttosto, che la lettera fosse stata scritta dalla religiosa, mischiando i vari alfabeti di sua conoscenza. In sostanza sembrerebbe il risultato di un suo disturbo bipolare, anche se, nei fatti, il mistero non è stato ancora del tutto chiarito.