Una scoperta sensazionale nascosta dietro una porta da 2600 anni

Quello appena fatto dagli archeologi è un ritrovamento eccezionale, rimasto intatto per oltre due millenni

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Ilaria Santi

Giornalista & Travel Expert

Giornalista, viaggia fin da quando era bambina e parla correntemente inglese e francese. Curiosa, autonoma e intraprendente, odia la routine e fare la valigia.

C’è un parco archeologico in Italia che non smette mai di sorprendere. È il parco archeologico naturalistico di Vulci, immerso nella Maremma tosco-laziale. Qui, dove non si smette mai di scavare, è un continuo ritrovamento di resti che risalgono al periodo etrusco o a quello romano. Un sito costantemente visitabile e dove ogni volta c’è una nuova sorpresa.

Cosa nascondeva la porta di tufo

Quella appena fatta dagli archeologi è ancor più sensazionale. Si tratta di una “tomba etrusca intatta risalente alla fine del VII sec. a.C. di genere femminile”, ci ha spiegato Carlo Casi, direttore del parco di Vulci. “Il corredo è composto da ornamenti personali in argento (anello digitale) e bronzo (un pendaglio, alcune fibule e ferma trecce), oltre a manufatti in bucchero (vasi per la mescita e il consumo del vino), impasto (contenitori per derrate alimentari) e in ceramica etrusco-corinzia (per olii profumati). Si segnalano pure un piccolo bacile in lamina di bronzo, rinvenuti a chiusura di una piccola olla, e alcuni elementi in ferro come una lama e parti di un piccolo oggetto di ornamenti”.

Ancora una scoperta di enorme portata quella appena fatta a Vulci, la città etrusca che dominava l’economia del Mediterraneo nel primo millennio avanti Cristo, molto prima di Roma.

Una tomba di 2600 anni fa

La tomba antica di 2600 anni era celata dietro una porta di tufo ancora ben sigillata e praticamente intatta. Lo stesso Casi ha estratto i blocchi di pietra a uno a uno con la cazzuola per svelare il tesoro che si nascondeva dietro da oltre due millenni.

Dentro, la sensazionale scoperta: una tomba ancora integra, così come era stata lasciata dai vulcesi secoli fa con tanto di corredo. Disposti in modo ordinato, quasi maniacale, sono stati rinvenuti nella tomba, oltre all’urna funeraria, anche alcuni vasi, delle brocche, piatti e bicchieri, ma anche ossa, forse di un animale. Gli studi che seguiranno daranno maggiori spiegazioni ai ritrovamenti appena fatti.

Ma ciò che stupisce ancor più di questa scoperta sono i contenitori porta profumi e gli unguentari di fattura etrusco-corinzia. Da qui il nome della tomba con cui sarà chiamata d’ora in avanti, “Tomba dei balsamari offerti“.

Il parco archeologico di Vulci

Il parco di Vulci, al confine tra Lazio e Toscana, il più grande dell’Etruria meridionale, è con i suoi 120 ettari circa. Tra le costruzioni di maggiore rilevanza, ci sono la cinta muraria con cinque porte di accesso, realizzata in blocchi di tufo; il Tempio Grande, risalente al IV secolo a.C., e restaurato in età imperiale; il Foro, risalente probabilmente al II secolo; la Domus del Criptoportico, un’area residenziale, risalente al II secolo a.C. che apparteneva a una famiglia nobile, come dimostrano le decorazioni dell’edificio e gli splendidi mosaici sul pavimento; un Mitreo, un santuario dedicato alla dea Mithra, risalente al III secolo; la Necropoli, dove si trovano la Tomba dei Soffitti, risalente al VII secolo a.C., la Tomba François, probabilmente la più celebre, il Tumulo della Cuccumella e la Tomba delle Iscrizioni.

Nell’ottobre del 2022, era avvenuta un’altra scoperta record: sono emersi degli scheletri ben conservati risalenti a circa 2.900 anni fa. Il parco è aperto tutto l’anno. I visitatori possono ammirare gli scavi archeologici dell’antica metropoli etrusco-romana di Vulci, le nobili tombe etrusche, i reperti esposti nel Museo nazionale archeologico, il tutto immerso in una natura quasi incontaminata.

Per visitare il parco ci sono diversi percorsi segnalati: il percorso breve (lungo 2 chilometri e mezzo), il percorso completo (4,5 km) e il percorso natura 1,7 km), che consentono di visitare gli scavi archeologici della città etrusco-romana senza perdere il Laghetto del Pellicone, tappa obbligata di ogni percorso, che è stato usato anche come set della la fiction “Il nome della rosa”, tratta dall’omonimo romanzo di Umberto Eco.

Per gli amanti della natura, da non perdere è la Valle delle Farfalle, il percorso nei pressi della Porta Nord, dove attraverso la creazione di “isole” che ospitano piante utili ad attrarre i piccoli imenotteri e pannelli didattici, gli appassionati – e non solo – potranno approfondire il tema. Si può visitare in autonomia, tutti i giorni nell’orario di apertura del parco, anche la necropoli settentrionale dove, seguendo un percorso accessibile anche a persone con ridotta capacità motoria, si possono visitare la Tomba dei Soffitti Intagliati e la Tomba della Sfinge.