Una nuova scoperta fa luce sulla vita degli schiavi a Pompei

Come vivevano gli schiavi a Pompei? Una nuova scoperta all'interno della splendida villa di Civita Giuliana ci offre uno spaccato antico di quasi 2mila anni

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Giulia Sbaffi

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Web content writer, da sempre appassionata di storie e di viaggi.

La terribile eruzione del Vesuvio, risalente al 79 d.C., ha cristallizzato un’intera città che all’epoca doveva essere davvero ricchissima e affascinante: stiamo parlando di Pompei, che quasi 2mila anni dopo continua a sorprendere. Di recente, alcuni scavi hanno permesso di riportare alla luce una stanza assegnata alla servitù, la quale offre uno spaccato sulle condizioni di vita degli schiavi nella città romana.

Pompei, nuova scoperta a Civita Giuliana

È senza dubbio uno dei più importanti siti archeologici italiani, molto apprezzato dai turisti che arrivano da ogni angolo del mondo per visitarlo: la città di Pompei, sepolta sotto imponenti strati di cenere e lava a seguito dell’eruzione del Vesuvio, rappresenta un affascinante scorcio su un passato immutabile, perfettamente conservato. E siamo ancora ben lontani da aver svelato ogni suo mistero, dal momento che gran parte del suo prezioso tesoro archeologico è custodito sotto terra. Gli scavi continuano a riportare a galla sorprese incredibili, ed è proprio questo ciò che è avvenuto recentemente.

Durante alcuni lavori presso la villa romana di Civita Giuliana, che hanno preso il via nel 2017, è stato rinvenuto un nuovo ambiente della stanza (scoperta nel 2021) che, secondo gli archeologi, sarebbe stata destinata agli schiavi. Il ritrovamento permette di dare uno sguardo a quella che doveva essere la quotidianità della servitù di Pompei, le condizioni di vita (spesso davvero molto misere) degli “ultimi” di questa città romana. Che cosa hanno trovato all’interno della stanza, e quali segreti ci svela questa nuova scoperta?

La vita degli schiavi a Pompei

Il locale adibito agli schiavi, situato nella splendida villa di Civita Giuliana, è suddiviso in tre ambienti, ciascuno dei quali ha una sua precisa funzione. Gli arredi presenti ci rivelano molto sul trattamento riservato alla servitù in questo periodo storico. Ad esempio, all’interno dell’ambiente A sono stati trovati due letti molto diversi tra loro. Il primo è poco più di una branda, priva di qualsiasi materasso, mentre il secondo è un letto a spalliera (riporta ancora tracce di decorazioni di color rosso), decisamente molto più confortevole. Ciò dimostra che, probabilmente, la servitù stessa era caratterizzata dalla presenza di una gerarchia.

Nello stesso ambiente, grazie alla tecnica dei calchi, è stato possibile individuare due piccoli armadi contenenti una serie di anfore, vasi in ceramica e attrezzi di vario tipo. È invece nell’ambiente C che gli archeologi hanno trovato tre piccoli roditori – e più precisamente due topolini all’interno di un’anfora e un ratto in una brocca. Le condizioni igieniche in cui versavano gli schiavi dovevano essere davvero molto precarie, e questa ne è un’ulteriore testimonianza.

“Sappiamo che i proprietari usavano diversi privilegi, tra cui anche la possibilità di formare una famiglia, seppure senza alcuna tutela legale, per legare alcuni schiavi più strettamente alla villa, anche con la finalità di averli come alleati nel sorvegliare gli altri” – ha affermato Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura. “Quello che emerge qui è la struttura sociale della servitù che doveva impedire fughe e forme di resistenza, anche perché mancano tracce di grate, lucchetti e ceppi. Pare che il controllo avvenisse principalmente tramite l’organizzazione interna della servitù, e non tramite barriere e vincoli fisici” – ha poi aggiunto Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei.