La città scavata nella roccia (che quasi nessuno conosce)

Se pensavate che Matera fosse l'unica città d'Italia scavata nella roccia viva vi sbagliate di grosso

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Ilaria Santi

Giornalista & Travel Expert

Giornalista, viaggia fin da quando era bambina e parla correntemente inglese e francese. Curiosa, autonoma e intraprendente, odia la routine e fare la valigia.

Se pensavate che Matera fosse l’unica città d’Italia scavata nella roccia viva vi sbagliate di grosso. Quella che vi vogliamo raccontare è davvero stata creata all’interno di una montagna un po’ come la famosa Petra in Giordania.

Ci troviamo nell’entroterra della Sicilia, nei pressi del piccolo Comune di Alia, nell’estrema provincia di Palermo. Qui sorgono le grotte della Gurfa, un esempio di architettura rupestre, la testimonianza di una cultura millenaria che pochi conoscono. Non si ha una data precisa di quando questo luogo vide per la prima volta la civiltà, dai rilievi effettuati, però sarebbe antichissima e risalirebbe all’età del bronzo (2500 -1600 a.C.). Ecco la sua storia.

Tra storia e leggenda

Per molti secoli era stato considerato un antico deposito agricolo (“gurfa” deriva dall’arabo “ghorfa” che significa “stanza”, “magazzino”. In Tunisia esistono depositi di grano detti “ghorfas”, alcuni divenuti oggi meta turistica. Nella toponomastica siciliana ricorre il nome “gurfi” col significato di “deposito”, “magazzino”), ma le dimensioni monumentali della sua enorme cupola di roccia lasciano pensare alla mano dell’uomo e a un’architettura di più sofisticata progettazione. Secondo alcune ipotesi potrebbe essere stata la tomba del re Minosse, personaggio della mitologia greca.

Le cavità nella roccia

Una cosa è certa: le grotte scavate nella falesia, comunque, non sarebbero naturali. Il complesso rupestre comprende sei cavità su due livelli. le loro dimensioni sarebbero state studiate a tavolino, se così si può dire.

Dapprima c’è un ambiente molto ampio a pianta rettangolare con un soffitto alto circa 5 metri a due spioventi, un tempo nominato “a saracina” (“alla saraceno”), poi ce n’è un altro a forma circolare conuna cupola, alta più di 16 metri, che culmina con un foro centrale. Entrambre queste stanze comunicano autonomamente con l’esterno e sono collegate fra loro tramite un corridoio.

Una scalinata scavata nel costone roccioso conduceva al secondo livello. Oggi della scala di pietra resta ben poco (una volta era un vero e proprio dedalo) e per salire sul livello superiore è necessario arrampicarsi su una scalinata metallica che si trova all’esterno. Qui sono stati scavati altri quattro ambienti, uno a sinistra e tre a destra in successione, di forma pressoché quadrata ma di diverse dimensioni.

Ciascun ambiente ha una grande finestra aperta sulla vallata. Segue un lungo corridoio che sbocca a circa metà dell’altezza dell’ambiente a forma di campana. A quest’ultimo ambiente, qualche anno fa, è stato dato il nome di “thòlos” per la somiglianza con la thòlos micenea detta “Tesoro di Atreo” che si trova nel Peloponneso, in Grecia. E, proprio il confronto con questo luogo ha portato uno studioso a supporre che l’intero complesso architettonico sia stato scavato per accogliere le spoglie del re cretese Minosse.

La tomba del re Minosse?

Secondo la mitologia greca, Minosse trovò la morte durante un attentato in occasione del suo viaggio per inseguire Dedalo, nella città di Camico (un centro della Valle del Platani, ancora oggi non identificato), mentre era ospite del re dei sicani, Kokalos. Gli storici parlano di imponenti cerimonie funebre in suo onore e di una grande sepoltura costruita proprio da Dedalo. Non a caso, la thòlos della Gurfa è la più grande di tutte quelle conosciute nel Mediterraneo.

Ma non è tutto. Alcuni studiosi si sono accorti che, in occasione dell’equinozio di primavera, a mezzogiorno in punto il Sole entra dal piccolo foro che si trova in cima alla cupola nella stanza più grande e colpisce il centro della sala. Di certo nom si tratta di una pura coincidenza, ma l’enigma non è ancora stato svelato.

In ogni caso, bisogna ricordare che, fino alla fine del XX secolo, queste cavità venivano ancora usate dai contadini come magazzini e, forse, anche come abitazioni o stalle, motivo per cui non sono stati trovati reperti sufficienti per una datazione o una spiegazione certa del luogo. Gli unici resti trovati sono quelli di una necropoli che risalirebbe all’età del rame.

Come raggiungere le grotte della Gurfa

Il sito rupestre si raggiunge percorrendo la Strada Statale n.121 che va da Palermo ad Agrigento, uscendo al bivio Manganaro per Alia. Al chilometro 189, si attraversa l’abitato e si percorre la Strada Provinciale 53 fino alla collina, dove sul fianco della roccia si scorgono le aperture di questo antichissimo insediamento e, anche da lontano, questo costone rossastro e forato sprigiona un certo fascino.

Grotte_Gurfa
Fonte: Wikimedia Commons @Davide Mauro
Le grotte della Gurfa in Sicilia