Cosa vedere in Basilicata: gita nel Vulture Melfese

Weekend nel Vulture Melfese: cosa vedere in Basilicata, in un’area di antica bellezza. Melfi e le memorie federiciane, Venosa e la casa del poeta Orazio.

Uno degli angoli da scoprire di una regione italiana, bella e seducente, come la Basilicata, mai sufficientemente conosciuta come meriterebbe, è sicuramente l’area del Vulture Melfese, una zona della sua parte nordorientale, inserita tra Puglia (a nord est), Campania (ad ovest) e il resto della provincia potentina (a sud). A dominare, ed a battezzare, il territorio è il monte Vulture che vigila su ricchi e fitti castagneti e querceti, uliveti, vigneti e prospera macchia mediterranea. Incastonati al limitare delle sue pendici ci sono, tra gli altri, i comuni di Melfi, Venosa, Rionero in Vulture e Barile.

Il Vulture, alto 1326 metri, è un vulcano che ha interrotto la sua attività nel Pleistocene, che poggia su roccia tufacea e argillosa. Alle sue pendici si apre il cratere che oggi è occupato dai due laghi di Monticchio, due specchi d’acqua divisi da un istmo su cui si trovano i resti della Badia di Sant’Ippolito; su un’altura sopra la riva del lago piccolo c’è l’Abbazia di San Michele Arcangelo. Il giro nel Vulture Melfese può cominciare da Melfi, un nome che dai più è ricordato forse soltanto per essere la cittadina della Basilicata dove sorgono gli stabilimenti automobilistici della Fca. Melfi offre molto di più all’attenzione dei suoi visitatori.

Il centro storico di Melfi è racchiuso nell’originaria cinta muraria normanna riedificata in età aragonese. Il castello, di forma poligonale, otto torri, fossato difensivo, ha al suo centro un nucleo più antico, quadrato, voluto dai cavalieri normanni nel XII secolo. Nel castello si tennero cinque Concili papali e nell’anno 1089 fu bandita la prima crociata in Terra Santa.

Nel secolo seguente Federico II di Svevia fece ampliare l’edificio, che divenne, quindi, per sempre noto come il “castello di Federico II”, e in seguito fu forziere del regno, prigione e importante centro di studi, in cui Pier delle Vigne e Riccardo da Capua redassero nel 1231 le “Constitutiones Augustales”, il più antico testo di leggi scritte del Medioevo, un’opera di primaria importanza per la storia del diritto.

Il castello è oggi sede del Museo archeologico nazionale del melfese intitolato a Massimo Pallottino, noto archeologo italiano. Ogni fine ottobre si trasforma nel cuore del Corteo storico Federiciano, un evento che celebra in Basilicata le gesta di Federico II a Melfi: una tre giorni internazionale con manifestazioni di falconeria, convegni di studi, danze, musiche medievali e corteo storico in costume, la cerimonia di investitura di un cavaliere secondo il diritto normanno, il torneo medievale degli antichi casati di Melfi.

A mezz’ora d’auto da Melfi c’è un’altra cittadina da non perdere: Venosa. Benché le origini di Venosa si perdano nella notte dei tempi – il sito preistorico di Notarchirico, posto a pochi chilometri dal centro abitato, è il più antico della Basilicata – la fondazione della città si ascrive ai romani, nel 291 a.C., per meglio controllare la valle dell’Ofanto e la via Appia. A Venosa, nel 65 a.C., nacque il poeta latino Quinto Orazio Flacco.

In città si può visitare il magnifico parco archeologico, in località San Rocco, dove si conservano i resti monumentali di un impianto termale, costruito tra il I e il II secolo d.C., con i resti perimetrali della basilica paleocristiana, gli ampliamenti e i lavori in continuità con la vicina Abbazia della Santissima Trinità, ordinati da Roberto il Guiscardo che volle qui in Basilicata una chiesa di più ampie dimensioni per ospitare il sacrario degli Altavilla.

Quindi, tornando verso il centro storico di Venosa, si potrà visitare il possente castello, costruito dal duca Pirro del Balzo a partire dal 1460. Circondato da fossato difensivo, ponte levatoio e torri cilindriche, ospita nei sotterranei il Museo archeologico che custodisce preziose testimonianze della presenza in zona di comunità ebraiche nell’alto Medioevo.

Nella seconda metà del XVI il castello si trasformò in dimora signorile ad opera del principe Carlo Gesualdo, raffinato compositore di madrigali e musica sacra ma anche geloso marito che punì Maria d’Avalos, sua moglie, assassinandola con il di lei amante, il conte Fabrizio Carafa. Non lontano dal castello, merita ancora una visita la fontana Angioina, impreziosita con due leoni in pietra posti alle estremità, e la spartana casa natale di Orazio.

Rionero in Vulture, a sudest del monte omonimo (circa venti minuti d’auto da Melfi e mezz’ora da Venosa), comprende nel suo territorio comunale anche la riserva naturale dei laghi di Monticchio, con il suo straordinario valore paesaggistico e naturalistico, le lepri, gli scoiattoli, le volpi, i tassi e le donnole, la poiana, il nibbio reale e il gheppio, la Brahmea europea, una rara farfalla notturna visibile in questa zona della Basilicata per un breve periodo a primavera.

A Rionero la bella e solenne chiesa del Santissimo Sacramento – anche chiesa “dei Morti” – sorge dove era situata l’antica chiesa Santa Maria di Rivonigro, ossia dove si ritrovano le prime notizie storiche, del XIII secolo, riguardanti l’abitato. Nel 1794 venne ampliata con l’aggiunta della navata laterale. Conserva all’interno un dipinto su tela del XVIII secolo.

A Rionero, come peraltro in Basilicata in generale, ci sono molte tracce di quelle che sono state le rivolte dei briganti: proprio qui, nel 1830, è nato Carmine Crocco che, organizzando una banda di duemila uomini, è riuscito a soggiogare la Basilicata mettendo in crisi il governo del re piemontese Vittorio Emanuele II. Sempre Rionero, nel 1848, ha visto i natali del politico e storico Giustino Fortunato, uno dei più importanti attivisti lucani della cosiddetta questione meridionale, assieme a Francesco Saverio Nitti di Melfi.

Il giro nel Vulture Melfese può continuare ancora: a Barile, ad esempio, piccolo comune dove si parla la lingua arbëreshë, con la sua suggestiva Via Crucis del Venerdì Santo – una delle più antiche processioni devozionali in costume della Basilicata – il paese dove nel 1964 Pier Paolo Pasolini girò alcune importanti sequenze del suo film Il Vangelo secondo Matteo.

Oppure a Rapolla, dove tradizione vuole che si accampò Annibale prima di scontrarsi in battaglia contro i romani; o a Lagopesole, con il suo castello federiciano. Un giro interessante, sorprendente, in compagnia dei piaceri della cucina locale, della ricchezza delle sorgenti di acqua minerale, del profumo dell’olio d’oliva extravergine DOP o dell’Aglianico del Vulture DOC, uno tra i più grandi vini rossi d’Italia.