Brindare nella Valle dei Laghi in Trentino

Degustare vini nei pressi di Terlago

La strada che sale da Trento assomiglia a un cavatappi ritorto che s’infila in uno stretto collo di bottiglia, l’orrido del “Bus de Vela”. Arrivati in cima, di fronte al paese di Terlago, le orecchie si stappano, il naso si riempie di soavi profumi e lo sguardo si distende su una conca verdeggiante “imbottigliata” da montagne che s’impennano improvvisamente. Non è un caso se la trentina Valle dei Laghi fa venire alla mente metafore enologiche, lo stretto imbuto che scivola per 35 chilometri verso il Lago di Garda è da secoli uno scrigno prezioso di nettari alcolici.

Qui l’acqua è un elemento prezioso, ma non tanto per bere. Serve per le coltivazioni, alimenta i bacini che danno il nome alla vallata – da nord a sud quelli di Terlago, Santa Massenza, Toblino e Cavedine, fino ai piccoli specchi tra Dro e Pietramurata -, mitiga il clima, mostra la via verso Arco e Torbole con il tracciato del fiume Sarca e fornisce energia elettrica nella grande centrale in galleria di Santa Massenza. Ma per rifocillare i viaggiatori assetati la valle offre ben di meglio. Grazie alla composizione del terreno e al soffio costante dell’Ora, la brezza “dorata” che risale da sud-est, sulle pianure e le pendici dei monti crescono vitigni dai profumi delicati di Merlot, Cabernet, Muller-Thurgau, ma soprattutto di Nosiola. Da questa uva bianca nasce un vino bianco fresco e aromatico dai sentori di nocciola – da qui il nome – e una delizia doc come il Vino Santo.

La “o” è molto importante, visto che distingue questo nettare, difeso da un Presidio Slow Food, dal più noto Vin Santo e indica un’eccellenza tutta locale. Le uve raccolte tardivamente aspettano su graticci detti “arèle”, sotto il soffio dell’Ora e il benefico assalto delle muffe, fino alla Settimana Santa per essere pigiati e messi in botte, dove maturano per almeno cinque anni per trasformarsi in un inebriante vino da meditazione color ambra.

Un’occasione anche per andare alla (ri)scoperta di gioielli come Castel Toblino – maniero medievale proteso verso le acque dell’omonimo lago, dove nelle notti di luna piena aleggerebbe lo spirito dell’amante di un vescovo, ribaltatasi con la barca e affogata insieme al fratello – e le altre fortezze della zona, assaggiare tipicità come le susine di Dro e le sorprendenti patate blu di Margone (sopra Toblino), arrampicarsi a fare un po’ di sport sull’attrezzato Monte Bondone o concedersi il goccetto “della staffa” nel paese di Santa Massenza, dove in ogni casa c’è un alambicco e la grappa rende l’aria inebriante.