C’è una Lombardia che non ti aspetti, lontana anni luce dai grattacieli di Milano, dalle distese di risaie geometriche del pavese e dalle mete affollate da guide turistiche e hashtag. È una terra fatta di curve morbide, filari di vigne ordinati e borghi silenziosi dove il tempo sembra aver rallentato di proposito. Benvenuti nell’Oltrepò Pavese, quella striscia di colline che si allunga a sud del Po come un invito segreto e irresistibile a scoprire un’Italia autentica, generosa, ancora poco battuta.
Qui l’aria sa di mosto e bosco, i paesi hanno nomi che sembrano usciti da una favola (Fortunago, Pizzocorno, Borgoratto) e la cucina è fatta di sapori netti, quasi ancestrali: salame di Varzi, formaggi d’alpeggio, vini importanti come il Pinot Nero e la Bonarda, figli di un terroir che non ha nulla da invidiare alle più blasonate regioni vitivinicole d’Europa.
E a dirlo, stavolta, non sono solo i local o i pochi viaggiatori “di nicchia” che ne cantano le lodi da anni: anche la stampa internazionale ha puntato i riflettori sull’Oltrepò: il Guardian lo ha infatti raccontato come un gioiello fuori dal tempo, “fairytale hills and terracotta villages”, dove arte, natura e buon vivere si intrecciano con una naturalezza quasi commovente.
“Un prestigioso riconoscimento internazionale per il nostro Oltrepò Pavese, celebrato dal ‘The Guardian’ come alternativa autentica e affascinante alla Toscana. Una parte meravigliosa della nostra Lombardia che, anno dopo anno, cresce e si rafforza nella qualità dell’offerta turistica, accogliendo visitatori in ogni stagione. In questi anni di lavoro ho avuto il piacere di scoprire da vicino questo territorio, incontrando imprenditori, amministratori locali, consorzi e realtà che ogni giorno lavorano insieme con passione”, ha commentato il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana.
Ma cosa c’è da vedere in questa zona sospesa tra colli e Appennino? Cosa si può fare davvero, tra un assaggio di salame e un sorso di metodo classico? E perché questo angolo di Lombardia sta conquistando persino gli inglesi? Prendete fiato: l’Oltrepò è pronto a sorprendervi.
Indice
Dove si trova e come arrivare nell’Oltrepò Pavese
L’Oltrepò Pavese è quel ventaglio di colline che si apre subito “oltre” il Po, a sud di Pavia, e sale con eleganza fino ai contrafforti verdeggianti dell’Appennino ligure. La sua geografia racconta già una storia: a nord i filari si specchiano nella grande Pianura Padana, a sud la sagoma piramidale del monte Lesima (1.724 metri, vetta più alta della provincia) chiude l’orizzonte come la punta di un grappolo d’uva, forma non a caso evocata dagli stessi abitanti.
Questo angolo di Lombardia, spesso dimenticato dai grandi flussi turistici, custodisce un’identità forte e un’anima rurale autentica, dove i ritmi della terra scandiscono ancora le giornate. Qui la vite è regina, coltivata da secoli e celebrata in cantine storiche, fiere contadine e tradizioni conviviali. Ma l’Oltrepò è anche boschi di castagni, pascoli di alta quota, sentieri di crinale che invitano all’escursione e al pensiero lento.
Raggiungere questo piccolo mondo non richiede imprese epiche: 45 minuti di treno veloce da Milano portano alla stazione di Voghera, porta d’ingresso ferroviaria di tutta la zona; un’ora abbondante di auto, sempre dal capoluogo lombardo, permette invece di imboccare subito le strade tortuose che odorano di mosto e fieno.
Chi sceglie il viaggio lento può noleggiare una bicicletta a Rivanazzano Terme e lasciarsi guidare dalla Greenway Voghera-Varzi, l’ex linea ferroviaria di 35 chilometri che si è trasformata in pista dolce e panoramica, perfetta per entrare in sintonia con il ritmo del territorio.
Cosa vedere nell’Oltrepò Pavese
Il cuore pulsante del territorio batte a Varzi, borgo medievale di portici, torri e antichi palazzi mercantili dove la memoria della Via del Sale, la grande arteria commerciale che tagliava la valle Staffora per raggiungere Genova, è ancora viva negli architravi in pietra scolpita e nei portoni massicci. Passeggiando per il centro storico, si respira un’atmosfera sospesa, fatta di pietra, silenzio e piccoli dettagli che raccontano secoli di storia. Ma attenzione, perché Varzi non è solo bella: è anche golosa.
Tra le sue mura si celebra il salame DOP più blasonato d’Italia, il salame di Varzi, preparato in quindici villaggi con carne suina profumata di bosco, aglio leggerissimo, riposo paziente in cantina. Una visita in una delle botteghe storiche o, ancora meglio, in un laboratorio artigianale, consente di scoprire ogni fase della lavorazione e, naturalmente, di assaporarne la complessità in abbinamento ai vini locali. A sud del paese, il Castello Malaspina accoglie oggi visite, degustazioni e qualche festa elegante: salire sul suo mastio regala un colpo d’occhio romantico sui tetti in coppi rossi che degradano verso i vigneti, mentre le sale interne conservano affreschi e memorie d’epoca che raccontano il passato feudale della valle.
Più in alto, tra le anse sinuose dei crinali, spunta il profilo di Fortunago, inserito nel club dei “Borghi più belli d’Italia”: case in pietra, balconi fioriti, silenzio quasi irreale, la sensazione di entrare in una cartolina dipinta. Qui il tempo rallenta davvero, e il rumore più forte è quello dei passi sul selciato o delle rondini tra i tetti. Non lontano, l’eremo di Sant’Alberto di Butrio grava su uno sperone boscoso; le sue cappelle affrescate nel Trecento conservano colori vivissimi, come se il tempo avesse dimenticato di passarvi. L’eremo è ancora abitato da una piccola comunità religiosa e offre scorci panoramici indimenticabili sulla valle sottostante.

E se l’arte sacra cede il passo a quella profana, basta scendere a Rivanazzano dove Franco Riccardi ha trasformato un ex magazzino vinicolo in galleria d’avanguardia: sculture, tele, lampi di colori degli anni Trenta-Settanta, una collezione sorprendente in un paese di poche migliaia di abitanti. Un luogo che incanta anche chi dell’arte sa poco, ma resta colpito dalla passione che vibra in ogni stanza.
Le 7 cose da fare nell’Oltrepò Pavese
Non solo castelli e borghi da cartolina: l’Oltrepò Pavese è un vero paradiso per chi ama vivere i territori con lentezza e curiosità. Qui le esperienze non si contano, ma alcune sono davvero uniche e vanno fatte almeno una volta nella vita.
- Pedalare sulla Greenway Voghera-Varzi: trentaquattro chilometri di relax su una vecchia ferrovia riconvertita in pista ciclabile, che parte da Voghera e arriva fino al borgo medievale di Varzi. Si attraversano vigneti, paesini sonnolenti, ex stazioni trasformate in punti di sosta, con il ritmo lento che solo una bici può regalare. Ideale per famiglie, coppie, amanti del turismo slow.
- Assaggiare il vero salame di Varzi… dove nasce: non si può venire fin qui e non inchinarsi al re indiscusso della tavola: il salame di Varzi. Ma attenzione, non basta comprarlo in un negozio qualsiasi: bisogna viverlo là dove nasce, magari in una delle aziende storiche come quella della famiglia Buscone, a Bosmenso. Qui il salame è quasi una religione, lavorato ancora con metodi artigianali e lasciato stagionare per mesi nelle cantine di pietra.
- Partecipare alla festa delle ciliegie di Bagnaria: se la fortuna (o una buona pianificazione) vi porta qui a giugno, non perdete la sagra delle ciliegie di Bagnaria. Si passeggia tra alberi carichi di frutti lucidi come gemme, si assaggia il risotto alle ciliegie, sì, avete letto bene, e si brinda con un calice di Bonarda, mentre il profumo dei papaveri riempie l’aria.
- Camminare fino all’eremo di Sant’Alberto di Butrio: un sentiero ad anello tra castagni e silenzi conduce fino all’eremo di Sant’Alberto, appollaiato su uno sperone roccioso. Il complesso ha più di mille anni, è ancora abitato da una piccola comunità e profuma di incenso, rose e miele. Le cappelle affrescate sembrano uscite da un sogno medievale, e il panorama lascia senza fiato.
- Scoprire le opere d’arte inaspettate a Rivanazzano Terme: tra una pedalata e un calice di metodo classico, ci si può anche fare sorprendere dall’arte. A Rivanazzano, dentro un ex magazzino di vino, Franco Riccardi ha messo insieme una collezione di arte moderna che toglie il fiato: quadri, sculture, installazioni dagli anni ’30 ai ’70, frutto di mezzo secolo di passione collezionistica.
- Visitare un castello e bere un vino con l’etichetta d’artista: che sia al Castello di Stefanago, tra le curve dell’Ardivestra, o a quello di Luzzano, presieduto dalla straordinaria Giovanella Fugazza, qui il vino non si beve soltanto: si vive. Ogni bottiglia racconta una storia di famiglia, di campagna, di arte. E ogni castello regala quel misto di suggestione storica e poesia contemporanea che l’Oltrepò sa dosare alla perfezione.
- Perdersi nei borghi di pietra e nei vicoli silenziosi: Fortunago, Zavattarello, Montesegale: piccoli, bellissimi, autentici. Camminare tra i vicoli lastricati, sbirciare dietro le persiane socchiuse, sentire il profumo del pane al forno e scambiare due parole con un anziano che legge il giornale in piazza. Non c’è nulla di turistico in tutto questo – ed è proprio questo il bello

Perché il The Guardian consiglia proprio l’Oltrepò Pavese
Quando la stampa internazionale si mette d’accordo, conviene drizzare le antenne e scoprire quali meraviglie, a pochi passi da noi, forse ci stanno ancora sfuggendo. Il The Guardian ha definito l’Oltrepò “la Toscana del nord, ma con i prezzi di una volta”, sottolineando la sorprendente scarsità di turisti lungo strade dove si può pedalare o guidare per chilometri senza incrociare anima viva.
L’elogio non riguarda soltanto l’estetica, per via di quei colli disegnati da vigneti e castelli che potrebbero reggere il confronto con i panorami più celebri d’Italia, bensì il modo in cui qui si vive: cibo eccellente, vini importanti, arte nascosta in pievi romaniche e gallerie private, il tutto a ritmi pacifici che ricordano un’Italia d’altri tempi.
La testata internazionale insiste su tre motivi chiave: l’autenticità gastronomica, con il salame di Varzi e i vini metodo classico che sembrano tirati a lucido per stupire anche il palato più cosmopolita, la biodiversità, che regala al visitatore la possibilità di imbattersi in un’assemblea di farfalle o in tartufi neri sotto le querce e la riscoperta di un turismo sostenibile, fatto di piste ciclabili, escursioni, piccole strutture a conduzione familiare.