E se fosse Bali il tuo nuovo ufficio?

Un clima tropicale, un'ottima connessione e un patrimonio naturale, artistico e culturale meraviglioso. Ecco perché Bali è il paradiso dei nomadi digitali

Foto di Sabina Petrazzuolo

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor

Una laurea in Storia dell’arte, un master in comunicazione e giornalismo e una vocazione per la scrittura, scova emozioni e le trasforma in storie.

C’è un luogo nel mondo conosciuto per la sua incantevole bellezza, un microcosmo che viaggiatori da tutto il mondo non vedono l’ora di conoscere. Qui ci sono le montagne vulcaniche ricoperte dai boschi, le suggestive risaie e la barriera corallina. Ci sono i templi sacri, le spiagge e il mare. C’è la storia, l’arte e la cultura, l’artigianato e una tradizione preservata in ogni cosa.

Bali è semplicemente meravigliosa eppure, col tempo, anche lei si è trasformata in una meta estremamente turistica che per alcuni aspetti ha preso il sopravvento sulla parte più autentica dell’isola indonesiana. Il suo problema più grande è stato rappresentato proprio dal turismo di massa che ha invaso il territorio negli ultimi anni. Ma con la pandemia tutto è cambiato.

Durante i mesi di emergenza sanitaria Kuta, Ubud e Seminyak, che sono alcune delle destinazioni più popolari del turismo indonesiano, sono tornate a splendere nella loro antica bellezza. Ed è stato questo il momento in cui i nomadi digitali hanno potuto scoprire e riscoprire questo luogo, trasformandolo nel proprio ufficio.

La comunità dei nomadi digitali, qui, ha trovato un vero e proprio paradiso terrestre dove costruire un ufficio mobile tra le meraviglie naturali, storiche e culturali del Paese. I motivi sono diversi, e alcuni di questi facilmente intuibili, a partire dalla natura autentica che domina il panorama circostante al clima tropicale con temperature costanti, perfetto per chi desidera vivere l’estate in ogni mese dell’anno.

Il costo della vita, inoltre, non è affatto eccessivo e, anzi, consente a tutti di vivere in maniera dignitosa. E poi ci sono gli spazi co-working, i luoghi simbolo degli incontri tra i nomadi digitali, ai quali si aggiungono altri hotspot con connessione internet di qualità per gestire il lavoro da remoto.

Alle questioni pratiche, e sicuramente favorevoli, si aggiungono poi le meraviglie che appartengono all’isola, quelle che ci fanno sognare: le tradizioni antiche, i templi a picco sul mare, il sapore d’incenso e una cultura basata sul rispetto e sulla pace. Tutto questo crea un’atmosfera stimolante e sicuramente molto diversa dai ritmi frenetici che scandiscono il nostro tempo.

L’idea di trasferirsi a Bali, per i lavoratori da remoto, è piuttosto allettante. Ma cosa serve per entrare nel Paese? Al momento, vista l’emergenza sanitaria in corso, i visti turistici sono parzialmente sospesi e soggetti a cambiamenti, quindi vi invitiamo a visitare il sito del Ministero del Turismo per essere sempre aggiornati.

In condizioni normali, invece, si può entrare nel territorio optando per il Free Visa, un visto turistico gratuito dalla validità di 30 giorni, che si può richiedere all’arrivo in aeroporto. 30 giorni potrebbero non essere sufficienti, però. Così ecco che l’alternativa sta nel Voa, Visa on arrival, un visto che permette di restare a Bali per 60 giorni grazie all’estensione del Free Visa, al costo di 35 dollari. Se volete fermarvi di più, allora, potete chiedere il Sosial Budaya Visa, un visto dalla durata di 60 giorni, che può essere rinnovato di altri 40 giorni per 4 volte consecutive.

La vera novità, però, sta nell’introduzione del visto per nomadi digitali dalla durata di 5 anni che il governo indonesiano si è proposto di introdurre al termine dell’emergenza sanitaria.