L’Italia vanta una tradizione carnevalesca unica, tanto che alcuni Carnevali storici hanno richiesto il riconoscimento a Patrimonio immateriale Unesco. Ogni regione ha dato vita a maschere uniche, legate alla storia, alla cultura e al folklore locale. Queste figure, nate dalla Commedia dell’Arte o dal teatro popolare, non sono semplici costumi, ma veri e propri simboli della società del loro tempo. Dalle calli di Venezia ai vicoli di Napoli, dalle piazze di Bologna ai borghi del Piemonte, ogni maschera racconta uno spaccato di vita, con tratti distintivi nei vestiti, nei comportamenti e nelle celebrazioni a loro dedicate. Pronti a partire per questo viaggio tra le maschere italiane più celebri, regione per regione?
Indice
Arlecchino, la maschera di Bergamo
Arlecchino nasce nella Commedia dell’Arte come servitore scaltro e irriverente. Il suo costume a rombi colorati, da cui deriva il nome, rappresenta un abito rattoppato, simbolo della sua origine umile. La maschera nera sul volto richiama invece l’influenza delle maschere veneziane. Arlecchino, con il suo fare disinvolto, incarna l’astuzia e l’allegria, protagonista di burle e giochi di parole. A Bergamo, la sua città d’origine, viene celebrato con spettacoli teatrali e parate specialmente durante il Carnevale.
Nel borgo medievale di Oneta, frazione di San Giovanni Bianco in Val Brembana, si trova il Museo Casa di Arlecchino. Secondo la tradizione, proprio in questo edificio sarebbe nato il personaggio che ha dato origine alla maschera di Arlecchino, un certo Zanni, poi trasferitosi a Venezia in cerca di fortuna. Restaurata tra la fine degli anni ’80 e ’90, la casa è oggi un Museo della Maschera e della Commedia dell’Arte, che ospita rappresentazioni teatrali ed esposizioni dedicate alla figura di Arlecchino e al teatro popolare.
Carnevale a Napoli e il personaggio di Pulcinella
Il Carnevale a Napoli è una delle celebrazioni più vivaci e sentite della città, e Pulcinella è senza dubbio il suo simbolo per eccellenza. Questa maschera, dalle origini antiche, incarna l’anima popolare di Napoli, ed è famosa per la sua astuzia, la sua ironia e la sua capacità di ribaltare ogni situazione. Il suo abito bianco, con ampie maniche e un cappello a punta, abbinato alla maschera nera che copre il volto, rappresenta il contrasto tra la sua natura bonaria e la sua indole sfrontata e opportunista. Pulcinella è la voce del popolo, capace di criticare e sfidare i potenti con sagacia, sempre con un sorriso e una battuta pronta.
Durante il Carnevale, la città di Napoli celebra Pulcinella con una serie di eventi che spaziano dalle sfilate in maschera agli spettacoli di burattini, un vero e proprio omaggio alla tradizione del teatro popolare. I burattini, spesso con protagonista Pulcinella, raccontano storie in cui il personaggio riesce sempre a superare le difficoltà, sia attraverso l’ingegno che con una sana dose di irriverenza. La figura di Pulcinella, in ogni sua variante, trova spazio anche nei tradizionali presepi di San Gregorio Armeno, dove vengono create piccole scene quotidiane o mitiche che vedono protagonista la maschera, in situazioni che variano dalla comicità alla riflessione sociale.
Inoltre, Napoli ospita il Pulcinella Festival, una manifestazione annuale che celebra la maschera partenopea e la sua tradizione, con eventi che includono spettacoli teatrali, performance di burattini, proiezioni e incontri con esperti del settore.
Pantalone, la maschera di Venezia
Pantalone è una maschera veneziana che incarna il ricco mercante avaro e brontolone. Vestito di rosso con una lunga zimarra nera, porta una maschera dal lungo naso a becco, la barba lunga e appuntita, un cappello a punta e le tipiche pantofole arricciate sulle punte. Non può assolutamente mancare la borsa contenente il denaro, perché, figura centrale della Commedia dell’Arte, Pantalone simboleggia l’anziano tirchio e spesso raggirato dai più giovani. Durante il Carnevale di Venezia, Pantalone è certamente uno dei protagonisti: appare negli spettacoli teatrali e nelle rievocazioni storiche e la sua figura è spesso riprodotta nelle maschere in vendita nelle botteghe artigianali veneziane.
L’origine del nome della maschera è molto discussa. Alcuni lo fanno risalire a San Pantaleone, patrono di Venezia, altri al termine “pianta-leone”, che indicava l’atto di piantare lo stendardo della Serenissima nei territori conquistati. Un’altra ipotesi è che il nome derivi direttamente dai lunghi pantaloni indossati dal personaggio.
A Bologna, Balanzone è il personaggio parodia degli accademici
Un po’ meno celebre forse, Balanzone è uno dei protagonisti più noti del Carnevale bolognese, una figura che rappresenta il tipico dottore saccente, amante dei discorsi lunghi e pomposi. Con il suo aspetto distintivo, caratterizzato dalla toga nera, simbolo della sua presunta saggezza, e una maschera con baffi pronunciati, incarna il parodistico accademico del XVII secolo. Il nome “Balanzone” è la trasformazione dialettale di “bilancione”, che in italiano significa “bilancia”, un simbolo legato alla Legge e alla giustizia. Questo aspetto si collega alla sua parodia degli accademici e giuristi dell’epoca, che, pur essendo spesso considerati saggi e giusti, venivano ritratti in modo esagerato e ipocrita.
Le sue origini risalgono al 1600, quando la maschera apparve per la prima volta nelle commedie dell’epoca, a rappresentare accademici, giuristi e studiosi dell’Università di Bologna, uno degli atenei più antichi del mondo. La figura di Balanzone è legata anche alla tradizione satirica della città, che negli anni ha reso la sua maschera una protagonista delle rappresentazioni teatrali del Carnevale. Ogni anno, Bologna ospita eventi e spettacoli che celebrano la figura di Balanzone, nei quali la maschera continua a raccontare in chiave ironica le virtù e i vizi degli accademici e della società.
La maschera di Gianduja a Torino
Gianduja è la maschera piemontese per eccellenza, simbolo dell’onestà e dell’allegria contadina. Il suo costume, caratterizzato da una giacca marrone, calzoni gialli, parrucca con codino e tricorno, evoca l’immagine di un uomo semplice, ma arguto e vivace. Nato nel Settecento, Gianduja rappresenta il tipico piemontese bonario, amato per la sua saggezza popolare, il suo spirito allegro e l’attitudine di chi sa divertirsi senza troppo sfarzo. È un personaggio che incarna la genuinità della campagna piemontese, amante del buon vino, dei cibi genuini e, soprattutto, della compagnia. Gianduja, come Balanzone, è un personaggio che vive della tradizione e del folklore della cultura popolare. Il suo nome sembra derivare dalla locuzione piemontese Gioann dla doja, ovvero Giovanni del boccale, un chiaro riferimento all’amore del personaggio per il vino, specie se rosso. In suo onore, il famoso cioccolatino con nocciole si chiama gianduiotto.
Gianduja ha una connessione profonda con la tradizione del Carnevale di Torino, dove ogni anno viene eletto un personaggio che interpreta questa maschera, spesso accompagnato dalla sua compagna Giacometta. Casa Gianduja, il Museo Teatro delle Marionette e dei Burattini e uno spazio recentemente aperto al pubblico, che ospita al suo interno spazi laboratoriali e didattici per la costruzione e il restauro di marionette e burattini. Il museo vanta una delle collezioni più prestigiose in Italia, la Collezione della Compagnia Marionette Grilli, che conta oltre 20.000 marionette e burattini, coprendo un periodo che va dal XVIII secolo fino ai giorni nostri.
A Firenze con il personaggio di Stenterello
Stenterello è la maschera per eccellenza di Firenze, una figura che nasce tra il Settecento e l’Ottocento come espressione dello spirito popolare della città. Il suo abito, caratterizzato da colori vivaci come l’azzurro e il giallo, e la sua parlantina rapida e vivace, lo rendono un personaggio carico di energia e umorismo.
Stenterello rappresenta il “tipico uomo del popolo” fiorentino: irriverente, arguto, e sempre pronto a usare l’ironia per criticare le ingiustizie sociali e le ipocrisie della società. La sua figura si distingue per la capacità di affrontare temi seri, come le disuguaglianze, con leggerezza e una grande dose di sarcasmo, facendo ridere il pubblico mentre riflette sulle problematiche della vita quotidiana. Stenterello si distingue anche per il suo carattere coraggioso, privo di paura nei confronti dei potenti, un tratto che lo rende un “eroe” in grado di sfidare le autorità attraverso il suo linguaggio schietto e diretto. Le sue battute e le sue storie, che mescolano satire sociali e politica, hanno fatto di lui un simbolo di Firenze, città storicamente legata alla tradizione di spettacoli popolari, come le commedie dell’arte. Il nome deriva dal suo aspetto gracile: un personaggio così magro che pareva, appunto, “cresciuto a stento”.
Ogni anno, il Carnevale fiorentino celebra Stenterello con numerosi spettacoli teatrali e rappresentazioni che lo vedono protagonista e che mescolano comico e riflessione.
Rugantino, la maschera del bullo di Trastevere
Rugantino è la maschera simbolo della città di Roma, incarnazione del carattere vivace e un po’ spavaldo dei romani, con origini intorno alla fine del 1700. La maschera nella sua prima versione indossava i panni del “birro”, la guardia giurata del tempo, con il cappello da gendarme nonostante venisse poi sempre identificato come il capo dei briganti. Col tempo, la maschera ha iniziato a impersonificare il tipico bullo di Trastevere: il nome “Rugantino” infatti deriva dal termine dialettale “ruganza”, che in romanesco indica l’atteggiamento di chi si comporta in modo arrogante, spavaldo, ma anche un po’ presuntuoso. Il suo abbigliamento è altrettanto caratteristico: un gilet rosso, simbolo della sua esuberanza, accompagnato da una camicia bianca e un cappello a tricorno, un mix di eleganza e popolare. Ma Rugantino nasconde un cuore generoso, e spesso finisce per essere vittima delle sue stesse spacconate e delle sue bugie (sa sempre cavarsela però), ed è proprio questa caratteristica che lo rende così umano e vicino al pubblico.
La figura di Rugantino è stata interpretata da molti comici e attori, e ha ancora oggi un forte legame con la commedia e il teatro romano, richiamando alla mente le tipiche rappresentazioni di un tempo, quando le storie di vita quotidiana venivano raccontate con risate, battute sagaci e una buona dose di esagerazione.
A Milano, la maschera di Meneghino
Meneghino è la maschera simbolo di Milano, riconoscibile per la sua schiettezza, l’ironia sottile e lo spirito antifrastico che lo caratterizzano. A differenza di molte altre maschere italiane, Meneghino non indossa una maschera sul volto, un dettaglio che lo rende un personaggio particolare, simbolo della trasparenza e dell’onestà del popolo milanese. Questa sua peculiarità suggerisce la sincerità e l’autenticità del personaggio, che non ha nulla da nascondere. A differenza delle altre maschere della commedia dell’arte, che si sono evolute nel tempo grazie alle interpretazioni improvvisate degli attori, Meneghino venne creato alla fine del XVII secolo per le commedie scritte da Carlo Maria Maggi, con un personaggio già definito nei dettagli, senza spazio per l’improvvisazione degli interpreti.
Il suo costume è semplice e sobrio, composto da una giacca marrone e pantaloni a righe, che riflettono il carattere pragmatista e modesto di Milano, città di lavoro e risparmio. Meneghino d’altronde è un personaggio che spesso si confronta con i potenti, con un atteggiamento di finta umiltà che maschera una grande intelligenza e capacità di argomentare. Con le sue battute e il suo comportamento, si fa portavoce dei temi sociali e delle difficoltà quotidiane dei milanesi, ma sempre con un tono divertente e mai eccessivamente serio.
Durante il Carnevale ambrosiano, come in altre feste popolari, la figura di Meneghino è sempre protagonista, e la sua presenza è celebrata in spettacoli teatrali che mettono in risalto la sua capacità di mescolare critica sociale e allegria.