Quando si parla di Dante, la mente corre subito a Firenze. Ma se invece volessimo far visita alla sua tomba, dove dovremmo andare?
A dispetto di quel che si pensa, Dante non è sepolto a Firenze. Bensì a Ravenna, città in cui morì nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. È infatti proprio in Emilia Romagna, che il Sommo Poeta – esiliato dalla sua città natale – trascorse i suoi ultimi anni. Ed è qui che, ancora oggi, è possibile visitare il sepolcro neoclassico che contiene le sue spoglie.
L’indirizzo in cui andare è la Basilica di San Francesco, nel centro di Ravenna. Qui il tempietto (che è un monumento nazionale) è stato costruito in una zona di silenzio denominata “zona dantesca”, che ospita – oltre alla tomba di Dante – anche il giardino con il Quadrarco e i chiostri francescani col Museo Dantesco. Ma qual è la storia della sua sepoltura?
Il giorno dopo il decesso, Dante fu subito sepolto all’interno del sarcofago in cui ancora oggi giace, ma che era posto all’interno del chiostro di Braccioforte; solamente alla fine del XV secolo, fu spostato sul lato ovest del medesimo. Firenze, però, non stette a guardare: iniziò a reclamare le spoglie del suo illustre cittadino, soprattutto quando furono nominati papi i fiorentini Leone X e Clemente VII.
Leone X, insieme a Michelangelo, inviò una delegazione a Ravenna a recuperare i resti di Dante, ma ebbe una brutta sorpresa: il sarcofago era vuoto. Attraverso un buco che dal chiostro raggiungeva la tomba, i frati francescani li avevano “trafugati” per metterli in salvo e, una volta restituiti al sarcofago, ecco che questo venne spostato all’interno del chiostro così da poter essere costantemente sorvegliato. Anche una seconda volta, i frati tolsero le ossa dall’urna originaria per nasconderle: accadde nel 1810, in pieno periodo napoleonico. La cassetta fu murata nell’oratorio attiguo, e nessuno ne seppe più nulla.
Per anni, chi faceva visita alla Tomba di Dante faceva visita in realtà ad una tomba vuota. Fino a quando, il 27 maggio 1865, un operaio ritrovò quell’urna. Uno studente, tale Anastasio Matteucci, tradusse l’iscrizione che l’urna recitava e gridò allo stupore: le ossa di Dante erano lì, non nella tomba! Ed ecco che la sua salma fu ricomposta, ed esposta al pubblico in una teca di cristallo per poi essere tumulata (di nuovo) nel tempietto che oggi possiamo ammirare. E Firenze? Firenze non potè far altro che arrendersi, costruendo un secondo tempietto neoclassico in Santa Croce, con Dante che – pensoso – è innalzato a gloria dall’Italia. Mentre la Poesia, guardando al sarcofago, piange.