Norilsk, in Siberia, è la città più a nord del mondo

Freddissima, triste e inquinata, è un ex gulag che oggi deve la sua ricchezza alle miniere

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Fonte: Olycom
Norilsk, la città più a nord del mondo

Norilsk, in Siberia, è la città più a nord del mondo. Purtroppo per i suoi abitanti però non è questo l’unico primato di questo luogo, che ne vanta anche altri ben poco invidiabili: è anche tra le città più fredde, più inospitali e più inquinate della Terra.
Qui, a 400 chilometri a nord del Circolo Polare Artico, il clima è decisamente estremo per la sopravvivenza umana: la temperatura media annuale è di 10° C sottozero. Il periodo freddo dura 280 giorni all’anno, 130 dei quali sono funestati da forti tempeste di neve, la quale ricopre il paesaggio di una coltre bianca per la maggior parte dell’anno. Per due mesi, sempre in inverno, sulla città cala il buio assoluto della notte polare.  A volte, d’inverno, la temperatura minima raggiunge i 55° C sotto lo zero. Come se non bastasse, Norilsk è la una delle città più ventose del mondo, tanto che la temperatura percepita arriva a 10-15° gradi in meno rispetto a quella reale.

Nel lunghissimo inverno i bambini possono uscire raramente e a volte sono costretti a rimanere mesi interi chiusi in casa. Durante le ondate di freddo, gli autobus circolano in convoglio a gruppi di 15 o 20 automezzi, con una frequenza di tre volte al giorno. In tal modo, se un bus si blocca, i passeggeri possono essere trasferiti su uno degli altri pullman.
Tutta la vita sociale ovviamente si svolge al coperto, nei centri commerciali e negli enormi centri sportivi, dimensionati  in modo da permettere agli abitanti di Norilsk di praticare attività che normalmente si svolgerebbero all’aria aperta, come corsa e ciclismo. Molti dei residenti, com’è possibile immaginare, a causa delle condizioni meteorologiche estreme soffrono di ansia, nervosismo, sonnolenza e depressione.

Norilsk non è solo una delle città più fredde del pianeta, ma è anche uno dei luoghi più isolati che esista al mondo. Persa nella tundra a nord del Circolo Polare Artico, non è raggiungibile via terra: l’unico modo per arrivare in questa città è per via aerea.
Ai tempi di Stalin, la strada per Norilsk, sede del gulag Norillag, che sorgeva proprio qui, era conosciuta come “via della morte”.
E qui arriviamo alla domanda che molti si saranno posti: perché mai questa città è abitata? La risposta sta nelle sue ricchezze minerarie celate nel sottosuolo: è da Norilsk che provengono il 35% del palladio, il 25% del platino, il 20% del nichel e il 10% del cobalto utilizzati in tutto il mondo.

Norilsk è stata colonizzata nel 1900 dopo la scoperta dei giacimenti minerari. Nel 1935 l’Unione Sovietica ha costruito un complesso metallurgico per estrarre i minerali e ha fatto confluire qui centinaia di migliaia di prigionieri condannati ai lavori forzati nel gulag e a una lenta morte nel deserto artico.
Il progetto della città risale al 1940 ed è stato disegnato da un gruppo di architetti prigionieri del gulag Norillag. La loro idea era che la città dovesse avere una pianta semplice e logica. Gli edifici più vecchi sono in stile architettonico stalinista, mentre nella seconda fase di espansione di Norilsk, che risale al 1960, gli edifici vennero costruiti -come si usava in Unione Sovietica a quei tempi- in pannelli prefabbricati.

Dopo la caduta del Muro di Berlino e dell’Unione Sovietica nel 1991, la città continuato a vivere e a prosperare e oggi fornisce il 2% del Pil russo.
Tutto questo ha un prezzo, e molto caro: Norilsk è tra le 10 città città più inquinate del mondo. Qui ogni anno, più di 2 milioni di tonnellate di gas nocivi, come biossido di zolfo, ossido di azoto, carbonio e fenoli vengono espulsi nell’atmosfera. Nonostante qui si vada in pensione anticipata a 45 anni e non si lavori per 90 giorni all’anno (con un ritmo di tre giorni lavorativi intervallati da uno di riposo), l’aspettativa di vita rimane di 10 anni inferiore al resto della Russia e il rischio di cancro è doppio rispetto al resto del Paese, per non parlare del già citato disagio psichico e della diffusione di malattie respiratorie. Alcuni studi hanno dimostrato che la qualità dell’aria è responsabile del 37% dei decessi infantili e del 21,6% delle morti degli adulti.