Cambiamento climatico e sci: uno studio svela i possibili scenari

Lo studio ha preso in esame 2.234 località in 28 Paesi europei, tra cui anche l'Italia: ecco cosa potrebbe accadere nelle stazioni sciistiche

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Emma Santo

Giornalista e Web Content Editor

Giornalista pubblicista, web content editor e storyteller, scrive di viaggi, enogastronomia, arte e cultura. Per lei, scrivere è come viaggiare.

I cambiamenti climatici in atto rappresentano sempre di più una sfida per le stazioni sciistiche europee, nonostante ricorrano all’innevamento artificiale, che di contro genera problemi di consumo di acqua ed energia. È ciò che emerso da uno studio che ha preso in esame 2.234 località in 28 Paesi, tra cui anche l’Italia.

Il recente studio ha ipotizzato due scenari: il primo prevede un aumento delle temperature medie di 2 gradi, il secondo un aumento di 4 gradi. Ciò che è venuto alla luce, è che in tutte le regioni montuose d’Europa i futuri cambiamenti climatici porteranno a un peggioramento delle condizioni della neve rispetto ai decenni precedenti, anche se questo varierà da regione a regione e all’interno delle stesse.

L’innevamento artificiale non basta

Senza l’uso dell’innevamento artificiale, risulta che il 53% dei resort si troverebbe ad affrontare un rischio “molto elevato” di carenza di neve se l’aumento della temperatura fosse di 2°C. Con un aumento di 4°C, quasi tutte le località (98%) si troverebbero in questa situazione. Ricorrendo alla produzione di neve artificiale, la percentuale di località a rischio scenderebbe al 27% (aumento di 2°C) e al 71% (4°C). Tuttavia, l’innevamento artificiale ha “scarso effetto” nelle aree a bassa quota o troppo a sud, dove le temperature sono troppo elevate per produrre neve in modo efficiente.

Lo studio, curato, tra gli altri, da Samuel Morin, ricercatore di fisica della neve, sottolinea anche che l’innevamento stesso può contribuire all’accelerazione del cambiamento climatico a causa dell’elevata domanda di energia che genera. Inoltre, aumenta la domanda di acqua. In definitiva, il messaggio principale dello studio “è che, sì, la produzione di neve può accompagnare l’adattamento delle stazioni di sport invernali e avere un effetto diretto sulla capacità operativa delle aree sciistiche. Ma questa soluzione non è generica, non è una soluzione miracolosa che può essere applicata sistematicamente ovunque“, spiega l’autore principale dell’indagine, il ricercatore di Grenoble Hugues François.

Stando a quanto rivela la ricerca, la cosa più importante da tenere in considerazione è l’eterogeneità dei casi, anche all’interno della stessa catena montuosa. La sfida è quella di orientarsi verso politiche più mirate. Metà delle stazioni sciistiche del mondo si trovano in Europa, dove generano un fatturato annuo di oltre 30 miliardi di euro e rappresentano una grande ricchezza per le economie locali. Tuttavia, secondo Nature Climate Change, rappresentano solo il 3% delle entrate dirette del turismo nel Vecchio Continente.

La situazione degli impianti sciistici in Italia

Anche in Italia, la mancanza di neve risulta più grave e frequente oggi rispetto al passato, condizionando notevolmente il turismo invernale, tra i settori dell’economia più sensibili ai cambiamenti climatici. Oltre a quello appena citato, diversi studi negli ultimi anni hanno cercato di capire quale sarà lo scenario degli impianti sciistici nei prossimi decenni. Le conclusioni sono tutte molto simili: la neve cadrà a partire da quote sempre più alte e gli impianti di risalita dovranno trovare alternative alle piste da sci per sopravvivere.

Un recente studio condotto dalla Banca d’Italia ha evidenziato una relazione significativa tra le nevicate e i flussi turistici invernali, che si ripercuote anche sula vendita di skipass e sui pernottamenti nelle località alpine italiane, a prescindere dalla regione o dalla tipologia di strutture. Inoltre, è emerso che appassionati di sci e turisti calano nonostante l’innevamento artificiale di cui le località alpine fanno un uso sempre più massiccio.