Tra le prime cose che ci vengono in mente quando pensiamo alla Turchia, ci sono sicuramente i suoi tantissimi (e bellissimi) siti archeologici. Il Paese, immerso in parte nel Mediterraneo, ne vanta davvero molti, alcuni dei quali sono in ottime condizioni nonostante il passare del tempo. Ne sono degli esempi le imponenti colonne della Biblioteca di Celso a Efeso e le colossali teste del Monte Nemrut. Tuttavia, non tutti sanno che c’è un altro sito, recentemente incoronato Patrimonio Unesco, che è ricco di meraviglie storiche e leggende curiose: Gordion.
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Gordion: cos’è e dove si trova
Gordion, il cui nome in italiano è Gordio, era l’antica Capitale della Frigia, mentre oggi è uno dei siti archeologici più importanti del periodo antico. Si trova a 70 chilometri a sud-ovest di Ankara, nella regione dell’Anatolia Centrale, e offre una ricca storia che risale all’Età del Bronzo Antico.
Un sito straordinario che sorge in una posizione particolare: su un tumulo vicino al fiume Sakarya e al villaggio di Yassıhöyük, una collocazione strategica che gli ha permesso il controllo su terreni fertili in epoche antiche.
Il territorio in cui si sviluppa è famoso per essere arido, e il sito prende vita in una particolare pianura che a prima vista sembra più una cava o un cratere crollato di un vulcano spento.
Cosa vedere a Gordion
Il sito di Gordion permette di fare una vera e propria immersione nella storia e, anzi, in cinque epoche diverse: gli scavi effettuati nel corso degli anni hanno riportato alla luce cinque stratificazioni corrispondenti alle cinque principali civiltà che si sono succedute nel corso dei secoli.
Un paesaggio lunare, il suo, dove spiccano dei tumuli che indicano i luoghi di sepoltura dei re frigi. Fino a questo momento ne sono stati identificati circa 150, risalenti al periodo che va dal IX secolo a.C. al III secolo a.C.
Particolarmente sorprendenti sono le rovine scavate del complesso della cittadella di Gordion, che offrono anche dei suggestivi panorami sui campi circostanti e sui tumuli funerari che possiedono la peculiare forma di un cono.
Molto bella è anche l’imponente porta della città, risalente al VIII secolo a.C., che è un valido esempio della maestria dell’architettura frigia.
Non mancano fondamenti in pietra di palazzi che, purtroppo, oggi non sono più in piedi, come sono presenti edifici in stile mégaron in cui sono stati persino ritrovati dei sorprendenti mosaici.
L’attrazione per eccellenza di Gordion è sicuramente quella che viene ritenuta la tomba di re Mida, un tumulo funerario di terra artificiale che misura 53 metri di altezza e 250 metri di diametro, il più grande del suo genere in Anatolia.
Per arrivare alla camera funeraria occorre attraversare un passaggio lungo 70 metri (aggiunto in tempi moderni), che permette di trovarsi al cospetto del luogo sacro della sepoltura, che quando è stato scoperto, nel 1957, aveva ancora pareti originali in travi di legno e un tetto a capanna, entrambi perfettamente intatti. Ma non solo, perché al suo interno riposava lo scheletro di un uomo alto 1,59 metri, di età compresa tra i 61 e i 65 anni, circondato da suppellettili funerarie.
Ci sono anche altri tumuli che vale la pena esplorare e che contengono tombe del periodo dal 725 al 550 a.C. In particolare si segnala la cosiddetta Tomba del Bambino, che nel momento del suo ritrovamento ha restituito mobili in legno, rilievi in avorio e sculture in legno di bosso.
Il Museo di Gordion
Di fronte a quello che viene considerato il tumulo di re Mida sorge il Museo di Gordion, in cui sono gelosamente conservate monete macedoni e babilonesi, figurine in bronzo e gioielli con perle di vetro provenienti dalla Mesopotamia siro-levantina.
Oggetti che oggi ci raccontano il ruolo di questa antica città perduta nello snodo dei commerci, delle comunicazioni e delle attività militari dell’Anatolia.
Il museo è piccolo, ma ciò non toglie che sia uno scrigno di tesori preziosi: è qui che è conservato il più antico mosaico di ciottoli mai ritrovato, oggi sepolto nel giardino del parco del museo.
Miti e leggende
Secondo gli archeologi, Gordion era governato dal leggendario re Mida, chiamato anche “l’uomo dal tocco d’oro” perché, grazie a dei poteri che gli aveva donato Dioniso come premio per avergli riportato il compagno Sileno, era in grado di trasformare tutto ciò che toccava in questo prezioso metallo. Nel corso della sua vita, però, il sovrano si rese conto che questo dono rappresentava un problema: il cibo si solidificava e non poteva mangiarlo, e un abbraccio dato a sua figlia la trasformò in una statua.
La verità, tuttavia, è che alcune prove dell’esistenza di Mida esistono, ma gli archeologi non possono dire con sicurezza che il tumulo più famoso di Gordion appartenga al sovrano. Ciò che è certo è che al suo interno è stata rinvenuta una grande camera sepolcrale costruita con tronchi di pino e ginepro, e che oggi questo è il più antico edificio in legno ancora in piedi in qualsiasi parte del mondo.
Dei resti dell’uomo al suo interno, purtroppo, non si sa molto, se non che era di sesso maschile e sulla sessantina. Dalla sontuosa sepoltura si può dire che era chiaramente un re, ma non quale. Anzi, alcuni studiosi ritengono che potrebbe essere il padre di Mida, Gordias, che morì quando il figlio prese il potere e che come lui divenne leggendario: secondo la tradizione, quando il re precedente, che era senza eredi, venne a mancare, i cittadini chiesero aiuto all’oracolo, che dichiarò che il seguente sovrano sarebbe entrato in città alla guida di un carro trainato da buoi. Fu Gordias a farvi ingesso, un contadino a cui si deve anche il nome della città, avvero Gordion.
La leggenda continua raccontando che, per festeggiare, il suo carro fu esposto in un tempio, legato con un nodo complicato: il celebre Nodo Gordiano. La cosa curiosa è che, stando alla tradizione, chiunque fosse riuscito a scioglierlo avrebbe governato l’Asia. Nel corso degli anni molti ci provarono, anche se tutti fallirono. Tuttavia, esiste anche un famoso aneddoto secondo cui questo celebre nodo fu sciolto da Alessandro Magno, durante la sua conquista della città nell’ormai lontanissimo 333 a.C.