Biertan, il villaggio da film horror nel cuore della Romania

Nel cuore della Transilvania, il paesino scelto per il film "The Nun" ha una duplice anima e una storia originale

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Redazione

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Pubblicato: 21 Ottobre 2018 09:25Aggiornato: 21 Ottobre 2018 09:25

Nella regione storica della Transilvania, nel distretto di Sibiu, Biertan è un villaggio dalla duplice anima: da un lato l’atmosfera bucolica della campagna, dall’altro i suoi edifici gotici che ben si prestano a fare da set a film dell’orrore.

Ed è proprio un film horror, ad aver scelto Biertan come location per le sue riprese. “The Nun – La vocazione del male”, spin-off di “The Conjuring – Il caso Enfield” incentrato sul demone con sembianze di suora Valak, è stato girato proprio qui, in questo piccolo paese che ospita il più famoso festival del film horror e fantasy dell’intera Romania, Luna Plina.

Non solo Biertan è stato utilizzato, per “The Nun”: anche la sua spaventosissima frazione Copsa Mare (un pugno di case nascoste nel bosco) e il castello di Hunedoara, datato 1300 e dalle sembianze horror, sono stati impiegati. Intorno alla fortezza, sono stati piantati per l’occasione alberi, croci e lapidi, che rendono l’atmosfera ancor più inquietante.

castello di Hunedoara

Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, Biertan è circondato da una natura incontaminata, da boschi, vigne e campi di granturco. E si caratterizza per le sembianze fortemente gotiche dei suoi edifici. La sua principale attrazione è la cittadella fortificata, costruita tra il XV e il XVI secolo in stile gotico ma con alcuni elementi rinascimentali; e poi la chiesa a tre navate, realizzata tra il 1492 e il 1516. Tra le 300 chiese fortificate di quell’epoca, questa – sita su di una collinetta al centro del villaggio – preserva il suo aspetto originario.

Chiesa fortificata Biertan

Col più grande altare ligneo della Transilvania, e con il suo gigantesco organo a 1290 canne, la chiesa ospita una Torre della Prigione dalla storia inquietante. Qui venivano imprigionate le coppie che volevano divorziare, costrette a dividersi tutto: una sola coperta, una sola sedia. In un tempo massimo di 6 settimane dovevano decidere se separarsi davvero, chiuse in una specie di carcere che – secondo il religioso che lo volle – doveva servire a fare più saldo il legame.

La stanza in cui le coppie erano imprigionate, oggi si può visitare. C’è un letto piccolissimo, ci sono manichini vestiti alla maniera dell’epoca. E sembra davvero di essere in un film dell’orrore.