Ha la fama di “portare iella”. In realtà è un delizioso borgo della Basilicata. Così, da oltre 50 anni Colobraro, piccolo centro del Materano con sole 1500 anime, è stato etichettato come il “paese innominabile”. Da qui l’idea del Sindaco di trasformare la cattiva fama in un porta fortuna per attirare, con l’aiuto della Regione e dell’Agenzia di promozione turistica, turisti stranieri e non, meglio se non superstiziosi.
Nelle intenzioni del Primo cittadino la volontà, alla faccia delle malelingue, di sfruttare a proprio vantaggio la leggenda come veicolo di promozione del territorio locale puntando sull’intrattenimento e sulla cultura, rifacendosi soprattutto agli studi antropologici fatti da Ernesto de Martino sul paese. Un progetto, questo, ancora tutto da sviluppare, ma che ha un obiettivo ambizioso: sfidare la malasorte.
La “maledizione di Colobraro” risalirebbe a un aneddoto, per molti neanche vero, legato a un lampadario rottosi circa 60 anni fa. Negli Anni ’40 un certo Don Virgilio, podestà di Colobraro, minacciò che se non avessero detto la verità, l’enorme lampadario sarebbe caduto. La sfortuna volle che questo, secondo quanto narra la leggenda, cadde veramente e che, essendo adornato di aculei, uccise i malcapitati, che avevano messo in dubbio le parole dell’uomo.
Da quel momento neanche a dirlo il paese d’origine di Don Virgilio, Colobraro per l’appunto, fu bollato come porta sfortuna. Bastò questa triste coincidenza per far sì che le malelingue dei paesi linitrofi (Viggianello, in primis) iniziassero a parlarne come di un paese da non nominare, convinte che solo a pronunciare il suo nome potesse accadere qualcosa di brutto.