Ogni anno Firenze celebra la domenica di Pasqua con lo Scoppio del Carro, una tradizione nata circa 350 anni fa. È passato alla storia con un’impresa leggendaria: la scalata delle mura di Gerusalemme a mani nude durante la prima crociata e l’onore di entrare per primo nella città santa. Ardito e glorioso, Pazzino de’ Pazzi, rientrò a Firenze il 16 luglio del 1101, accolto con onori solenni e tre schegge del santo sepolcro, donategli da Goffredo di Buglione per il valore dimostrato. Tutto ha inizio dalle scintille di queste pietre (al momento conservate nella Chiesa dei santi Apostoli) usate dai devoti per accendere una piccola torcia e portare in processione il fuoco benedetto, simbolo della purificazione.
Con il passare del tempo il rito si è arricchito non poco: oggi la mattina di Pasqua la folla applaude il brindellone, il carro trainato dai buoi che arriva fino al sagrato del Duomo, per essere incendiato dalla colombina. Lanciata da dentro la chiesa dove si sta celebrando la messa, dopo aver scivolato lungo la navata centrale su un filo di ferro fissato al centro del carro, darà fuoco ai mortaretti e alle girandole per poi tornare indietro. Solo allora, se tutto sarà andato senza intoppi, mentre in piazza risuoneranno sibili, fischi, scoppi e fumate colorate l’auspicio per il raccolto sarà buono.
Poi non resta che godersi il profilo di S. Maria del Fiore, il campanile di Giotto, i giardini, il passeggio per le vie fino alla chiesa di Santa Croce, dove nel primo chiostro il Brunelleschi realizzò per i discendenti di Pazzino una delle sue opere più belle, la Cappella Pazzi, dalle linee purissime e rigorose, splendido esempio di architettura rinascimentale.
Se lo scoppio del carro di Firenze è l’evento più noto, non è meno amata la rievocazione storica che si tiene a Grassina la sera del venerdì santo, con il suo centinaio di figuranti a seguire la via crucis per le strade e ad animare le scene della passione. A gestire le varie fasi della manifestazione c’è un apposito comitato e la macchina organizzativa è di tutto rispetto. Qui di Gesù ne hanno perfino due, ma in realtà molti altri personaggi sono doppi (appaiono sia nelle scene della passione sia nella processione), fino al momento in cui si ricongiungono e si scopre che magari di Gesù ce n’è pure un terzo, più aitante e giovane, pronto a sfidare il freddo e l’altezza per salire fin sulla Croce. Un lavoro faticoso che richiede esperienza e impegno (l’ultimo lo ha interpretato per 20 anni) ma che ripaga tutti e in passato ha portato qui pure una giovane Oriana Fallaci, all’epoca giornalista alle prime armi per Epoca (allora diretta dallo zio, Bruno Falllaci).
Rimanendo poco fuori Firenze il rito, con il volo della colombina, si ripete in tutto e per tutto a Rufina, Figline Valdarno, Greve in Chianti e a Montefioralle. Da quest’ultima, poi, si gode un panorama spettacolare sulla vallata del Greve, sui monti del Chianti fino ad arrivare a San Gimignano. È qui, per le vie, le piazze cittadine e sotto le sue torri, che il venerdì santo (quest’anno il 10 aprile) si tiene la processione della Santa Croce, con i confratelli della venerabile Arciconfraternita di Misericordia a sfilare in costume.
A Castiglione Fiorentino, vicino al confine umbro non lontano da Arezzo, la volata si tiene alla messa di mezzanotte del sabato quando la statua di Cristo Risorto, percorre velocemente tutta la navata centrale della Collegiata mentre si accendono le luci e in piazza scoppiano le castagnole.
La mattina dopo il risveglio è dolcissimo a Chianciano Terme, e non solo per la tentazione di godersi le festa nel relax delle sue fonti d’acqua, o di passeggiare per le sue colline e i suoi boschi di querce, faggi e castagni. Qui la mattina di Pasqua c’è la Colazione (la maiuscola è d’obbligo) a base di “ciaccia”, un impasto con formaggio pecorino, capocollo e uova sode.
Un rito ancora diverso si celebra in alta Versilia, in venerdì santo a Seravezza (Lucca): la processione per commemorare Gesù Morto inizia appena si fa buio e si snoda dietro una grande croce nera portata da un confratello, scortato da altri con torce. Tutti sono vestiti di nero, tranne uno, quello che porta gli oggetti della Passione (la fune, la croce, il martello e le tenaglie): è vestito di bianco e ha una corona di fiori sul capo. Ci sono anche le Confraternite e la Compagnia del Santissimo Sacramento, ciascuno con i suoi priori e il clero salmodiante a dare un’atmosfera vagamente funerea.
Il giorno di pasquetta a Signa si festeggia (dal lontano 1385) la beata Giovanna, che della cittadina è pure la patrona: un corteo che parte col Capitano scortato da sei armati, prosegue coi tamburini, il gonfalone, il podestà, il notaio e il camerlengo generale e termina con il pievano di Signa, la Venerabile Compagnia del Santissimo Sacramento e dello Spirito Santo. L’ultimo è un bambino, seduto su un ciuchino: vestito da angelo ha in mano un passerotto, che poi sarà liberato alla Pieve, come gesto di buon augurio.
Voglia di mare? A Marina di Bibbona, nel Livornese, c’è la Festa del cedro e il Palio delle botti: qui i cinque rioni festeggiano la chiusura della sagra del cedro sfidandosi a spingere le botti in un percorso in salita per le strade del borgo. Le spiagge non sono lontane.