Due nuove scoperte emergono dal noto sito archeologico

Due eccezionali ritrovamenti consentono di fare luce sulle origini e sullo sviluppo urbanistico di una nota e importante polis magnogreca

Foto di Flavia Cantini

Flavia Cantini

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Esistono siti archeologici che, nel tempo, continuano a sorprendere e a donare nuove entusiasmanti scoperte che permettono di aggiungere ulteriori tasselli alla conoscenza dell’antichità e all’area stessa.

Uno di questi è Paestum, in provincia di Salerno, che racchiude le rovine di Posidonia, città della Magna Grecia oggi Patrimonio UNESCO, ed è noto per i suoi straordinari templi: nel 2023, infatti, gli scavi avevano rinvenuto innumerevoli oggetti, tra cui altari, terracotte ed ex voto, e adesso, come dichiarato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Mic), sono tornati alla luce due templi di stile dorico.

La portata della nuova scoperta

A Paestum, così come a Pompei, gli archeologi lavorano da anni per esplorare le zone ancora intatte, ed è proprio dalla nuova campagna di scavo stratigrafico in corso nella zona occidentale dell’antica Posidonia, a poche centinaia di metri dal mare, che è avvenuta la recente e importante scoperta dei due templi dorici.

Gli edifici sacri, oltre a fornire nuove prospettive sulla storia e l’architettura del santuario, consentono di ricavare informazioni inedite sulla struttura urbanistica della polis magnogreca. Infatti, alle spalle del tempio, gli studiosi hanno individuato il crollo del paramento interno delle mura che proteggevano l’antica città e che aveva causato il parziale crollo del tempio stesso: al di sotto, è emersa una strada battuta che si sviluppa parallela al tempio con un orientamento differente rispetto alle mura. Ciò testimonia come, alla fine del VI secolo a.C., nel momento in cui fu costruito il tempio più antico, Posidonia non disponesse ancora di mura difensive.

La scoperta mostra, allora, un periodo di grande crescita per la polis, sottolineato dalla costruzione di un santuario in posizione strategica, visibile direttamente dal mare, per difendere lo spazio urbano.
La rilevanza di tale spazio sacro si evince dalle complesse fasi edilizie con la realizzazione di due templi dorici e l’assidua e lunga frequentazione (oltre mezzo millennio) che vede una continuità del culto dall’epoca greco-lucana a quella romana.

I due nuovi templi di Paestum

Entriamo ora nel dettaglio della scoperta: il primo tempio, ritrovato già nel giugno 2019 e indagato soltanto a partire da settembre 2022, si fa risalire ai primi decenni del V secolo a.C. e, a oggi, rappresenta un esempio unico nel suo genere dell’architettura templare dorica: conserva porzioni dello stilobate (ovvero il basamento delle colonne) e del crepidoma (vale a dire i gradini su cui veniva costruito il tempio) e misura 1.60×7.60 metri con una peristasi di 4×6 colonne.

Ancora, all’interno del tempio al di sotto della peristalsi, sono riemersi 14 capitelli dorici frammentari e ulteriori elementi architettonici che potrebbero indicare quanto la storia dell’edificio sia ancora più antica: la tipologia dei capitelli è paragonabile a quella del tempio di Hera I, conosciuto come “Basilica”, il tempio più antico tra i tre maggiori del sito di Paestum.

L’eccezionale e nuovo ritrovamento dimostra che siamo di fronte anche a un secondo tempio, risalente al VI secolo a.C., di dimensioni più modeste ma dalle caratteristiche architettoniche similari a quelle dei primi grandi templi dell’area pestana.

Non è ancora del tutto chiaro il motivo per cui, all’inizio del secolo successivo, tale struttura venne sostituita da un nuovo tempio nella medesima zona: forse a causa di un crollo?