A Torre Annunziata, presso l’antica Oplontis romana, gli archeologi hanno riaperto i lavori su uno dei gioielli dell’edilizia residenziale del mondo antico. La villa di Poppea, già celebre per i suoi affreschi straordinari, ha restituito nuove sorprese dal salone della Maschera e del Pavone, ambiente che gli studiosi conoscevano solo in parte.
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La scoperta nella villa di Poppea
Il cantiere nel parco archeologico dell’Oplontis romana di Pompei si è concentrato sul settore occidentale della villa, dove il salone mostrava ancora zone inesplorate. Gli archeologi hanno finalmente potuto definire le dimensioni reali dell’ambiente, correggendo le ipotesi formulate in passato sulla base di dati incompleti.
Dalla terra sono emersi nuovi affreschi in II stile: colori vivaci, dettagli minuziosi, iconografia densa di significati. La sorpresa maggiore? Una pavonessa perfettamente conservata, dipinta di fronte al pavone maschio che già conoscevamo. I due uccelli si guardano da lati opposti della parete, simboli di lusso e immortalità che dovevano impressionare gli ospiti dell’epoca.
Ma il salone non parlava solo il linguaggio della solennità. Tra i frammenti affiorati c’è Pappus, maschera della Commedia Atellana: un vecchio grottesco, buffo, lontanissimo dalle maschere tragiche già presenti nell’ambiente. Chi abitava questa villa amava mescolare il sublime al comico, la tragedia alla farsa.

Altri frammenti mostrano tripodi d’oro e bronzo inseriti in cornici circolari. I restauratori hanno anche applicato la tecnica dei calchi per recuperare le impronte degli alberi del giardino adiacente: una disposizione ordinata, probabilmente olivi, che integrava il verde nell’architettura.
Lo scavo ha individuato quattro ambienti mai documentati prima. Uno di questi, con pianta absidata, faceva probabilmente parte di un settore termale. Gli archeologi hanno anche riconosciuto un antico alveo torrenziale, traccia del paesaggio che le eruzioni successive hanno cancellato.
L’importanza della scoperta
La riscoperta del salone della Maschera e del Pavone supera le conoscenze archeologiche pregresse e offre una nuova prospettiva inedita sulla planimetria della villa e sui rapporti tra architettura, decorazioni e paesaggio circostante. La villa di Poppea rivela essere stata una dimora di lusso ma anche un organismo articolato in costante dialogo con il territorio attorno.
Lo scavo è stato pensato anche come occasione strategica per la valorizzazione del tessuto urbano. Si prevede infatti un futuro collegamento con il vicino Spolettificio Borbonico, destinato a trasformarsi in polo museale dotato di spazi espositivi, depositi e servizi. L’archeologia di Pompei entra così in una visione contemporanea di rigenerazione culturale e sociale.
Accanto alle indagini di scavo, si è proceduto al restauro di due cubicola nell’area sud-occidentale della villa. Questi piccoli vani, riservati al riposo, hanno restituito decorazioni di qualità eccezionale: stucchi, affreschi, volte dipinte e mosaici pavimentali eseguiti con una tavolozza ricca, che comprende anche il prezioso blu egizio.

Lo scopo del restauro era quello di recuperare la piena leggibilità delle superfici decorative che era stata compromessa a causa del degrado e di interventi effettuati in passato. I risultati e il lavoro meticoloso hanno portato alla luce dettagli e colori che prima erano invisibili, restituendo un impatto visivo agli ambienti che ora risulta più intenso e coinvolgente.
Le nuove scoperte hanno rafforzato il ruolo della villa di Poppea di Pompei rendendola un laboratorio di narrazione e divulgazione, dimostrando che il passato ha ancora molto da raccontarci.