A Pennisi, piccola frazione dell’area etnea segnata nel profondo dal terremoto di Santo Stefano del 2018, la riapertura della Chiesa di Santa Maria del Carmelo è un gesto collettivo, un momento di riconciliazione con una ferita ancora viva nella memoria degli abitanti. Lunedì 15 dicembre, alle 16.30, tornerà finalmente ad accogliere i fedeli dopo un lungo e complesso intervento di ristrutturazione, consolidamento e restauro.
Per anni, la chiesa ferita ha raccontato il trauma del sisma: le impalcature, le transenne, la torre campanaria crollata erano il segno tangibile di una perdita. Oggi, invece, Santa Maria del Carmelo si mostra con un volto rinnovato.
Indice
Il sisma del 2018
Il terremoto del 26 dicembre 2018 colpì con violenza la struttura, mettendone a rischio la stessa sopravvivenza: il crollo della torre campanaria, lo sfondamento di parte della copertura, lesioni diffuse sulle murature, danni al salone parrocchiale e alle volte decorate.
Da quel momento ha preso avvio un percorso lungo e complesso, fatto di scelte tecniche, confronto istituzionale e ascolto della comunità, con un obiettivo chiaro: non limitarsi a riparare i danni, ma restituire sicurezza, dignità e senso a un luogo radicato nella vita del territorio.

Il cantiere simbolo della ricostruzione
Avviato nel febbraio 2024 e concluso a fine novembre 2025, il cantiere di Santa Maria del Carmelo è stato uno degli interventi più significativi della ricostruzione post-sisma nell’area etnea. Un investimento di 2,38 milioni di euro, finanziato dal Commissario Straordinario per la Ricostruzione Area Etnea, che ha visto la Curia Diocesana di Acireale nel ruolo di committente, Sicef S.r.l. come capofila della progettazione e Sincol srl come impresa esecutrice, specializzata nel restauro e consolidamento dei beni del patrimonio culturale.

Il progetto esecutivo nasce da un concorso di progettazione a due fasi e porta la firma di un gruppo di giovani professionisti, con la direzione dei lavori affidata all’architetto Gioele Farruggia e la responsabilità unica del procedimento all’ingegnere Rosario Arcidiacono. Una squadra tecnica che ha lavorato per circa 21 mesi con l’obiettivo di unire sicurezza strutturale, tutela del patrimonio artistico e rispetto della storia dell’edificio.
Sicurezza e tutela della bellezza
L’intervento ha affrontato le criticità lasciate dal sisma con una strategia integrata, che ha guardato alla chiesa come a un organismo unitario, da ripensare alla luce delle più avanzate normative tecniche per il patrimonio culturale. Dal punto di vista strutturale, il lavoro ha puntato a migliorare la risposta sismica dell’edificio, per ridurre le vulnerabilità storiche e garantire maggiore sicurezza per i fedeli.
In parallelo, grande attenzione è stata riservata alla salvaguardia degli elementi artistici e decorativi che caratterizzano l’unica navata della chiesa. Le volte in canne e gesso, gli apparati plastici e pittorici, gli stucchi e gli interni sono stati messi in sicurezza e restaurati con interventi mirati, capaci di preservarne l’identità senza cancellarne le tracce del tempo. Anche la facciata in stile romanico, con gli archi a tutto sesto, il pronao e il rosone centrale, è stata oggetto di un attento restauro, volto a restituire leggibilità e armonia all’insieme.

Uno degli aspetti più significativi dell’intervento è la scelta progettuale di non limitarsi a un semplice “com’era e dov’era”. Come sottolinea l’ingegnere Salvatore Sinatra, CEO di Sincol, la ricostruzione ha voluto reinterpretare in chiave contemporanea le parti crollate, rendendo leggibile la memoria del sisma e del processo di rinascita.
La reintegrazione volumetrica della torre campanaria e della sacrestia diventa così un gesto di cura verso la memoria collettiva. Accanto ai materiali tradizionali, sono stati introdotti acciaio e lamiera microforata, in un linguaggio architettonico che distingue chiaramente il nuovo dall’antico, senza però spezzarne il dialogo: il risultato è una chiesa che non nasconde la propria storia, ma la racconta tramite le sue forme e diviene un vero e proprio manifesto della ricostruzione nell’area etnea.
Una storia lunga 125 anni
Santa Maria del Carmelo nasce nel 1897 dalla volontà della famiglia D’Agata e dalla richiesta degli abitanti di Pennisi di avere un luogo di culto nella borgata. Fin dall’inizio, la chiesa è stata “di tutti”: uno spazio di preghiera, ma anche di incontro, aggregazione e identità condivisa.
Nel corso del Novecento ha affrontato prove difficili, dai terremoti degli Anni Ottanta agli interventi di messa in sicurezza degli Anni Novanta, fino al sisma del 2018 che ne ha messo in discussione l’esistenza.
La cerimonia di riapertura
La giornata del 15 dicembre sarà scandita da momenti di forte valore simbolico e istituzionale. Alle 16.30 l’accoglienza dei presenti sarà affidata al parroco, Sac. Samson Socorro Fernandes. Alle 17, la benedizione e l’apertura della porta della chiesa da parte di S.E. Mons. Antonino Raspanti, vescovo della Diocesi di Acireale, segneranno ufficialmente il ritorno di Santa Maria del Carmelo alla vita liturgica.
Seguiranno gli interventi delle autorità civili e religiose, a partire dal sindaco di Acireale Roberto Barbagallo e dal prefetto di Catania Pietro Signoriello, fino al Commissario straordinario per la Ricostruzione Area Etnea Salvatore Scalia, alla soprintendente ai Beni Culturali e Ambientali Ida Buttitta e al direttore dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici ed Edilizia di Culto Don Angelo Rosario Milone. Il quadro tecnico dell’opera sarà illustrato dai protagonisti del progetto, mentre le conclusioni saranno affidate al ministro per la Protezione Civile e le Politiche del Mare Nello Musumeci. A moderare l’incontro sarà la giornalista Giada Giaquinta.
Alle 18.30, la Messa solenne presieduta da Mons. Raspanti chiuderà una giornata che celebra il ritorno di un luogo dell’anima al centro della vita di Pennisi.
