In Italia è stata fatta una scoperta eccezionale

Il mare italiano stupisce ancora: negli abissi sono stati rinvenuti alcuni interessantissimi reperti antichi

Il mare italiano ha restituito alcuni importanti reperti archeologici che lasciano tutti a bocca aperta. Una scoperta avvenuta negli abissi grazie al lavoro del Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Udine.

Laguna di Grado, scoperti due relitti di navi romane

Ci troviamo nella Laguna di Grado, una meraviglia naturale situata nell’Alto Adriatico, all’interno del territorio del comune di Grado, in provincia di Gorizia. Proprio qui due relitti di epoca romana, distanti tra loro 2 chilometri in linea d’aria, sono stati scoperti nell’ambito della periodica attività di controllo dei siti archeologici sommersi dai Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Udine e poi analizzati dagli archeologi dell’ateneo del Friuli.

Nello specifico, le forze dell’ordine stavano effettuando il monitoraggio di un vasto specchio d’acqua compreso tra Grado e le Foci del Timavo, in collaborazione con il Centro Subacquei di Genova, la Soprintendenza di Trieste e l’Università di Udine.

A rendere nota questa notevole scoperta sono stati gli stessi protagonisti che sostengono che questo dovrebbe essere il sistema portuale diffuso della metropoli di Aquileia, in cui lo scalo gradese costituiva una cerniera tra le rotte marine e le acque interne fluvio-lagunari dell’arco Adriatico.

La scoperta nel dettaglio

Un ritrovamento che in realtà si è protratto nel tempo. Una delle due navi, infatti, è stata osservata ai primi di luglio del 2022 proprio presso laguna. Ma grazie a una campagna di approfondimento avviata nei giorni successivi, gli archeologi subacquei dell’università di Udine hanno potuto verificare che nell’accesso alla Laguna di Grado affioravano anche alcune costole portanti dello scafo, lungo un allineamento di oltre 12 metri.

Il relitto si trova a una profondità di circa 5 metri e risulta in maggior parte interrato. Nonostante questo, si è potuto appurare che è stato costruito con la tecnica detta a “mortasa-tenoni”. La porzione di scafo al momento visibile ha una lunghezza pari a metri 12,20, ma considerata la conformazione del legno esposto potrebbe risultare lunga almeno il doppio.

Tramite delle pulizie fatte a mano è stato possibile portare alla luce anche altre parti dello scafo, in cui è visibile l’assemblaggio tipico dell’epoca romana. Al termine di questa attività è stato poi verificato un altro sito segnalato nel 2019 nello spazio antistante il lungomare di Grado. Una verifica che ha permesso di determinare la presenza di un nuovo relitto (chiamato Grado 5), costituito da alcuni elementi dell’ossatura dello scafo riconducibili alla fiancata di una nave.

Per questo secondo reperto è stato possibile fornire anche un’indicazione cronologica più precisa grazie al rinvenimento nel sito di un’anfora del tipo Lamboglia 2 arcaico, che colloca il naufragio tra la fine del II e gli inizi del I secolo a.C. Sono stati osservati, inoltre, anche il collo di brocca e uno di anfora risalenti al II-III secolo d.C.

Non è la prima volta che l’area di Grado restituisce relitti di imbarcazioni di età romana. Vi basti pensare alla “Iulia Felix”, nave del II secolo d.C., rinvenuta nel 1986, che naufragò nelle acque dell’Adriatico a circa 6 miglia al largo dell’isola di Grado con un carico di 560 anfore. Sintomo che, evidentemente, sono ancora tanti i tesori da scoprire in questa zona.