Topolò, il borgo di confine su un ripido pendio

Incastonato tra i verdi boschi delle valli del Natisone, al confine con la Slovenia, il raccolto borgo resiste al tempo e dona un'atmosfera unica

Foto di Flavia Cantini

Flavia Cantini

Content writer & Travel Expert

Content Writer specializzata nel Travel. Per lei il successo è fare da grandi ciò che si sognava da bambini e se, scrivendo, riesce ad emozionare, ha raggiunto il suo obiettivo.

Pubblicato: 23 Ottobre 2022 10:31

Qui è dove l’asfalto finisce, nell’estrema parte orientale della provincia di Udine, a pochi passi dal confine con la Slovenia: disperso tra i boschi delle valli del Natisone, arroccato su un pendio a 580 metri di altitudine tra i monti Colovrat e San Martino, ecco Topolò, frazione del comune di Grimacco.

Una ventina di abitanti dei 400 che furono (ma ne stanno arrivando di nuovi, chi per l’estate chi per viverci tutto l’anno), nessun bar o negozio: il ritmo della vita scorre lento, sospeso nel tempo, in un silenzioso e verde paesaggio plasmato, nel corso dei secoli, dai torrenti Patok, Za Traunim e Za Velin Čelan.

Il nome del borgo deriva dallo sloveno “topol”, ovvero pioppo, a indicare un territorio ricco di questi alberi.

I punti di interesse del borgo di confine

Sono un centinaio le case, molte delle quali vuote, e l’abitazione più tipica di Topolò è la “casa izba“, di origine medievale, caratterizzata dall’architettura spontanea della Slavia veneta: a pianta rettangolare, con scale esterne e ballatoi, si eleva su tre livelli e presenta due stanze per piano.
Il pianoterra ospitava la cucina, chiamata in passato “stanza del fumo” poiché priva di camino, e un tinello (“izba”) riscaldato dalla stufa- forno, la cosiddetta “pec”.
Salendo la scala esterna, si raggiungono le camere del primo piano e il ballatoio dove, anticamente, venivano essiccati il mais e i funghi per il consumo familiare.

Di recente, grazie ai finanziamenti dell’Unione Europea, molte case sono state restaurate e oggi si propongono come “albergo diffuso“, soprattutto per una comunità internazionale, giovane, nomade e creativa che aiuta il borgo a rivivere nonostante il massiccio spopolamento iniziato a fine Ottocento e proseguito dopo la metà del XX secolo.

Passeggiando tra le strette stradine pedonali lastricate, in una dimensione “altra” lontana dalla frenesia e dai rumori della vita di città, lo sguardo si posa poi sulle “kozolec“, costruzioni in pietra e legno adibite a ricovero per gli attrezzi agricoli e utilizzate per fare seccare il fieno e i prodotti dei campi.

Ma non solo: di sicuro interesse è la Chiesa di San Michele, costruita direttamente dagli abitanti nel 1847 con materiale estratto dalle cave locali: sulla facciata spicca il mosaico raffigurante San Cristoforo mentre l’interno ospita tre altari, il maggiore intitolato a San Michele e i due laterali alla Santa Vergine e a San Giuseppe.
Da vedere anche gli affreschi a opera del pittore friulano Antonio Gentilini e la pala in terracotta dedicata alla Natività, realizzata nel 2006 dallo scultore Isidoro Dal Col.

Topolò fontana
Fonte: iStock
Fontana a Topolò

Un tuffo nella natura tra percorsi e sentieri

Trovarsi da queste parti significa anche immergersi in un contesto paesaggistico tutto da esplorare grazie a sentieri e percorsi ideali per gli amanti del trekking, delle escursioni e delle piacevoli passeggiate: un sentiero conduce, ad esempio, al vicino paese sloveno di Luico (Livek) costeggiando dodici installazioni artistiche a opera di artisti di differenti nazionalità.

Più impegnativo, ma davvero suggestivo, è l’itinerario lungo il torrente Codariana, dalle acque limpidissime: durante la passeggiata, si arriva al cospetto della forra del Velik Suopota, con le ripidissime pareti scavate dalla forza dell’acqua nel corso dei millenni e due favolose cascate.
La minore, “Mali Suopota”, si ammira al termine del canalone.
Lungo la riva sinistra del ruscello, più a monte, si ergono tuttora le rovine di una casa padronale e dell’antico mulino annesso, complesso che rimase attivo fino al 1956.