Quali sono le sette meraviglie della natura

Dalla Foresta Amazzonica alle isole di Jeju in Corea del Sud, da Table Mountain in Sudafrica dalla Baia di Ha Long in Vietnam

All’inizio c’erano le sette meraviglie del mondo antico. Poi sono sopraggiunte, con il popolo internauta sovrano, quelle del mondo moderno. Se sono stati eletti i principali capolavori dell’architettura, artefici della bravura umana, perché non proclamare il meglio della natura? Trovare le sette meraviglie della natura: questo il nuovo imperativo.

Dopo mesi di ricerca, voti e selezioni, il web ha proclamato le sette meraviglie naturali del mondo: la Foresta Amazzonica; la Baia di Ha Long (Vietnam); le Cascate dell’Iguazù (Brasile e Argentina); le isole di Jeju (Corea del Sud) e Komodo (Indonesia); il fiume sotterraneo di Puerto Princesa (Filippine) e la Table Mountain (Città del Capo, Sudafrica). A decretarle la campagna promossa dalla fondazione non-profit New7Wonders.

Erano settantasette gli iniziali candidati. Giusto per giocare ulteriormente con il numero 7. Per essere stati scelti in questa rosa speciale, vari i parametri di scelta presi in esame: la bellezza del luogo, l’importanza ecologica, l’estensione, il retaggio storico e, naturalmente, la posizione geografica.

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Per par condicio, infatti, doveva esserci tra i finalisti almeno un “rappresentante” per ogni continente. Da 77 iniziali a 28 nell’arco di pochi mesi. Poi altri mesi di voti. Ed i giochi sono stati fatti.

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Tra i grandi esclusi, il monolito australiano di Ayers Rock, le Isole Galapagos, il Grand Canyon, le Maldive e la Grande Barriera Corallina, inizialmente considerate tra le favorite dei votanti. Nessuna località europea, assenti la Foresta Nera (Germania), le Scogliere di Moher, in Irlanda e il Matterhorn-Cervino, la montagna più celebre delle Alpi, tra Italia e Svizzera. Anche l’Italia resta a bocca asciutta: il Vesuvio non è abbastanza “meraviglioso”.

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E di appelli e di azioni per incitare al voto ce ne sono stati tanti: anche il premier Benjamin Netanyahu non è riuscito a far vincere il Mar Morto (Israele).