La leggenda del lago di Crevacuore in Piemonte

Il borgo di Crevacuore, in provincia di Biella, ha da sempre un rapporto di amore e odio con l’acqua

Il borgo di Crevacuore, in provincia di Biella, ha da sempre un rapporto di amore e odio con l’acqua.

Compreso tra diversi corsi d’acqua, l’abitato, che conta al massimo 1.500 anime, è ubicato lungo la sponda sinistra del torrente Sessera. Dall’altra c’è lo Strona. Due fiumi che spesso sono soggetti a piene. L’abbondanza di acque, non solo di superficie, ma anche sotterranee, caratterizza l’intera zona, affliggendo soprattutto il luogo in cui sorge un Santuario, non a caso chiamato “Madonna della Fontana”.

Un tempo il borgo era dominato dalla figura austera di un grande castello del 1300 che, dal colle che oggi porta il suo nome, vigilava l’ingresso della valle. Oggi non rimangono che pochi ruderi, ma si racconta ancora una leggenda che spiegherebbe anche il nome alquanto insolito di questo luogo, Crevacuore, appunto.

C’è chi dice che il nome di questo Comune derivi dal fatto che la più importante attività del luogo fosse la concia delle pelli (da “creva”, capra e “corium”, cuoio), ma agli abitanti del posto piace credere che il nome sia dovuto a una leggenda.

Si dice, infatti, che il bacino dove, in seguito, sorse il borgo piemontese di Crevacuore fosse ricoperto dalle acque di un lago e che sul promontorio dove ora si trovano le rovine del castello, esistesse, prima dell’anno Mille, una dimora principesca, ricca di marmi preziosi, d’oro e di pietre preziose, abitata da una giovane e bellissima principessa che non sorrideva mai per via della perdita del suo amato durante un combattimento. L’unico bene che le restava era il suo bambino, sul quale la giovane riversava tutto il suo amore.

Un giorno, però, divenuto grande, il figlio decise di andare al lago, nonostante il sinistro presagio della madre. Improvvisamente il cielo si rannuvolò e una tempesta sconvolse le acque. Il figlio non fece più ritorno a casa e la donna fece dragare il lago per anni alla ricerca del figlio finché non lo trovò, ma intanto il lago non esisteva praticamente più.

A memoria di questa vicenda venne data alla località il nome di “Crepacuore»” e, negli anni, gli abitanti costruirono, a poco a poco, nel bacino del lago prosciugato, un ridente villaggio che conservò però il nome sinistro e che, a ricordo di questa leggenda, ancora oggi ha nel suo stemma un cuore attraversato da un dardo.