Il Tagliamento è un fiume unico.
Non per i suoi 170 chilometri di lunghezza, dalle sorgenti sul Passo della Mauria a 1195 metri di altitudine fino a sfociare nell’Adriatico tra Lignano Sabbiadoro e Bibione, che lo rendono il più lungo ed importante del Friuli. Non, o almeno non solo, per gli intrecci della Storia, che lo videro protagonista tanto in epoca napoleonica quanto durante la rovinosa ritirata seguente alla disfatta di Caporetto, o le righe della letteratura, che da Hemingway a Pasolini ne hanno toccato le sponde.
La caratteristica che lo rende singolare è che si tratta di un braided river, un fiume a canali intrecciati. Il solo a scorrere nell’intero arco alpino ad aver mantenuto questa caratteristica morfologica grazie a un limitato intervento dell’uomo sul suo corso.
Quando si attraversa uno dei tanti ponti che in Friuli portano da una parte all’altra del fiume più rilevante della regione si intuisce immediato il significato di braided river: come sinuose trecce dalle volontà indipendenti, molteplici canali portano le cristalline acque del Tagliamento da monte a valle all’interno di un grande, ampio letto di ghiaia, intrecciandosi e separandosi più volte. Sono canali mutevoli, che modificano continuamente il proprio corso, tanto che quando si attraversa il medesimo ponte e si guarda giù, magari dopo un periodo di assenza, si trova un fiume diverso, un panorama cambiato e cangiante.
L’unicità del Tagliamento, che condivide questa caratteristiche con un risicato numero di fiumi in Europa e con una quantità più sostanziosa nel mondo intero, rende altrettanto unico anche il contesto paesaggistico all’interno del quale il fiume si muove.
La valle del medio Tagliamento, quella che orientativamente si trova tra Venzone e Pinzano al Tagliamento, offre una occasione perfetta per scoprirlo: qui il fiume si trova ad attraversare territori con una altitudine piuttosto bassa, contornati di montagne le cui vette non raggiungono grandi sommità, ma che per il forte dislivello rispetto al principale corso d’acqua che le attraversa permettono di bearsi gli occhi con panorami eccezionali.
Un esempio? Dalla cima del Monte Cuar, 1478 metri sopra il paese di Forgaria del Friuli, nel Gemonese, si gode di un panorama sensazionale sul corso del Tagliamento, su alcuni suoi affluenti e sulle montagne circostanti.
Per raggiungere la sommità della montagna esiste un sentiero ad anello, un’escursione semplice e divertente alla portata dei più.
Indice
Friuli, escursione al Monte Cuar
L’escursione per salire al Monte Cuar prende le mosse dal Cuel di Forchia, una sella da dove passa la strada sterrata che arriva dal vicino paese di Avasinis e che è uno snodo di molti sentieri della zona.
Percorrendo la SP41 con provenienza Trasaghis, si raggiunge la frazione di Avasinis e si svolta a sinistra su via Novedet. La stretta strada asfaltata si impenna quasi subito, trasformandosi in una tortuosa stradella di montagna. La si segue per circa 8 chilometri, fino ad arrivare al Cuel di Forchia, contraddistinto da una vistosa segnaletica del CAI, con tanti cartelli in legno che indicano diverse direzioni per imboccare altrettanti sentieri.
Qui ci si trova di fronte a una scelta, poiché l’anello per la salita al monte Cuar si può percorrere in entrambi i sensi: il sentiero 815 sale per un sentiero comodo e largo, con una pendenza inizialmente molto morbida, che si fa più ostica solamente negli ultimi due chilometri dei sei che si devono percorrere per arrivare alla cima; il sentiero 816, invece, sale da Cuel di Forchia alla cima in un paio di chilometri appena, brusco e ripido, e arriva alla croce sommitale.
Uno lo si percorre in salita, l’altro lo si percorre in discesa, tenendo conto che anche scendere comporta la sua fatica. I tempi di percorrenza sono simili, il dislivello in salita molto simile. Il primo passa dalle rovine di alcune piccole stalle e costruzioni contadine: i fianchi della montagna, oggi meta soprattutto di escursionisti, erano fino agli anni Settanta sfruttati per l’agricoltura e l’allevamento. Rigogliosi cespugli di lamponi costeggiano il sentiero, quasi tutto al riparo di un fitto bosco. Il secondo, dal sapore più impervio e immediatamente montano, corre lungo il costone roccioso più ripido del monte: si chiama cuar, in friulano corno, per via di questa sua forma protrusa, proprio come un balcone panoramico.
Lungo il sentiero 815 si trova inoltre una malga, poco sotto la cima del monte, tra pascoli verdeggianti. È aperta al pubblico e ci si può rifocillare assaggiando i prodotti tipici locali. Da qui già si gode di una splendida vista sul versante nord-orientale, con il Monte Festa e il Monte San Simeone che vegliano sul Lago di Cavazzo, le vette della Carnia alle loro spalle.
Il panorama sul corso del Tagliamento
Quando si avvista l’ampia croce che simboleggia la vetta del Monte Cuar, si percorrono con energia gli ultimi passi per arrivare fino in cima. È il momento di far viaggiare lo sguardo lungo le valli del Tagliamento e del torrente Arzino, uno degli affluenti del fiume che scorre in una vallata adiacente, incassato tra tornite colline sul lato destro del panorama, incuneandosi fino alla confluenza nel fratello maggiore.
All’estrema sinistra, incassato tra le montagne circostanti, il Lago di Cavazzo offre bella mostra di sé, con le sue acque cristalline. Accanto fa il suo ingresso sulla scena il Tagliamento, che proviene dalla sua parte più montana: l’ampio letto grigio, sinuosamente tagliato dai canali più grandi e dai rivoli più piccoli, si espande di fronte all’ampia pianura di Gemona del Friuli e di Osoppo.
Spostando lo sguardo verso destra, lo si osserva lambire il Monte di Ragogna, un colle che ricorda la schiena di un gigantesco dinosauro che emerge dalla pianura circostante. Dietro, le colline intorno a San Daniele del Friuli. La vista si perde verso l’orizzonte mentre il fiume continua la sua intrecciata e vorticosa discesa verso sud, nella pianura udinese.
Lo sguardo spazia a 360 gradi, consentendo di ammirare la corona di montagne nobili che spuntano all’orizzonte e lo circondano, regalando quel tipo di pienezza sensoriale che riescono a dare i panorami che, con un’espressione trita ma assolutamente efficace, chiamiamo mozzafiato.