Se avete letto “Viaggio al centro della Terra” di Jules Verne vi ritroverete nei panni del professor Lidenbrock e dei suoi compagni d’avventura a esplorare le viscere della Terra e vi aspetterete di incontrare, da un momento all’altro, funghi giganti e ittiosauri o plesiosauri (rettili risalenti al Giurassico) spuntare da dietro qualche roccia. A un certo punto i protagonisti del romanzo di Verne navigano su un lago sotterraneo a bordo di una zattera. Entrare nelle Grotte di Pertosa-Auletta fa un po’ questo effetto.
Queste grotte, in provincia di Salerno, sono le uniche in Italia dove è possibile navigare lungo un fiume sotterraneo. Sono una delle meraviglie più suggestive del Cilento.
Questo complesso di cavità carsiche dal rilevante fascino naturalistico si estende per circa 3000 metri nelle profondità dei Monti Alburni e, al loro interno, si possono percorrere sentieri ricchi di stalattiti e stalagmiti. Ma soprattutto, si può andare in barca lungo il Negro, il fiume sotterraneo che percorre le cavità di Pertosa e che è perfettamente navigabile. Il suo nome viene dal latino “niger” che significa “buio”, proprio per via della sua origine sotterranea.
Non si tratta di una normale barca a remi, però, bensì di una particolare imbarcazione che viene trainata da un cavo d’acciaio e che serve per raggiungere il resto del percorso pedonale.
Le grotte sono costituite da tre rami pressoché paralleli di cui quello più settentrionale ospita il percorso turistico, mentre gli altri due, il mediano e quello più meridionale, costituiscono i settori ipogei più marcatamente speleologici. Il ramo più meridionale, il Ramo della sorgente, è attraversato per tutto il suo sviluppo da questo corso d’acqua perenne, che riemerge in superficie dall’ingresso della grotta.
Secondo alcune ricerche idrologiche effettuate nell’ultimo decennio, questo torrente deriverebbe, almeno in parte, da una “perdita” superficiale del Fiume Tanagro, sebbene, la provenienza dell’apporto d’acqua maggiore sia ancora del tutto sconosciuta e forse da collegare alla circolazione idrica sotterranea dei vicini Monti Alburni.
Nell’enorme caverna chiamata Teatro per anni è stato rappresentato “L’Inferno di Dante nelle Grotte”: i visitatori venivano divisi in piccoli gruppi guidati da un Dante che li accompagnava tra i dieci gironi dove si incontravano altrettanti personaggi danteschi.
Queste grotte, però, hanno anche un altro primato: sono le uniche in Europa in cui si siano conservati i resti di un villaggio a palafitte risalente a 3.500 anni fa. Le prime esplorazioni scientifiche che risalgono alla fine del 1800 dimostrano, infatti, che questa cavità sotterranea fu abitata già intorno al bronzo-medio.
I ritrovamenti, vasi e vasetti utilizzati come bolli-latte e utensili vari, provano quindi che gli abitanti fossero per lo più pastori e che, incredibilmente, vivessero su delle palafitte. I reperti oggi sono custoditi in alcuni musei d’Italia, nel Museo preistorico etnografico di Roma, nel Museo archeologico nazionale di Napoli e nel Museo provinciale di Salerno.