Era la sera del 9 ottobre 1963, quando una gigantesca frana staccatasi dal Monte Tóc cadde nel bacino idroelettrico artificiale appena ultimato del torrente Vajont, al confine tra il Friuli Venezia Giulia e il Veneto.
La tracimazione dell’acqua contenuta nell’invaso inondò i piccoli villaggi di Erto e Casso, che si trovavano sulla riva del lago formatosi dopo la costruzione della diga, mentre l’onda generata provocò la distruzione degli abitati del fondovalle veneto, tra cui Longarone, e la morte di 1.917 persone.
Per non dimenticare, oggi si può visitare la diga del Vajont con l’ausilio di guide naturalistiche esperte. Non si tratta di una visita divertente, è importante saperlo. Visitare la diga del Vajont oggi, dove è avvenuta l’immane tragedia, è un’esperienza di vita, che deve insegnate tutti che fatti del genere non devono mai più accadere.
Quando si arriva al punto di partenza della diga ad accogliere i visitatori c’è una serie di bandierine affisse alla palizzata che funge da parapetto: tantissime bandierine colorate che riportano i nomi dei bambini rimasti vittime della tragedia. Davvero toccante.
Il Parco delle Dolomiti Friulane, dove si trova la diga del Vajont, effettua visite nelle zone più colpite, dove sono rimasti i segni indelebili: oltre all’immensa frana, capitelli, chiesette, scheletri architettonici e impressionanti pavimenti di case antiche che ogni anno gli abitanti della valle puliscono dalle erbacce per farli riemergere insieme ai ricordi delle vite che lì ci abitavano.
Ci sono visite guidate lunghe 2 ore o 3 ore per chi ha tempo da dedicare e vuole approfondire la storia dell’intera vicenda, tra i luoghi simbolo del disastro del Vajont, alcuni nascosti, altri segreti dove entrare in punta di piedi. Assaporare la vita antica delle praterie che si affacciano ai paesi di Erto e di Casso, immaginare i lavori di un tempo, la semplicità delle serate intorno al fuoco. Vedere quello che resta del lago e il continuo lavoro della natura che sembra voler lenire queste cicatrici storiche facendo crescere piante, alberi e fiori preziosi sulle pendici del Monte Tóc e sulla frana.
Ci sono anche visite più brevi, che durano 40 minuti e che consistono in una camminata sulla diga, miracolosamente rimasta intatta.
Le visite della durata circa di 2 ore alla diga del Vajont vengono effettuate tutte i giorni con partenza alle ore 11.00 e 14.00 ed è necessaria la prenotazione.
Quando si va alla diga del Vajont vale assolutamente la pena vistare anche le mostre “La Catastrofe del Vajont – Uno spazio della memoria” e “Vajont: immagini e memorie” nel Centro visite di Erto e Casso che si trova nel paese di Erto, nell’edificio delle ex-scuole elementari del paese. È uno tra i più importanti e completi centri di documentazione sul disastro del Vajont e, anche se non siete appassionati di mostre, una volta terminata la camminata sulla diga vi verrò voglia di approfondire una delle più tristi pagine della storia italiana.
Il Parco Naturale delle Dolomiti Friulane è un paradiso naturale incontaminato fatto di estese vallate, prive di viabilità e di centri abitati, che si addentra tra le Dolomiti dove si possono fare escursioni naturalistiche e trekking. Si possono incontrare stambecchi, caprioli, camosci, cervi e marmotte. Punto di partenza di lunghi trekking e arrampicate è Claut, all’inizio della Valcellina, dove visitare anche il “Museo della Casa Clautana”, pregevole recupero di un’abitazione tipica locale. Tra le cime delle montagne si nascondono laghi incantevoli come quello, azzurrissimo, di Barcis, e torrenti, dove praticare canyoning e rafting.
Il Parco Regionale delle Dolomiti Friulane è il più esteso del Friuli, il cui simbolo è rappresentato dalla guglia di 300 metri del Campanile di Val Montanaia.