Boarezzo, il borgo d’artista della Lombardia

Posto alle pendici del monte Piambello, il grazioso borgo di Boarezzo è stato trasformato in un museo a cielo aperto, diventando una destinazione di grande fascino

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Emma Santo

Giornalista e Web Content Editor

Giornalista pubblicista, web content editor e storyteller, scrive di viaggi, enogastronomia, arte e cultura. Per lei, scrivere è come viaggiare.

Poche e antiche case in sasso, stradine strette, viottoli acciottolati, e tutt’intorno boschi di faggi e castagni. Il grazioso borgo di Boarezzo è un invito alla quiete in un tempo sospeso, un luogo dell’anima e dell’arte, trasformato in un museo a cielo aperto e diventato meta ambita di una gita fuori porta in Lombardia, con la sua storia dipinta sui muri e suggestioni infinite.

Boarezzo, il “villaggio dipinto”

Appollaiato su un fianco del monte Piambello, Boarezzo è una delle quattro frazioni che costituiscono il comune di Valganna, cuore verde di Varese. A rilanciare questo gioiello lombardo è stato il pittore Mario Alioli, che nel 1985 ha trasformato un cumulo di vecchie case in un “villaggio dipinto” dedicato a Giuseppe Grandi e a Odoardo Tabacchi, due tra le figure più prestigiose dell’intero panorama scultoreo italiano dell’800, nati in Valganna.

L’ambizioso progetto del maestro varesino scomparso nel 2011, dopo una vita dedicata all’arte e all’insegnamento della pittura, ha coinvolto 16 artisti invitati a creare pannelli dipinti e affrescati che sono poi stati collocati sui muri delle case al fine di tramandare, in una sorta di “racconto a percorso”, le tradizioni e gli antichi mestieri della vita rurale del luogo. Nel corso degli anni Boarezzo si è arricchito di altri dipinti, diventando a tutti gli effetti un borgo d’artista.

Storia e leggende di Boarezzo

Leggende e storie tramandate oralmente fanno risalire le origini del borgo intorno al XII secolo, narrando la presenza della famiglia Chini, proveniente da Arezzo, insediatasi per prima a Boarezzo, presumibilmente per rifornirsi di legname per la produzione del carbone di legna, di cui questa zona era ricca. Questo era in seguito trasportato a Milano per mezzo di buoi. Da qui, secondo la credenza popolare, l’origine del nome del paese, che deriverebbe dall’espressione corrente “I buoi di quelli di Arezzo”, trasformatasi nel tempo in Boarezzo.

Per l’aria buona del monte Piambello, questi luoghi vennero scelti come sede del Villaggio alpino del Touring Club Italiano (all’epoca “Consociazione Turistica Italiana”), nato alla fine della prima guerra mondiale per ospitare bambini orfani di guerra, bisognosi o figli di combattenti. Negli anni successivi, il borgo è diventato una meta di villeggiatura rinomata in special modo per i milanesi.​

Tra arte, poesia e boschi incantati

Oltre ai murales, ad accogliere i visitatori nella frazione di Boarezzo è una poesia di Paolo Rattazzi, composta nel dialetto locale insieme a una veduta pittorica rappresentante uno scorcio del paese, con in primo piano una gerla rovesciata e un rastrello, a simboleggiare la fine della civiltà contadina. A questa prima opera seguono altre rappresentazioni firmate da prestigiosi autori.

Quello che colpisce di questo piccolo borgo ottimamente conservato, è il modo in cui sia stato trasformato in un vero simbolo di recupero nell’arte, grazie a un progetto che ha saputo fare di una piccola frazione abbandonata un centro turistico apprezzato in tutto il Varesotto e un gioiello imperdibile durante un viaggio alla scoperta dei luoghi più autentici della Lombardia.

Anche i boschi che circondano Boarezzo regalano un viaggio nell’arte, con i racconti del passato che prendono vita in suggestive sculture in legno, realizzate da Lorenzo Piran e Antonio Coletta che si divertono scolpire pezzi di legno in forme zoomorfe, facendo rivivere con le loro creature un passato non molto lontano.